Colombia: negoziati di Pace, elezioni politiche e potere militare

Colombia

In occasione della recente commemorazione del massacro di otto membri della Comunità di Pace di San José de Apartadò (avvenuto il 21 febbraio 2005), i volontari di Operazione Colomba hanno avuto modo di partecipare all'Assemblea generale della Comunità, tenutasi a Mulatos.
In tale occasione Padre Javier Giraldo (Padre Gesuita sostenitore e accompagnatore della Comunità di Pace) e Jorge Molano (avvocato che sta seguendo proprio il caso del massacro del 2005) sono intervenuti con analisi e riflessioni su alcuni dei temi di attualità più importanti per la Comunità di Pace; interventi che, pertanto, vi riproponiamo qui di seguito.

Padre Javier Giraldo sui negoziati di Pace a La Habana e le prossime elezioni politiche

Negoziati di pace
I precedenti tentativi di trovare un accordo di non belligeranza tra il Governo e le Farc, si possono rappresentare secondo due modelli: il primo implica la ricerca di un patto che preveda la discussione di trasformazioni sociali radicali, mentre l'altro consiste nel proporre la demobilitazione   dei gruppi armati attraverso incentivi quali l'indulto e l'amnistia.
Dal 1983 con Betancourt sino ad Uribe, passando per Gaviria e Pastrana, i trattati di pace sono di fatto tutti falliti qualunque fosse stato il modello utilizzato o perché le riforme sociali proposte erano troppe e confuse, o a causa dell'assassinio di una persona importante (come potrebbe essere nel caso delle elezioni politiche l'uccisione di un candidato), o perchè, come nel caso di Uribe, la demobilitazione è stata una pura farsa attraverso la quale il Governo ha potuto mantenere intatti i gruppi paramilitari.
Gli attuali accordi invece appaiono utilizzare il primo modello in maniera più concreta e semplice e prevedono la discussione di sei punti sul tavolo della trattativa. Premesso che i primi due punti su cui si è trovato un consenso rimarranno congelati finché non ci sarà una firma finale degli accordi di pace, i delegati delle Farc hanno annunciato che i trattati non rappresentano in realtà la loro ideologia o politica interna, ma sono espressione di ciò che la popolazione vuole e che viene manifestato attraverso i movimenti sociali (vengono realizzati dei sondaggi coinvolgendo gruppi di circa 12.000 persone che hanno tempo un giorno o due per dare la loro opinione su ciascun tema).
Nel primo punto trattato dove in discussione c'era la questione della terra e la sua restituzione alle vittime, rimangono ancora molte zone d'ombra tra le quali la possibilità di  costituire delle Zone di riserva contadina, già contemplate in una legge del 1996, che prevedono la concessione di terreni demaniali alla popolazione sfollata forzatamente, senza che essi divengano privati o vendibili.
Dal 1955 ad oggi infatti sono 10.000.000 gli ettari strappati ai contadini attraverso massacri e  sfollamento.
La costituzione di Zone di riserva potrebbero rappresentare una garanzia alla restituzione della terra, ma nella realtà con il governo Santos, la consegna di un  terreno sarà seguita dalla privatizzazione e di conseguenza dalla possibile vendita dello stesso. Le pratiche di titolazione e la  rimessa in opera di intere fattorie comporterebbero per la singola famiglia una disponibilità economica nella maggior parte dei casi inesistente e tutto porta a pensare che i contadini saranno costretti a vendere i terreni a grandi proprietari terrieri e/o alle multinazionali e trasferirsi in città. La Legge di restituzione della terra si trasformerebbe così in un nuovo modello di sottrazione delle terre.
