Situazione attuale
Pare sia impossibile non affrontare ogni mese il tema della violenza nel Paese colombiano. A tal proposito, risuonano duramente le parole del padre gesuita Javier Giraldo che, da decenni, accompagna la Comunità di Pace di San José de Apartadó e, da più di quaranta, si occupa della difesa dei Diritti Umani. In una intervista rilasciata a El Espectador, il curato ha dichiarato quanto sia chiaro, per molta gente in Colombia, come l'élite e alcuni partiti politici abbiano bloccato moltissime proposte che il Presidente Petro avrebbe voluto mettere in atto. In generale, il sacerdote ha evidenziato come il Paese abbia un passato in cui i vari processi di pace non hanno portato a nulla perché: innanzitutto, non sono andati alla radice della violenza; in secondo luogo, molti dei firmatari sono stati successivamente assassinati; in ultimo, la violenza (o chi l’ha esercitata) si riproduce molto rapidamente. Questo governo, secondo il padre, sta cercando di correggere questi errori, ma ancora siamo lontani dal raggiungimento di una vera Pace e, soprattutto, non si è ancora riusciti a rompere il patto tra le forze dell’ordine e il Clan del Golfo. In una successiva intervista a Periferiaprensa, padre Javier rimarca il potere del paramilitarismo in tutto il territorio colombiano e l’attuale dissimulato vincolo con alcuni apparati dello Stato che fanno affermare al sacerdote come la politica di sradicamento del paramilitarismo sia stata una pura facciata.
Certamente è complesso il tentativo di raggiungere la Pace Totale, come si è visto in questi ultimi due anni, in cui lo sforzo del governo di aprire il dialogo con l’ELN, l’Estado Mayor Central (EMC, dissidenza delle FARC-EP) e alcune altre bande urbane si è dimostrato pieno di ostacoli e frenate; per non parlare poi degli spinosi tentativi di approccio con le AGC. Rispetto a questo ultimo gruppo armato illegale, la MAPP-OEA, come missione di appoggio al processo di Pace, ha sottolineato, nel suo ultimo report, la necessità di persistere negli sforzi per stabilire e avanzare un dialogo.
A tal proposito, in questo mese, aveva suscitato clamore l’annuncio dell’ELN di riprendere i sequestri come forma di finanziamento accusando, in particolare, il governo di non aver compiuto la promessa accordata al Tavolo delle trattative di creare un Fondo Multidonante. Il governo ha però risposto di non aver creato il Fondo per controbilanciare il cessate il fuoco con questo gruppo guerrigliero, rifiutando totalmente l’uso del sequestro come forma di giustificazione di qualsiasi tipo. Anche la Conferenza Episcopale Colombiana e l’ONU avevano, in risposta a tale annuncio, fatto un accorato appello affinché l’ELN non usasse più la pratica del sequestro, definita “un flagello deplorabile”.
Purtroppo la violenza è ancora fortemente presente soprattutto nei dipartimenti di Antioquia e del Cauca: difendere i Diritti Umani in Colombia costa ancora la vita. Secondo l’ultimo report di Front Line Defenders, nel 2023 almeno 300 difensori dei Diritti Umani sono stati uccisi in 28 Paesi del mondo per il loro lavoro: tra questi, ben 142 in Colombia.