Contesto generale dopo gli accordi di Pace

Il 24 novembre 2016, il governo colombiano e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) sono giunti alla firma del Nuovo Accordo di Pace, dopo un iter di 4 anni piuttosto travagliato che ufficialmente ha segnato la fine di 50 anni di conflitto armato. Questo atto ha senz’altro rappresentato un passo storico importante, ma purtroppo non ha ancora portato una pace vera in Colombia. Nonostante la firma dell’Accordo, infatti, parte della popolazione civile, soprattutto nelle zone rurali, vive ancora sotto la costante minaccia della violenza a causa della persistente presenza di gruppi neo paramilitari e della guerriglia dell'ELN. La vita quotidiana degli abitanti di queste aree continua a essere fortemente colpita dal conflitto armato che finora ha provocato più di 8 milioni di sfollati interni e circa 250.000 morti, per lo più civili.
È purtroppo aumentata anche la violenza in tutte le sue declinazioni nei confronti di coloro che, in qualità di esponenti della società civile, di Difensori dei Diritti Umani, di leader di movimenti sociali, di ex-guerriglieri delle FARC-EP, sono pubblicamente impegnati nella costruzione effettiva della pace attraverso percorsi comunitari e inclusivi mirati a tutelare i Diritti Umani e ambientali.
Di fatto, l’escalation degli omicidi a danno di Difensori dei Diritti Umani e di leader di movimenti sociali è stata vertiginosa. Secondo l’Istituto Internazionale per lo Sviluppo e la Pace (Indepaz), la Giurisdizione Speciale per la Pace e altre organizzazioni, dalla firma dell’Accordo a circa metà del 2021, più di 1000 persone, tra Difensori dei Diritti Umani e leader sociali, sono state assassinate.
Inoltre, in questo grave contesto, 267 firmatari dell’Accordo sono stati uccisi. Indepaz denuncia, infatti, come massacri e omicidi collettivi siano purtroppo ritornati ad essere praticati in modo sistematico nel Paese.
Nel report di inizio 2021, la ONG Front Line Defenders rivela che, nel 2020, il 53% degli omicidi di Difensori dei Diritti Umani e ambientali è avvenuto in Colombia, sottolineando come, nel periodo di pandemia, chi ha ricoperto questo ruolo è stato più esposto a rischi quotidiani.

Contesto specifico

Il progetto di Operazione Colomba si svolge principalmente all’interno dei Municipi di Apartadó, Regione dell’Urabá (Antioquia), e di Tierralta, Regione dell’Alto Sinú (Córdoba). In questa area è presente la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò. Queste zone sono tra le più colpite dal conflitto armato colombiano e da gravi violazioni dei Diritti Umani, soprattutto a causa dei forti interessi strategico-economici legati al territorio. In particolare, l'area dell'Urabà, regione geografica che si estende attorno al Golfo dell'Urabà, dispone di significative ricchezze minerarie e agroalimentari (non da ultime le coltivazioni illecite di coca). Inoltre, è uno dei bacini d’acqua dolce più grandi del mondo e, per la sua posizione, viene considerata una zona geo-strategica, essendo un grande porto naturale nel mare dei Caraibi e un corridoio aperto verso Panama per traffici di tutti i tipi, leciti e illeciti.
Storicamente questo territorio ha visto contrapporsi i guerriglieri (soprattutto delle FARC), le Forze Armate Colombiane (esercito regolare) e i gruppi paramilitari che sono sorti per tutelare gli interessi di latifondisti, multinazionali e narcotrafficanti. In particolare, i dipartimenti di Antioquia e di Córdoba sono stati teatro di stragi, massacri e omicidi mirati a opera di questi gruppi che hanno applicato una violenza estrema e ogni forma di minaccia per il controllo del territorio.
La Comunità di Pace di San José de Apartadó rappresenta una delle esperienze di “Zone Umanitarie” sorte durante il conflitto armato colombiano per fronteggiare le continue e ripetute violenze. La CdP è nata perseguendo lo scopo di difendere il proprio diritto alla neutralità, alla vita e alla tutela del territorio. Quando la CdP è stata fondata nel 1997, i suoi leader avevano richiesto al governo protezione affinché nessuna fazione armata entrasse nel loro territorio. In questo senso, l’impegno governativo è stato gravemente insufficiente. Più di 300 persone, appartenenti alla Comunità, sono state, infatti, assassinate sia per mano delle FARC e dei paramilitari, sia dall’esercito regolare, spesso connivente con i gruppi armati illegali. Il terribile massacro avvenuto il 21 febbraio 2005, in cui furono uccise 8 persone di cui 4 minori e il più piccolo tra loro aveva solo 18 mesi, fu perpetrato da un gruppo operativo congiunto di militari e paramilitari.
In questa fase del conflitto in Colombia, l’esperienza delle comunità che adottano modalità nonviolente di resistenza alla violenza armata è una risorsa preziosa per il futuro del Paese e il raggiungimento di una vera pace. Il progetto di Operazione Colomba risponde all’esigenza di protezione di queste realtà, come la Comunità di Pace di San José de Apartadó, e dei Difensori dei Diritti Umani impegnati nella costruzione effettiva della pace attraverso percorsi comunitari.

Comunità di Pace di San Josè de Apartadò

La Comunità di Pace (CdP) è un’organizzazione informale della società civile costituitasi il 23 marzo del 1997 a seguito di due massacri, tristemente noti, avvenuti a opera di militari nel settembre del 1996 e nel febbraio del 1997. I membri della Comunità si impegnano a:

  • non partecipare alla guerra, direttamente o indirettamente;

  • non portare armi;

  • non dare informazioni a nessun gruppo armato;

  • denunciare pubblicamente le violazioni dei Diritti Umani commesse dai gruppi armati;

  • partecipare al lavoro comunitario;

  • non reagire alla violenza con la violenza;

  • non accettare risarcimenti in denaro dallo Stato per le vittime, senza che prima siano state fatte verità e giustizia.

La CdP conta attualmente circa 300 membri. Le veredas (villaggi) che fanno parte di questa realtà  si trovano in un territorio molto esteso e impervio, caratterizzato in gran parte da montagne e foreste nella zona nord-ovest della Colombia.
La CdP è solidale con tutta la popolazione civile della zona. Il territorio per le sue ricchezze e per la sua posizione strategica ha visto negli anni del conflitto la presenza e lo scontro di tutti i gruppi armati. In questo contesto, la scelta di vivere nella Comunità comporta il rischio quotidiano della propria vita, come dimostra l’alto numero di vittime registrato al suo interno. Nonostante ciò, i suoi membri non nutrono sentimenti di odio né di vendetta, non progettano azioni armate per farsi giustizia privata, ma portano avanti questo percorso con determinazione, resistendo e chiedendo dignità e rispetto. Proprio per questo, la CdP rappresenta una delle esperienze di speranza e di resistenza nonviolenta al conflitto più ammirate e seguite di tutta l’America Latina. Inoltre, la CdP sfida apertamente un modello economico e di mercato che si basa sullo sfruttamento umano e ambientale e su una strategia di guerra a bassa intensità, dimostrando, da un lato, che queste logiche sono insostenibili a livello locale e globale, e, dall’altro, offrendo al mondo l’alternativa di uno stile di vita che pone al centro le persone, le comunità e la natura.