Azzerare il divario

Quando mi dicevano che sarei stata solamente in mezzo alla burocrazia e relegata in un ufficio, sapevo che non sarebbe stato così. Sapevo che invece io sarei stata insieme ad altre persone.
Che avrei vissuto in mezzo a loro, con loro, come loro. Non sarei stata relegata in un ufficio a fare rendicontazione. Ed è meglio così. Questo cercavo. Cercavo un posto dove poter capire veramente cosa provano le persone in movimento, com’è la loro vita e quali sono le loro reali necessità. Non sarei mai riuscita a guardarli dall’alto.
Ma soprattutto, anche se ci fossi riuscita - a mantenere il mio status di privilegiata, a starmene sul mio piedistallo, a fare la fighetta mentre le persone vengono deportate e torturare -, probabilmente non avrei voluto. Non avrei voluto continuare a fomentare il divario sociale, economico ed etnico tra me e loro.
È sempre brutto fare questa distinzione: “noi” in opposizione a “loro”. Noi: bianchi, occidentali, liberi e fortunati. Loro: arabi, meticci, oppressi - dai regimi da cui scappano e dalle loro condizioni di vita. Loro, per i quali la ruota della fortuna gira dalla parte sbagliata. Una delle motivazioni per cui sono partita è proprio questa: azzerare il divario tra “noi” e “loro”. O almeno provarci. Accompagnarli verso un mondo in cui i bambini possano andare a scuola, imparare l’arabo, la matematica, l’inglese, le scienze e la letteratura. Un mondo in cui i padri non siano obbligati a lasciare la scuola - quando fortunati - in terza superiore per andare a lavorare. Un mondo in cui i bambini possano essere bambini.

Un mondo in cui le ragazze possano vivere la loro adolescenza, senza pensare di doversi sposare prima dei 18 anni, o non saranno più “materiale da matrimonio”. Un mondo dove le passioni possano essere coltivate e trasformarsi in lavoro. Un mondo dove una ragazza di 15 anni non senta il bisogno di andare a lavorare nei campi per aiutare economicamente la famiglia. Un mondo dove il salario sia abbastanza alto da riuscire a pagare l’affitto e il cibo per tutta la famiglia, senza pensarci due volte. Un mondo dove due cugine hanno lo stesso grado di istruzione. Un mondo dove le madri non debbano temere di tornare al loro Paese d’origine, con la paura di trovare la propria casa e la propria città distrutte dalla guerra. Un mondo dove i mariti non debbano temere di essere arrestati, deportati e torturati nel loro Paese d’origine con l’unica accusa di essere scappati da una guerra che minaccia la sicurezza loro e della loro famiglia.
Un mondo dove tutti abbiamo pari possibilità. Un mondo dove tutti siamo fortunati allo stesso
modo.
M.