Un canale umanitario per i profughi siriani

Libano/Siria

Da novembre 2013 i volontari di Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, vivono in una baracca in un campo profughi, condividendo la vita con i siriani, ascoltando le loro storie ed i loro problemi e sostenendoli nello fatiche di tutti i giorni. Si trovano nella regione di Akkar, una delle più povere del Libano, nel villaggio di Tal Aabbas al Gharbi, che dista solo 5 km dal confine con la Siria. Gli abitanti sono circa 2000 cristiani ortodossi e circa 1000 musulmani a cui si sono aggiunti negli ultimi due anni 2000 siriani musulmani sunniti.

La vita nel campo profughi è difficile e precaria. I siriani rischiano la vita ogni giorno a causa delle precarie condizioni in cui vivono. Le tende, sono baracche di legno e cartone ricoperte di nylon, in cui i fili della luce spesso sono scoperti, quando piove vi entra l'acqua quando piove, quando c'è vento forte si stracciano e trattengono il calore d'estate. Attività semplici come cucinare, riscaldare, mangiare, dormire ecc in queste condizioni diventano pericolose.
Nel campo in cui vivono i volontari di Operazione colomba sono presenti circa 250 persone di cui la metà bambini. Le tende sono baracche di circa 25 metri quadrati, nelle quali vivono in media 5 persone, a distanza di meno di un metro l'una dalle altre. Non c'è intimità e nemmeno igiene. I bambini si ammalano spesso a causa delle condizioni e il contagio malattie è quasi inevitabile.
Per vivere al campo i profughi devono pagare l'affitto della terra, che sebbene sia più baso rispetto a quello di un garage o di una stanza,molte famiglie non riescono a permettersi. Solitamente arrivano nelle tende le persone più disperate e affaticate, che non possono economicamente permettersi un'altra alternativa. Si concentrano così in poco spazio molte situazioni problematiche: vedove, malati, disabili, persone con arti rimasti amputati a causa della guerra, uomini fisicamente o psicologicamente non in grado di lavorare e molti bambini.
I volontari di Operazione Colomba, cercano di promuovere con la loro presenza la conoscenza tra siriani e la comunità libanesi e le ONG che possono aiutare con aiuti materiali. Sono con i rifugiati in ogni circostanza incoraggiandoli in tutte le sfide quotidiane, affinché non perdano la speranza e la dignità.
Vivendo con loro ogni giorno si sono scontrati con la tragedia di vivere una vita senza speranza e senza futuro. Di fatto le alternative che si prospettano ai profughi, scappati dalla Siria, sono tre vicoli ciechi.

Rimanere in Libano
Purtroppo non significa inserirsi nella comunità locale ma rimanere ai margini della società, tentando di sopravvivere in una situazione di vulnerabilità e miseria.
La sussistenza dei profughi siriani scappati in Libano dipende da loro lavoro, che è saltuario e sottopagato (pochi dollari al giorno per un bracciante o un muratore) e dagli aiuti umanitari, che sono sempre più scarsi ; l'accesso alla sanità è limitato e a pagamento, coperto dagli aiuti internazionali solamente in casi di vita o di morte; la precarietà delle abitazioni fa si che le condizioni di vita siano disastrose a livello socio-sanitario.
Un ulteriore aspetto critico è lo status legale dei rifugiati siriani in Libano, i quali affrontano numerose restrizioni per ottenere un visto regolare. Infatti per richiedere un visto di residenza valido occorre il pagamento di 200 dollari e necessita il rinnovo ogni sei mesi, con il pagamento della medesima cifra. Negli ultimi mesi il governo libanese ha deciso di restringere il rilascio di tali visti e solo se la richiesta è accompagnata da una atto notarile che certifica la non intenzione all'impiego lavorativo. Questa situazione è dovuta alla difficoltà e l'incertezza che il paese sta affrontando e aumenta la mancanza di sicurezza dei siriani, i quali senza uno status legale regolare rischiano il carcere e subiscono gravi limitazioni nell'accesso all'assistenza e ai bisogni essenziali.
La prospettiva per un siriano in Libano è sopportare il dolore e i traumi lasciati dalla guerra, lottare per una sopravvivenza continuamente a rischio e sperare di non perdere la vita in un'altra guerra.

