Ottobre 2014

SITUAZIONE ATTUALE

> Libano:
La situazione in Libano continua a essere molto tesa, soprattutto nelle zone di confine con la Siria, in particolare nella regione di Aakkar e nella valle della Bekaa.  
Sono ancora in ostaggio i 27 soldati rapiti ad agosto, inoltre diversi militari libanesi hanno disertato per arruolarsi nelle file dei militanti di Al Nusra, aumentando cosi' il già presente sospetto di infiltrazioni del gruppo islamista nel Paese.

A Tripoli hanno avuto luogo tre giorni di scontri tra l'esercito e combattenti affiliati al fronte Al Nusra. Si è combattuto in vari quartieri della città, e si sono contate vittime sia tra i militari che tra i combattenti e i civili. L'obiettivo dell'esercito era riprendere il controllo della città, catturando gli affiliati a Al Nusra, presenti soprattutto nel quartiere di Bab el Tabbaneh. Dopo questi scontri, i più gravi dell'ultimo periodo, la tensione nel Paese è salita e l'esercito ha arrestato numerosi sospettati sia libanesi che siriani.

> nella regione di Akkar:
In Akkar l'esercito è stato vittima di numerosi attacchi, non rivendicati da nessun gruppo di combattenti, ma sempre con la stessa modalità: degli uomini armati, a bordo di motociclette sparano sui soldati ai posti di blocco. Le vittime sono soldati giovani e originari della zona, quindi la rabbia e la paura tra la popolazione continua a crescere. Dopo uno di questi attacchi sono state bruciate da sconosciuti 17 tende in un campo profughi in costruzione: non ci sono state vittime ma la tensione si è alzata nella zona.
La risposta dell'esercito a questi attacchi è per lo più finalizzata a intimorire la popolazione siriana, accusata di essere complice di eventuali infiltrazioni di gruppi islamisti dalla Siria. L'esercito  continua a compiere soprattutto raid e arresti nei campi profughi. Duranti tali raid, secondo le testimonianze raccolte, ci sono stati atti di violenza da parte dell'esercito. Molti arresti sono apparentemente avvenuti senza specifiche accuse. Anche per le strade si è alzato il livello di controllo, con numerosi check-point, che impediscono ai siriani non in regola con i permessi di soggiorno di muoversi per andare a lavorare.
Oltre all'esercito anche le istituzioni politiche sono vittima del clima generale di tensione, e in alcune municipalità sono stati sgomberati per ordine dei sindaci campi profughi e strutture di accoglienza per i rifugiati.

Maggiori informazioni sulla situazione in Siria e in Libano si possono trovare su questo sito: clicca qui.

CONDIVISIONE E LAVORO

Questo mese la nostra presenza ha fatto base principalmente a Tal Abbas, sia nel nostro garage che nel campo profughi dove, per poter essere più presenti anche durante l'inverno, tra freddo e piogge, abbiamo deciso di costruirci una piccola tenda, simile a quelle dei siriani. I nostri vicini di tenda ci hanno aiutato a montare le assi e ci hanno dato validi consigli.
A partire dalla presenza nel campo profughi e nel garage abbiamo cercato di creare delle occasioni di incontro tra siriani e libanesi. In particolare i volontari hanno organizzato delle partite di calcio miste, che dopo un'iniziale fase di diffidenza e tensione si sono rivelate un bel modo per stare insieme. Alcuni ragazzi cristiani hanno cominciato a frequentare il nostro garage, in zona musulmana, venendoci a trovare di sera e fermandosi a cena. Anche alcuni frati sono passati più volte a salutarci. Questi momenti sono stati per noi molto preziosi perché solitamente i libanesi cristiani hanno timore a fermarsi nelle zone musulmane, sopratutto se abitate da molti siriani.
Abbiamo continuato il lavoro di ascolto delle famiglie, soprattutto quelle più impaurite e minacciate. Siamo andati a incontrare le persone nei luoghi dove ci sono stati episodi violenti, ad esempio tende bruciate o minacce di sfollamento, come Bebnine e Khirbet Daoud. Siamo anche stati a trovare la famiglia di un soldato ferito: un ragazzo che conosciamo, perché abita proprio di fianco al campo profughi, che è stato gravemente ferito da un'esplosione durante gli ultimi scontri a Tripoli. Ora sembra che sia fuori pericolo ma non sappiamo se potrà tornare a camminare. Siamo stati anche al funerale di un altro soldato di 19 anni, ucciso durante un attacco a una camionetta lungo una strada non molto lontano da noi.
Abbiamo passato del tempo a conoscere meglio le famiglie che abitano nel campo profughi vicino a noi e le famiglie libanesi cristiane del nostro villaggio. Abbiamo respirato tanta tensione e paura da entrambe la parti, ma siamo riusciti a organizzare anche piccoli momenti di festa e di svago cucinando cibo tipico italiano per alcune famiglie, organizzando giochi e disegni con i bambini, o suonando la chitarra insieme ai ragazzi più giovani.
Per quanto riguarda il lavoro sugli aiuti concreti, abbiamo cercato soprattutto di mettere in contatto le persone con enti o istituzioni in grado di aiutarli materialmente. In particolare abbiamo messo in contatto la famiglia di una bambina con una displasia alle anche, che aveva bisogno urgente di una nuova ingessatura, con una clinica che cura i siriani a un prezzo molto basso.
Una volontaria e un prete ortodosso di Tel Abbas, nostro amico, hanno donato il sangue per i due bambini talassemici di M., profuga siriana con il marito in prigione. Sempre M., che non ha notizie di suo marito da due anni, è stata anche messa in contatto con la Croce Rossa, che ha preso i dati del marito per rintracciarlo nelle prigioni siriane.
Abbiamo segnalato due casi particolarmente critici (donne sole con bambini, e malattie) all'UNHCR, e queste famiglie hanno iniziato da questo mese a ricevere degli aiuti economici più consistenti. I volontari hanno accompagnato le donne a registrarsi e ricevere gli aiuti.

