Arenas Altas

Colombia

E. è scappata dalla caucatera, la piantagione di cacao, di corsa con i bambini. Ha sentito delle voci, dei rumori tra le piante, qualcuno fischiare. Si è spaventata, e ora sta camminando con noi verso il paese; tornerà a casa sua fra qualche giorno, se la situazione si sarà calmata.
Chi o che cosa l'abbia spaventata, questo non è chiaro. Potevano essere dei contadini in cammino sulla proprietà, poteva essere chiunque.

Lei pensa fossero paramilitari, ed è plausibile lo fossero davvero: qui la scorsa settimana si sono presentati qualche centinaio di uomini armati provenienti dalle loro basi in Playa Larga, minacciando donne, vecchi e bambini, cercando gli uomini impegnati nel lavoro quotidiano, accusando tutti di collaborazione con le FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, razziando cibo, vestiti e radio. Qui la scorsa settimana si sono scontrati per 5 ore con la guerriglia lasciandosi alle spalle una dozzina di uomini morti e la popolazione terrorizzata.
Non sono, queste, informazioni che si leggono sul giornale. Nessuno ne ha parlato a livelli ufficiali. Nessuno sta indagando i crimini commessi. D'altronde, i Paramilitari non esistono più: il Governo ne ha decretato lo scioglimento nel 2002. Quelli che ora scorrazzano liberamente per le montagne della regione di Antioquia sono, secondo l'Esercito e gli apparati statali, gruppuscoli di criminali. BACRIM, bande criminali comuni.
Non importa che loro stessi si definiscano appartenenti alle AGC (Autodefensas Gaetanistas Campesinas), nome molto simile alle famigerate AUC (Autodefensas Campesinas), esercito paramilitare che imperversava, con massacri e omicidi mirati, negli anni peggiori del conflitto colombiano. Non importa che i contadini li vedano armati ed in divisa, con i loro stemmi ben in vista; non importa che organizzazioni e comunità per il rispetto dei diritti umani ne denuncino puntualmente e con allarmante frequenza la presenza. I Paramilitari non esistono, lo Stato colombiano è in guerra contro le FARC che rappresentano, assieme alla guerriglia minore dell'ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), la unica forza armata illegale del paese, per di più ridotta all'osso.
Questa è la versione ufficiale del Governo, questo è quello che si vuole comunicare per attirare maggiori investimenti stranieri, finanziare nuove politiche estrattive, far progredire il paese in un capitalismo ancora troppo acerbo.

La realtà è invece molto diversa e parla un'altra lingua rispetto a quella ufficiale. É una realtà nella quale la guerra si presenta molto più complicata di quello che si vorrebbe far credere, nella quale le FARC non sono così ridotte all'osso e quantomeno pronte alla resa, nella quale esse non rappresentano l'unico gruppo armato illegale. É una realtà che si apprende dai contadini delle veredas più sperdute, posti nei quali ci sia arriva solo a piedi o in mulo attraverso sentieri fangosi, guadi di torrenti e salite impervie. É una realtà che non sempre possiamo sperimentare con i nostri occhi. Dobbiamo fidarci – e ci fidiamo – degli occhi dei contadini, che meglio comprendono la situazione e che maggiormente ne soffrono.

É una realtà che ci racconta G., 72 anni, minacciato dai Paramilitari la scorsa settimana nella sua casa di legno a Arenas Altas; ce la racconta F., la cui figlia undicenne è stata isolata nella scuola dove si trovava dagli stessi Paramilitari e minacciata; ce la racconta P., nella quale proprietà, a pochi metri dalla propria casa, si è installato per una settimana un accampamento dell'Esercito, ignorando il diritto internazionale umanitario e il più comune buon senso che vieterebbe a un attore armato di  accamparsi vicino alla casa di un civile.
Ce la vorrebbe raccontare S., ma una pallottola lo ha ferito a morte durante un combattimento tra FARC e Esercito; casa sua si trova proprio nel mezzo tra la base dell'Esercito e quella della polizia, che furono attaccate quella notte. Ce l'ha raccontata J., testimone di un omicidio poco chiaro, ma poco dopo è stato costretto a desplazarse, a scappare da qui per rifugiarsi e inventarsi un'altra vita chissà dove nel paese.
Ce la raccontano quasi tutti i giorni le facce tirate di chi ha sofferto troppo e ancora ha paura, e che oltre a doversi preoccupare del duro lavoro sui campi, della coltivazione del riso e dei fagioli senza i quali non si mangia, del cacao senza il quale non si guadagna nulla, deve stare attento alle persone con cui parla, deve stare attento a chi passa sul suo terreno, a chi arriva in casa, ed essere pronto a scappare veloce, che non si sa mai, come ha fatto F. con i figli. Al suo compagno, prima di andarsene, ha detto: «Scendo con i bambini perché non vogliono rimangano traumatizzati quando arriveranno ad ammazzarti».
Che poi nella caucatera ci fossero solo contadini, o magari perfino un cane che rincorreva degli uccelli, questo importa poco. F. ha avuto paura e continua ad averne, ed è scappata convinta di non vedere più il suo compagno.