Tornare in Siria
All'inizio del quinto anno di guerra il paese è ancora immerso nella violenza e non si riesce a prevederne la fine: continuano sul territorio siriano scontri armati, bombardamenti, saccheggi, con linee di combattimento in periodico spostamento. La popolazione civile rimasta all'interno del paese è in balia degli svariati gruppi armati e dell'esercito siriano che si contendono il controllo del territorio, in costante rischio di sfollamenti, morte, tortura e abusi sessuali.
In Siria circa 12,2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, di cui più di 5,6 milioni sono bambini, ma di questi 4,8 milioni sono in zone sotto assedio o area di difficile accesso. Dal marzo 2011, l'83% di tutte le luci nel territorio siriano si è spento sotto le macerie lasciate dai bombardamenti, lo rivela tramite satellite una coalizione di 130 organizzazioni umanitarie, la Siria è un paese distrutto: sono state colpite infrastrutture come ospedali, scuole, reti elettrice, servizi idrici, strade e si contano circa 3 milioni di case bombardate e abbattute.
Per la maggior parte dei profughi tornare significa correre il rischio di ritorsioni, cioè arruolamenti forzati nelle file dello Stato Islamico o del governo di Al-Assad. Chi proviene dalle città e dai quartieri dove le proteste sono state considerevoli e la repressione della rivolta più dura e violenta temono rappresaglie da parte del regime. La scelta è tra un califfato islamico che non li rappresenta e un governo che li ha bombardati e costretti alla fuga.

Andare all'estero

Di tutti i siriani scappati dal loro paese solamente poco più del 4% è stato accolto in Europa, in America e in Australia. Gli stati confinanti con la Siria, a causa della forte pressione dovuta alla guerra e al flusso di profughi hanno chiuso i confini e ristretto l'accesso ai siriani, questo significa che centinai di migliaia di persone sono intrappolate in Siria, fronteggiando gli abusi dell'ISIS, di gruppi armati legati al governo di Al-Assad e altri.
L'accoglienza e il reinsediamento per rifugiati siriani nei 28 Paesi dell'Unione Europea tramite canali umanitari gestiti dall'UNHCR fino alla fine del 2014 è stato estremamente limitato. La Germani e la Svezia hanno accolto il 64% delle richieste d'asilo da parte di profughi siriani per un totale di 96500 casi, mentre i restanti 26 paesi hanno accolto solamente 5.105 domande di reinsediamento.
Per il resto dei rifugiati raggiungere l'Europa rimane il sogno e la speranza di ricominciare una vita dignitosa e migliaia di questi sono spinti a mettersi delle mani della criminalità nella tratta di esseri umani, indebitandosi e rischiando tutto, ancora una volta si trovano di fronte alla morte: secondo l'Organizzazione Internazionale per le migrazioni almeno 900 persone sono morte nel Mediterraneo cercando di raggiungere l'Europa nei primi 4 mesi del 2015, le morti dell'anno precedente alla stessa data. Nello scorso anno più di 3.400 persone sono morte in mare, circa la metà di loro proveniva dalla Siria e dall'Eritrea.

Vivendo con le vittime della guerra in Siria, ci troviamo a guardare con loro verso un futuro di morte. Non possiamo restare a fianco di queste persone senza fare appello alla nostra coscienza e trovare la forza di proporre un'alternativa, per questo chiediamo al nostro Paese di essere capace di accogliere il dolore di altri esseri umani e di aprire un canale umanitario per l'accoglienza dei profughi siriani in Libano.