Una grossa novità di questo mese è che ci sono state fatte due proposte: la prima da parte di Sheik Abdou, un siriano che ha fatto insieme alla gente del suo campo una dichiarazione pubblica in cui prende le distanze dai miliziani ed esprime solidarietà ai libanesi. Ci ha chiesto di andare a vivere nel nuovo campo che sta costruendo perché pensa che la nostra presenza di internazionali aiuterebbe a dare credibilità al fatto che loro non sono armati e non supportano i gruppi jihadisti.
La seconda proposta ci arriva dall'UNHCR. Ci hanno chiesto un aiuto per un problema con un campo per profughi gestito da loro e appena finito di costruire. Quando ormai le tende erano pronte per poter accogliere delle famiglie, si sono verificati episodi di vandalismo: prima sono stati danneggiati gli interni e poi alcune tende sono state bruciate. L'UNHCR non può lasciare che della famiglie profughe vadano a stare in un posto dove non è garantita la sicurezza, ma dai colloqui con la municipalità non è emerso quale sia il problema, cioè perché alcuni civili avrebbero danneggiato le tende e cosa desidera la comunità locale libanese. La proposta che ci è stata fatta è stata quella di andare a vivere nelle tende e iniziare a creare una relazione di fiducia con la comunità accogliente e di essere presenti al momento dell'inserimento delle famiglie siriane per facilitare il processo di integrazione. Non sappiamo ancora esattamente dove ci porteranno queste proposte ma per ora siamo molto felici di vedere che il metodo nonviolento di Operazione Colomba è riconosciuto come efficace e da sperimentare.

Potete dormire qui con noi?

Una sera dopo aver visitato una famiglia siriana, prima che rientrassimo in tenda, siamo stati bloccati dalla capofamiglia dei nostri vicini al campo.
“Stanotte potete dormire proprio tutti qui con noi? perché abbiamo paura che arrivino i soldati. Abbiamo sentito dire che arriveranno alle 3 di notte a fare un raid. Abbiamo paura. Se vi chiamiamo vi svegliate? Potete parlarci voi con loro? Pensiamo che se ci parlate voi vi ascolteranno.” “Ma certo che ci siamo e che dormiamo con voi, non sappiamo se saremo ascoltati dall'esercito, ma non sarete da soli”.
Abbiamo dormito tutta la notte con un occhio aperto e le orecchie attente ad ascoltare se le macchine che passavano lungo la strada proseguivano oltre o si fermavano. La notte è passata senza che noi e loro riuscissimo a dormire, ma nessun raid è stato fatto. La responsabile della area “Protection” dell'UNHCR in Akkar dice che probabilmente l'esercito evita di fare raid causali nel campo dove ci troviamo noi, proprio a causa della nostra presenza. Alla mattina sia noi che i siriani avevamo le occhiaie marcate sul viso, ma loro erano sollevati che la notte fosse passata senza problemi.
E' stato bello vedere quanta fiducia è stata riposta in noi e quanto può essere importante anche solo esserci per poter dare coraggio. Speriamo che davvero la nostra presenza aiuti queste persone a sentirsi più protette, più al sicuro e a dormire più tranquille.