Intenzioni di Pace sulle sabbie mobili

Colombia

Da settimane sta girando la notizia in tutto il mondo dell'imminente apertura delle trattative di pace tra il Governo colombiano e le FARC.
Tra dubbi, perplessità e speranze, da ogni angolo si alzano  commenti e digressioni.
Vi proponiamo la traduzione di un articolo di Robinson Tavera Villegas, giornalista  di “El Comercio”, quindicinale di Apartadò, che mette bene in evidenza come le fondamenta della pace non siano rappresentate dalla firma degli accordi, quanto dalla costruzione di una giustizia  sociale.

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EL COMERCIO
15-30 settembre 2012

Senza ombra di dubbio il tema principale che si sta generando attualmente in Colombia è quello della pace.
E’ incredibile che tre generazioni complete di colombiani non abbiano conosciuto o sperimentato la sensazione fisica e spirituale di vivere senza la zavorra del pericolo e della morte che li può sorprendere viaggiando su un autobus, in macchina, nelle strade di qualsiasi città, in una discoteca, in una sala di un cinema, in una chiesa cattolica o evangelica, in un villaggio o in un campo. Nessun luogo è una “riserva”, ovunque si subisce con impotenza l'effetto delle armi, siano esse nelle mani di criminali della guerriglia, di paramilitari, delinquenti organizzati o comuni.
E’ inumano nascere, crescere e morire senza conoscere questa magica esperienza della pace.
Il peggio è che abbiamo già perso la sensibilità, non ci stupiamo per la presenza di un cadavere insanguinato all’angolo di un quartiere: bambini commentano e qualcuno ci scherza sopra, uguale o peggio gli adulti, perché molti lo giustificano con il pretesto di essere un ladrone, un guerrigliero, un paramilitare, un barbone, una prostituta o un adultero.
La notizia passa veloce per dar spazio ad un'altra ancora peggiore. Niente succede, tutto succede, nessuno protesta, a nessuno dispiace, niente fa accapponare la pelle.
Si calcola che ci siano  milioni e più di compatrioti assassinati in Colombia negli ultimi 50 anni: da contadini, indigeni, bambini, monache, sacerdoti, pastori, possidenti, poveri, ricchi, sindaci, governatori, consiglieri, sportivi, congressisti, magistrati e probabili presidenti.
La violenza nel nostro Paese deriva da molti fattori. La guerriglia senza dubbio è uno di quelli che ne genera di più. Il Governo del Presidente Santos vuole fare “la storia” se otterrà gli accordi che permetteranno la fine delle ostilità, la cessazione del fuoco e di una resa degna delle Farc. Non è facile, o meglio sarebbe dire che è difficile ma non impossibile.
Senza dubbio la pace non è un “accordo” né con la guerriglia, né con i paramilitari, né con i narcotrafficanti, né con le Bacrim.
Mi identifico con chi pensa che la pace è avere condizioni di vita dignitose, con giustizia, con opportunità di studio, di entrate economiche, di poter mantenere una famiglia, senza zone destinate a “riserve umanitarie” o piene di militari e carri armati. Mentre l’indice di povertà supera il 66% della popolazione e più del 40% è in povertà assoluta, e l' 1,5% dei proprietari possiedono il 40% della terra colombiana, e pretendono di pagare poco i lavoratori per aumentare le loro ricchezze, è difficile concepire questo Paese in pace. I grandi impresari e funzionari dell’elite dello Stato, iniziando dal Presidente, anelano alla pace, vogliono la pace.
Una pace per loro, in un paradiso come la Colombia, con tutte le ricchezze da sfruttare, sviluppare  e costruire grandi case, grandi aziende agricole senza limiti all’orizzonte, con verdi pascoli e grasse mucche senza che nessuno provi invidia, né rubi il bestiame per venderlo al supermercato e saziare i palati dei più agiati, perché anche se sembra una bugia, ci sono milioni di famiglie che non conoscono il sapore di un buon pezzo di carne o di un buon filetto di pesce.
Questa pace sarà costruita sulle sabbie mobili.
Il grande accordo che cerca il governo di Santos con le Farc, è un accordo tra potenti. Sia l’uno che l’altro hanno armi e denaro in quantità e grandi appezzamenti di terra. Che potrà succedere?
Anche il meno esperto delle problematiche nazionali sa che l’origine della violenza in Colombia e la violenza che generano i latifondisti, paramilitari e narcotrafficanti, risiede nel possesso della terra, quindi è elementare dire che è lì dove si dovrà discutere della pace, dell’equità, dello sviluppo e delle opportunità condivise nel Paese. E’ lì dove si dovrà porre l’intelligenza, la volontà e l’impegno per rispondere ad un popolo sradicato dalle sue origini e dalla sua essenza contadina.
Se non c’è una distribuzione egualitaria della terra accompagnata con progetti e tecnica agroindustriale, agroforestale, è difficile credere che esistano genuine e sincere intenzioni di trovare l’equilibrio sociale del popolo colombiano.

(Robinson Tavera Villegas)