La Colombia e l'estrazione illegale dell'oro – seconda parte

Colombia

Ad agosto avevamo proposto uno spaccato della realtà dell'impresa mineraria illegale che interessa tutta la Colombia, ma le cui pieghe oscure e i legami con la corruzione e la violazione dei diritti civili non risparmiano neppure la cosiddetta opera mineraria legale.
Uno degli ultimi casi resi noti dalla cronaca mondiale riguarda  la Drummond, impresa statunitense per  l'estrazione del carbone.

L'impresa Drummond sta passando uno dei suoi momenti più difficili dopo quasi 25 anni di presenza in Colombia. Alle questioni legali che sta affrontando presso la corte degli Stati Uniti, così come alle denunce per contaminazione ambientale, si somma la dichiarazione di sciopero che hanno fatto i lavoratori del dipartimento del Cesar. L'impresa dirige le miniere “La Loma”, “El Descanzo” e “La Jagua” e partecipa con il 30% nel mercato dell'esportazione del carbone.
L'anno scorso la produzione della seconda impresa del Paese dopo la Cerrejon, è stata di 26 milioni di tonnellate di carbone. Secondo il Ministro delle Miniere e Energia, Federico Renjifo, la cessazione delle attività estrattive dovuta dallo sciopero, avrà un grande impatto con la mancata estrazione di circa 70 mila di tonnellate giornaliere.
Se il conflitto lavorativo si prolungherà non si raggiungerà la meta di 32 milioni di tonnellate che l'impresa si era fissata per quest'anno. In più non potrebbe pagare privilegi milionari al Paese, che l'anno scorso hanno raggiunto circa 700 milioni di pesos; si stima che per ogni giorno di sciopero lo stato perda 1.900 milioni di pesos.
Il governo ha fatto da intermediario nel conflitto, ma non è riuscito a trovare una soluzione a causa delle grandi differenze tra le proposte delle due parti. Il sindacato Sintramienergetica chiede un rialzo del salario del 10%, miglioramenti sostanziali nei servizi di salute e di educazione, così come la reintegrazione dei lavoratori che furono licenziati nelle proteste precedenti.
L'impresa, da parte sua, ha presentato un'ultima offerta di una contratto di 3 anni che include un aumento salariale del 4,5% per il primo anno e il pagamento di un buono di 7 milioni di pesos (meno di 3.000 euro) a ogni lavoratore. Nella Drummond lavorano attualmente circa 11.000 impiegati, dei quali 5.000 sono a tempo indeterminato e i restanti a tempo determinato.
La miniera però non deve risolvere solo i problemi dei lavoratori, l'impresa ha varie accuse per la sua presunta complicità nella sparizione di alcuni leader sindacalisti colombiani. Secondo l'agenzia Bloomberg, l'avvocato dei lavoratori Terry Collingsworth, ha presentato quattro denunce civili contro la miniera per la morte dei dirigenti Valmore Locarno, Gustavo Soler e Victor Orcasita, così come per la sparizione di almeno 600 persone. L'avvocato sostiene che la Compagnia abbia pagato un gruppo di paramilitari in cambio di protezione nella zona dove opera.
La Corte Federale degli Stati Uniti ha sentenziato contro la Drummond, nel 2007 e nel 2009, grazie all'appoggio della United Steel Workers of America, un'organizzazione sindacale del nord del Paese.
La compagnia ha sempre negato queste accuse e ha dichiarato che non ha mai appoggiato, né appoggerà, nessun gruppo criminale. La disputa dopo dieci anni non è ancora conclusa.
L'impresa è stata anche accusata per le sue violazioni ambientali durante le pratiche estrattive. All'inizio di quest'anno si è registrato l'affondamento di carbone nella baia di Santa Marta a causa di  problemi nella chiatta che lo trasportava. La settimana scorsa una sentenza della Corte Costituzionale ha ordinato all'impresa di installare macchinari di ultima tecnologia per mitigare l'impatto ambientale che provocano.
La lotta della popolazione contro questa, e molte altre imprese che sono presenti in Colombia con la medesima modalità operativa, sembra davvero essere la riproduzione infinita della lotta di Davide contro Golia, in cui però la vittoria di Davide pare un'utopia.
Un altro recente esempio che spiega come le miniere siano una questione di scontri all'interno del Paese, è il caso di Piedras, un piccolo paese del Tolima.
I cittadini si stanno ribellando contro la AngloGold Ashanti, una grande impresa mineraria sudafricana, una delle principali produttrici d'oro nel Paese, per impedire che questa metta in attività “La Colosa”, il più grande giacimento di questo metallo prezioso scoperto negli ultimi dieci anni nel mondo. Gli abitanti propongono di lasciare questo tesoro, che si calcola in 12 milioni di once (1 oncia=28,34 grammi), sotto terra.
Anche se il progetto di estrazione de “La Colosa” infatti non è ancora cominciato, si sono già aperti molti dibattiti riguardo all'impatto che potrebbe avere sulle fonti idriche della regione (l'acqua è uno degli orgogli di Piedras), che vive principalmente della coltivazione di riso. Il municipio promuove la bellezza del rio Opia e racconta di come nelle sue insenature si siano formate più di duecento piscine naturali. Come è noto, tra le tante gravi conseguenze dell'estrazione dell'oro, c'è l'inquinamento delle fonti idriche causate dal  cianuro usato per la pulizia del metallo prezioso.
Uno dei grandi problemi però è che nessun Paese è proprietario di quello che si trova sotto la terra, il sottosuolo appartiene alla Nazione e quindi, l'unico che può decidere riguardo questo tema, è il Governo Nazionale. Per questo la lotta che sta avvenendo nel Paese di Piedras non riguarda solo il futuro di quella miniera, ma viene messa in discussione la possibilità che una comunità possa decidere riguardo ai progetti minerari che si sviluppano nel proprio territorio. La cosa scandalosa, tra le tante, è che recentemente il Ministro delle Miniere e dell'Acqua ha emanato dei decreti che proibirebbero ai cittadini e ai Municipi di agire con proposte che possano ostacolare o impedire  l'apertura delle miniere.
Certo rimane che questa gente rappresenta comunque quella pietra scagliata contro il gigante che tutti noi vorremmo vedere sconfitto.