Colombia: Secondo accordo tra FARC e Governo

Articolo tratto dalla rivista Semana
Il secondo accordo al quale sono giunte le Farc e il Governo è più profondo e ha una portata maggiore di quanto poteva sembrare a prima vista.

Al governo e alle Farc ci sono voluti quasi cinque mesi e il prolungamento delle discussioni per arrivare ad un accordo sul secondo punto dell'agenda, ossia sulla partecipazione politica. Al di là del suo carattere generale e poco specifico, l'accordo che è stato finalmente annunciato alle undici della mattina di mercoledì 6 novembre, chiarisce che i negoziatori del Governo e della guerriglia sono riusciti a trovare un terreno comune in quello che può essere considerato il cuore della negoziazione.

Le Farc accettano di  abbandonare le armi e convertirsi in un movimento politico e lo Stato si impegna ad incentivare un'apertura democratica con condizioni politiche ed ideologiche che garantiscano l'esercizio dell'opposizione. Il comunicato congiunto annuncia che quanto raggiunto “costituisce un'apertura democratica ed un segnale della fine del conflitto”, e afferma che un accordo finale “implicherà l'abbandono delle armi e il divieto dell'uso della violenza come metodo di azione politica”. Sebbene si sapesse fin dal principio del processo che il proposito era questo, riuscire a trasformarlo da una meta idealista ad una carta firmata dalle due parti è un enorme passo avanti. Questo era il punto d'inizio e d'arrivo; se le Farc non avessero accettato di lasciare le armi il processo non avrebbe avuto futuro.
Con la firma su questo secondo punto le possibilità che si giunga ad un accordo finale crescono in modo esponenziale, secondo quanto annunciato a La Habana. Il raggiungimento del primo accordo in maggio decretò la base programmatica della negoziazione; la firma del secondo punto pone le basi politiche per dare sostegno reale a questo accordo.
Appena due settimane fa, in un momento di tensione nel quale tutti criticavano il ritmo lento e l'assenza di risultati nelle trattative, il Presidente Juan Manuel Santos, che sperava di portare a termine i trattati in novembre, aveva addirittura insinuato la possibilità di una pausa o di una rottura. Ora, al contrario, con il raggiungimento di questo secondo accordo, il Presidente ha dichiarato che sarebbe irresponsabile fare una pausa o rompere le negoziazioni, proprio ora che si stanno raggiungendo dei traguardi reali (il pensiero di molti è che, a poco giorni dall'annuncio della sua candidatura alle elezioni, il conseguimento di questo accordo non faccia altro che rinforzare il punto principale della sua agenda politica: la pace negoziata).

Sergio Jaramillo, Alto Commissario per la pace, ha spiegato alla rivista Semana in che cosa consiste questo accordo dividendolo in tre parti.
La prima ha a che vedere con un patto fondamentale per la società: niente più politica e armi insieme. È un accordo che ha due implicazioni: chi possiede le armi rinuncia al loro uso e si mette in gioco tramite le vie democratiche e, dall'altra parte, lo Stato assicura che né loro né in generale chi partecipa alla politica sarà oggetto di violenza. Bisogna restituire dignità alla politica per ricostruire la pace. In questo senso si è deciso di  cercare un meccanismo per stipulare con i partiti uno Statuto dell'Opposizione che sia effettivo e reale. Questa garanzia, che può sembrare ovvia, è consacrata nella Costituzione del 1991, però, nei fatti, non è mai stata applicata. Per fare in modo che non si ripetano episodi tragici come lo sterminio della Union Patriotica, questo statuto dev'essere integrato con un sistema che garantisca la sicurezza personale dei membri delle Farc che accederanno alle Istituzioni, così come quella dei partiti esistenti e dell'esercizio dell'opposizione in generale.
Il secondo blocco di accordi è destinato, secondo l'Alto Commissario, a rafforzare la partecipazione dei cittadini. Questo includerà aspetti come una rendicontazione dei conti delle autorità ai loro comuni, l'istituzione di enti di garanzia, la promozione di una rete di Consigli per la Riconciliazione e Convivenza e la revisione del sistema di partecipazione. Infine, risultano necessarie una serie di misure riguardo ad una nuova apertura democratica. Per facilitare la creazione di nuovi partiti politici si è deciso di non esigere il raggiungimento della soglia elettorale per poter essere riconosciuti come attori politici effettivi; si è inoltre pattuita una fase di transizione di otto anni nella quale questi nuovi gruppi potranno contare sull'appoggio dello Stato e di spazi nei mezzi di comunicazione al fine di divulgare i loro programmi. Per quanto riguarda i finanziamenti, è stata definita una ripartizione più equa delle risorse con le quali lo Stato sostiene i partiti. Inoltre, uno dei punti più concreti del documento è la creazione di una serie di circoscrizioni transitorie speciali di pace per dare alle regioni maggiormente colpite dal conflitto, e di conseguenza maggiormente abbandonate dallo Stato, una rappresentanza supplementare rispetto a quella che già detengono alla Camera dei Rappresentanti. Non è ancora stato definito né il numero delle zone né la durata di queste circoscrizioni, ma è evidente che la maggior parte coinciderà con le regioni dove storicamente le Farc hanno avuto maggiore potere e influenza.
Si è inoltre raggiunto l'accordo di riforma del sistema elettorale per aumentare la trasparenza ed evitare le frodi. Verrà rinforzata l'Unità di Delitti Elettorali alla Fiscalia, si creeranno tribunali di garanzia per le zone ad alto rischio e si promuoverà il voto elettronico.

Nonostante la valenza positiva e propositiva del raggiungimento di questo secondo accordo, rimangono molti dubbi e interrogativi come ad esempio: “Sono previsti cambi istituzionali per facilitare la costituzione di nuovi partiti politici e il transito di organizzazioni e movimenti sociali con impronta politica per la loro costruzione come movimenti e partiti politici? Come pensa lo Stato di garantire la sicurezza a chi abbandonerà i gruppi armati, all'opposizione e alle organizzazioni sociali in regioni nella quale lo Stato è sempre stato assente e che sono invase dal narcotraffico e da bande criminali? Come si eviterà praticamente la corruzione o che gli ex-gruppi armati illegali conservino le loro capacità intimidatorie e il loro potere?”.

Nonostante tutte queste incertezze le reazioni all'annuncio dell'accordo erano prevedibili. Tutti i partecipanti alla negoziazione, i leader politici (dalla sinistra fino alla Unidad Nacional), gli analisti, gli esperti, i rappresentati delle ONG e le Nazioni Unite celebrano il raggiungimento di questo tanto atteso traguardo. Addirittura il comandante dell'esercito, Juan Pablo Rodriguez, ha dichiarato l'importanza di garantire alle Farc la libertà e il diritto di lavorare dentro la società civile.
Altrettanto prevedibile è il rifiuto e la minimizzazione dell'accordo raggiunto a La Habana da parte di Uribe che ha dichiarato: “Negoziare le norme sull'opposizione politica con il terrorismo è inaccettabile per la democrazia colombiana”.
È comunque evidente, a prescindere dal pensiero di chi si oppone al processo di pace, il forte significato di fondo che ha l'essere riusciti a raggiungere questo accordo, con la consapevolezza che manca tuttavia la discussione e il raggiungimento di un'intesa su punti molto complessi. Inoltre, sia il Governo che le Farc, devono tener conto di un'opinione pubblica ancora molto divisa e scettica.
I trattati di pace riprenderanno il prossimo ciclo il 28 novembre per trattare il tema dell'agenda “Soluzione al problema delle coltivazioni illecite”.