Tale politica si combina con la prospettiva economica colombina di un incremento massivo della presenza di imprese di miniera per l'estrazione di oro, carbone e petrolio e la drastica riduzione della produzione agro – alimentaria. Ciò comporterà l'aumento delle importazioni di alimenti da Paesi esteri già previste dal Trattato di libero commercio e l'aumento dei prezzi dei prodotti autoctoni.
Anche riguardo il secondo punto dei trattati di pace, e cioè la partecipazione politica delle Farc, Padre Javier ha mosso delle forti perplessità a partire dal fatto che ad Oslo tale “partecipazione” era in realtà riferita a come la società civile avrebbe potuto prendere parte alla “polis” del Paese ed essere parte attiva nella discussione delle tematiche della La Habana; ad oggi invece la partecipazione sociale ai trattati è quasi nulla mentre paradossalmente le Farc potrebbero venire inserite nel tessuto sociale e politico del Paese come se nulla fosse accaduto.
Il terzo punto su cui si sta attualmente discutendo a Cuba riguarda la tematica della droga. Padre Javier è convinto che la questione richiederà molti mesi di dibattito vista la complessità del tema. Le Farc al momento stanno mettendo sul tavolo di pace quattro punti elementari ma di enorme portata tra i quali l'analisi del significato e valore che si dovrà attribuire alla pianta di coca in termini medici, sociali ed economici e la responsabilità penale dei contadini coltivatori (di coca) rispetto a quella dei narcotrafficanti.
Il quarto e quinto punto sono ancora lontani nell'Agenda della La Habana e già destano perplessità: il quarto tema, voluto maggiormente dai movimenti della società civile, prevede la discussione di un documento (Movici) in cui si richiedono (un po' come fu per il Tribunale in Sudafrica) lo sviluppo e la creazione di strumenti per affrontare la Verità, la Giustizia, la Riparazione alle vittime e la Garanzia di non- ripetibilità dei fatti. Purtroppo pare però che il Governo si sia già espresso in modo negativo riguardo alla discussione del documento, mentre le Farc rifiuterebbero di considerare lo Stato nel processo di giustizia in quanto esso stesso è da considerarsi causa della nascita del conflitto armato in Colombia. Lo Stato, secondo le Farc, non avrebbe perciò l'autorità per giudicare i fatti e sarebbe quindi preferibile l'istituzione di un Tribunale Internazionale. La discussione del quinto tema preoccupa invece perché gli esperti vedono quasi impossibile la consegna di tutte le armi da parte delle Farc e pare che già alcuni Fronti armati delle stesse vogliano rendersi indipendenti;
Il sesto punto riguarda lo sviluppo degli accordi ma a detta del padre Javier è possibile che i trattati si interrompano entro la fine dell'anno.
La drammatica conclusione di quanto presentato da padre Javier è che il Governo ha bisogno dei trattati di pace per garantirsi gli appalti delle multinazionali nel Paese sudamericano. In altre parole la pace è in funzione degli investimenti stranieri.

