Immagini di nonviolenza

Non si può descrivere la nonviolenza con una definizione unica, così mi ha insegnato la presenza di Operazione Colomba in uno dei tanti campi profughi improvvisati del Libano. Se dovessi scegliere qualche immagine per rappresentarla, ve la racconterei attraverso la scuola costruita e gestita da una famiglia siriana, decisa nel creare più opportunità e spazi per le nuove generazioni. Potrei farvi conoscere la rete di attivisti, ancora coinvolti nelle loro attività nonostante esporsi politicamente in Libano come rifugiato sia molto pericoloso. C'è una forza immensa in queste persone nell'immaginare un futuro alternativo. Potrei anche scegliere un'immagine quotidiana, come la gentile accoglienza che ci viene offerta durante qualsiasi visita ai nostri vicini. Spesso questa prende la forma di tè molto zuccherato, dell'energia infinita dei bambini e dei racconti di storie più o meno lontane.
La nonviolenza è anche tutto questo. È resistenza attiva e continua.
Spesso definiamo le persone con cui condividiamo la nostra presenza in Libano come i siriani che non hanno preso in mano le armi, lasciando il paese per "non uccidere e non farsi uccidere". Quello che finisce sotto l'ombra della guerra, è la decisione giornaliera di non lasciarsi abbandonare alle provocazioni esterne, alle difficoltà sistemiche della vita in un campo profughi, all'apparente mancanza di orizzonti più luminosi. È riuscire a non “imbruttirsi”, a non lasciarsi abbandonare alla rabbia senza saperla gestire.
Così, la nostra presenza internazionale diventa uno spazio solidale di dialogo, scambio e sostegno affinché questa forma di resistenza non solo possa continuare ma si possa espandere attraverso le persone, toccando tutti gli individui che sognano un ritorno pacifico in Siria.

T.