Le prossime elezioni amministrative in Colombia

Colombia

Il 30 ottobre in Colombia ci saranno le elezioni amministrative. La campagna elettorale che le sta precedendo vede centinaia di candidati in tutto il paese contendersi le cariche ai diversi enti locali. Il paese, come è ormai consuetudine da queste parti, si ritrova spettatore di uno scenario cruento nel quale i poteri forti di questo Stato, gruppi armati in primis, lottano per accaparrarsi il controllo delle istituzioni locali con ogni mezzo a loro disposizione. In tutto il territorio nazionale, nel frattempo, le ONG e le organizzazioni per i diritti umani stanno facendo diverse inchieste e stilando relazioni sul caso delle elezioni: i primi dati che ne derivano sono a dir poco preoccupanti. “Gli atti di violenza politica durante un periodo di campagna elettorale hanno come obiettivo concreto quello di intimidire o eliminare candidati scomodi e allo stesso tempo quello di controllare o almeno condizionare intere comunità al fine di ostacolarne il voto libero e legittimo. Quando l'incremento della violenza politica coincide con l'avvicinarsi di un periodo di elezioni politiche, le istituzioni dello stato vengono messe di fronte ad una grande sfida, ossia arginare questi atti criminali e l'impunità che spesso ne deriva, affinché si possano garantire le condizioni di sicurezza e fiducia nel sistema, necessarie per il regolare svolgimento del voto.” Queste sono le parole con cui il MOE (Missione di Osservazione Elettorale) esordisce nel proprio rapporto che effettua, municipio per municipio e dipartimento per dipartimento, un'accurata analisi di rischio relativa alla violenza politica in ogni sua espressione. Tale analisi è stata possibile anche attraverso “votebien.com”, una piattaforma virtuale dove i cittadini possono riportare le anomalie, i delitti, le irregolarità e i casi di corruzione del processo elettorale affinché possano essere geograficamente localizzate in tempo reale.

 

Alla vigilia delle elezioni, infatti, i casi di minacce, rapimenti ed omicidi ai danni di candidati sindaci, governatori e vari rappresentanti locali, si sono moltiplicati in tutto il paese. Il rapporto ha registrato 134 atti violenti dei quali 70 hanno colpito direttamente i candidati sotto forma di 41 minacce, 20 omicidi, 5 attentati e 4 sequestri di persona. Comparando questi dati con quelli del periodo pre-elettorale del 2007, che a due mesi dalle elezioni sono del tutto parziali, si riscontra che gli omicidi contro i candidati sono già incrementati del 54%, mentre minacce e sequestri sono per ora inferiori all'ammontare di 4 anni fa. Queste cifre stonano, e parecchio, in un paese in cui giornali e televisioni sono spesso e volentieri imbevuti di elogi e congratulazioni nei confronti del governo e dei risultati che la sua politica sta ottenendo nella lotta ai gruppi armati illegali, Guerriglia e Bacrim (guai a chi dice paramilitari!). Stridono anche i dati del “CI2E”, il centro di indagine elettorale del Ministero della Difesa. Non si capisce infatti, come l' Antioquia, secondo il MOE la regione in cui si concentrano la maggior parte degli atti violenti contro candidati, non venga neppure considerata da questo ente come una delle zone ad alto rischio di violenze. La crisi politica del paese non è purtroppo riconducibile unicamente al numero spropositato di violenze ed intimidazioni che funzionari ed aspiranti tali devono subire. I casi di frode e corruzione infatti dilagano in un paese in cui troppo spesso le classi alte utilizzano la politica per difendere i propri interessi. E' significativo a riguardo il report della Fondazione Nuevo Arco Iris, un'associazione contrattata dal governo per analizzare l'influenza che gli attori illegali potrebbero avere nei confronti dei candidati dei 75 municipi ad alto rischio.

Potendo fruire delle informazioni del DAS (servizi di sicurezza), della magistratura e del fisco, ha contato più di 400 aspiranti pubblici con precedenti e ha addirittura scoperto che 14 di loro contribuiscono al fisco per quasi 500 milioni di euro. Secondo Leon Valencia, il direttore della fondazione, la responsabilità di questa situazione è degli stessi partiti politici: è difficilissimo trovare un partito che sia disposto a rinunciare ad un proprio candidato anche quando relazionato ad uno o più attori illegali. Il 90% dei candidati denunciati dal suddetto rapporto infatti, non sono stati successivamente allontanati dai relativi partiti. Questa questione è stata anche il principale argomento della relazione stilata dall'International Crisis Group, a cura di Christian Voelkel, dal titolo “Romper los nexos entre crimen y politica local”, secondo la quale uno dei fattori più significativi per cui il fenomeno della parapolitica ritorni spesso d'attualità è che c'è scarsità di candidati alle cariche amministrative dalle relazioni o dal passato realmente immacolati. Anche qui i dati parlano chiaro: almeno 103 tra i funzionari ed ex funzionari eletti tra il 1997 e il 2010 sono stati investigati per legami con il paramilitarismo. Di questi fanno parte 20 governatori, di cui 7 sono già stati condannati. Christian Voelkel sottolinea come la loro investigazione si sia concentrata molto nella zona di Urabà, in quanto in questa regione si registra una forte penetrazione paramilitare ed è anche forte l'attesa per la restituzione delle terre sottratte prevista dalla legge di Risarcimento delle Vittime e Restituzione della Terra.

E' evidente che senza l'appoggio di valide autorità locali, tale riforma sarà difficile da avviare e i gruppi illegali hanno tutti gli interessi a rinforzare la propria posizione politica perché ciò non avvenga. Il problema si fa più intricato anche per la comparsa di mafie nuove che si stanno alleando con vecchie figure politiche. La politologa Claudia Lopez, intervistata da “La Semana” afferma: “Una delle cose che sta succedendo è che tutti i gruppi illegali stanno cambiando le loro tradizionali forme di intervenire in politica. Per esempio le Farc, che solitamente attentavano alla vita dei candidati, ora stanno facendo proselitismo armato e stanno appoggiando candidati. Ci sono casi insoliti, come quello di settori delle Farc e di paramilitari che appoggiano lo stesso candidato”. E aggiunge: “Né i narcoparamilitari, né la guerriglia sono scomparsi, anzi, al contrario, si sono adattati per continuare con la guerra ed il narcotraffico”. Lo scenario che viene tracciato appare dunque disarmante e lascia ben poche speranze di riscatto alla Colombia. Agli occhi delle nazioni che hanno fatto della parola democrazia il loro nome di battaglia, gli ultimi sforzi del governo colombiano appaiono come i primi passi per risollevare un paese oramai straziato da anni di guerra.

Tanti sono gli elogi per la Legge di Risarcimento alle Vittime e Restituzione delle Terre che dovrebbe suonare un po' come un lieto fine ad una storia iniziata tanti anni fa... e invece dopo le ultime notizie di corruzione, irregolarità, omicidi che arrivano alla vigilia delle elezioni, la domanda sorge spontanea: come possiamo trovare corrispondenza tra giustizia e democrazia, se quest'ultima non accenna minimamente a pretendere trasparenza e incorruttibilità? Amministrazioni pulite e democratiche dovrebbero essere il primo passo quando la posta in gioco è così alta; fino a quel momento la risposta rimane pressoché la stessa che la gente in Colombia è abituata a sentire da tanti anni, che quasi non si ricorda quanti.