Elezioni politiche
Padre Javier ha scritto un documento ai delegati del Governo nazionale e delle Farc a Cuba dove presenta i quattro ostacoli che impedirebbero l'effettiva partecipazione libera e cosciente del popolo nelle decisioni che lo riguardano.
(http://www.javiergiraldo.org/IMG/pdf/Al_oido_de_los_que_dialogan_sobre_la_paz.pdf).

Questi stessi ostacoli, definiti “Le quattro muraglie”, li riscontra in tutti i settori della vita economica, politica e sociale del Paese:
muraglia culturale – mediatica che ha il compito di condizionare i livelli più intimi di una persona per convertirla ad essere un utente adattato e sottomesso al sistema politico imperante. Ad esempio in Colombia più del 50%  dei mass-media  (tra cui El Tiempo, Caracol) è stato comprato da delle multinazionali. Padre Javier propone una legge secondo la quale invece le fonti d'informazione dovrebbero dedicare almeno il 70% dei loro contenuti per permettere l'espressione dei vari settori sociali (organizzazioni umanitarie, sindacati, settori poco protetti, ecc) mediante meccanismi di elezione e controllo democratici permanenti.
Muraglia economica che condiziona la partecipazione politica attraverso la pressione mediatica che invita alla competizione di mercato, per cui tutto ciò che si necessità ha un prezzo e chi determina i prezzi sono inevitabilmente coloro che hanno più potere economico; ciò implica l'impossibilità dei poveri (cioè della maggioranza della Nazione) a competere per avere potere e incidenza politica.
Muraglia politica evidenzia il totale potere mafioso nel controllo del voto. In questa campagna elettorale è chiaro come anche chi sta nelle carceri con l’accusa di parapolitica, sia riuscito ad inserire nel mondo politico famigliari ed amici. La stessa Corte Costituzionale ha denunciato le relazioni tra l’apparato politico statale e i narcotrafficanti, relazioni rese possibili anche grazie al potere di occultamento della verità esercitato attraverso la muraglia mediatica.
Muraglia paramilitare che chiude il circolo dell’esclusione alla partecipazione politica. La negazione da parte del Governo dell’esistenza di tali gruppi armati, definiti al massimo  come comuni bande criminali, non è servita ad occultarla a causa dei massacri e della violenza perpetrati ancora oggi dai paramiltari.

Jorge Molano sul tema del potere militare


Il potere militare in Colombia rappresenta il nucleo attorno al quale ruota la sfera economica, sociale, politica e giuridica del Paese.

Il potere economico dell'apparato militare è rappresentato dal costo di 29 bilioni di pesos comprendenti gli investimenti nella sicurezza privata, nell’impiego dell’Esercito nelle opere viarie e nei costi a carico dei municipi e delle regioni per svolgere i loro servizi (mezzi, carburante, vitto, ecc).

In totale la Forza Pubblica conta su 250.000 soldati, 150.000 poliziotti e 40.000 impiegati nella Forza Aerea.
Il potere sociale che i militari esercitano si articola in diverse attività e collaborazioni che vedono i cittadini coinvolti in una rete di indottrinamento attraverso l’utilizzo di emittenti radiofoniche dove passare un’immagine “pulita” della forza pubblica, attività di promozione con visite degli studenti alle basi militari (soldati per un giorno), propaganda della figura “eroica” dei soldati che servono la Patria, e l’utilizzo della Red Amigos (la rete di amici) che vede circa 5 milioni di colombiani nella veste di informanti e collaboratori delle forze armate.
L’esercizio di tale potere termina con il completo controllo della mobilitazione  sociale  anche con la violenza come accaduto lo scorso agosto 2013 con lo sciopero dei contadini soppresso dall’esercito con il sangue.
Il potere politico delle forze armate viene esercitato con il controllo istituzionale (vedasi lo scandalo del Das, l’ufficio di immigrazione attraverso il quale si spiavano magistrati, politici difensori dei diritti umanitari e la più recente operazione Andromeda con la quale frange dell’esercito stavano intercettando addirittura le comunicazioni a La Habana) e con la partecipazione al processo di Ritorno e Restituzione delle terre. Infatti pur essendo la Corte ad emettere la sentenza di ritorno delle famiglie nei luoghi dai quali si erano sfollate, è sempre l’esercito che ne dà il via libera. Spesso quindi le famiglie che potrebbero rientrare non lo fanno a causa dei falsi bollettini rilasciati dai militari sulla sicurezza del luogo di ritorno o avvisandoli che nelle loro proprietà ci sono ora altre persone declinando così ogni responsabilità sulla fattibilità del rientro.
Il potere giuridico dell’esercito si esprime attraverso la corruzione e la pressione a diversi giudici e magistrati del Paese. In questo modo i militari stessi esercitano un controllo anche sulla Corte.
Ancora più scandalosa è la questione delle spese processuali di alti militari coinvolti in massacri o  in casi gravi che sono a tutti gli effetti a carico dei cittadini.
In ultimo esiste una legge riguardo le funzioni d’Intelligenza dell’esercito che autorizza la creazione di uffici di facciata il cui unico controllo può essere fatto dall’esercito stesso. L’Intelligenza risulta quindi a tutti gli effetti un’arma senza controllo.