La crisi umanitaria di Buenaventura

Colombia

La Commissione Interecclesiale di Giustizia e Pace di Bogotá (Ong che opera come organizzazione per la difesa dei diritti umani accompagnando diverse comunità di resistenza civile in tutto il Paese) è attualmente impegnata con una presenza costante in una zona umanitaria presso Puente Nayero nella provincia di Buenaventura (regione del Valle del Cauca). La zona umanitaria è nata ad Aprile scorso come tentativo pilota di proteggere 280 famiglie dalla violenza dei paramilitari. Purtroppo alcuni leaders locali, i membri della Commissione di Giustizia e Pace e alcuni volontari di organizzazioni di scorte internazionali lì presenti, sono già stati minacciati più volte di morte dai gruppi armati affinché lascino la zona umanitaria.
Human Right Wacht e il Sjr (Servizio Gesuita per i Rifugiati), hanno emesso due sconcertanti rapporti che denunciano la terribile crisi umanitaria di Buenaventura che dal 2012 ad oggi conta più di 30.000 persone sfollate a causa della guerra dichiarata tra due gruppi neo-paramilitari : gli Urabeños (conosciuti in Antioquia con il nome di AGC Autodifesa Gaetanista di Colombia) e la Empresa, un’organizzazione criminale locale che ha preso il posto dello Rastrojos dopo la desmobilizzazione delle AUC (Autodifesa Unita di Colombia) nel 2004-2005.
La provincia di Buenaventura è, per la sua ubicazione, il maggior porto commerciale del Pacifico. Da qui vengono inviate le merci al di fuori del Paese e in tutto il litorale, la metà delle esportazioni della Colombia passano da lì. Per questa ragione è stata nominata capitale dell'Alleanza del Pacifico ed è peraltro il centro di mega-progetti ed investimenti anche stranieri; da questa regione proviene il 60% dell’oro estratto in Colombia.
Vivono a Buenaventura circa 370.000 persone, per la maggioranza afrodiscendenti. Questo distretto presenta tra i più alti livelli di disoccupazione e povertà del Paese.
I paramilitari da sempre avevano provocato numerose vittime tra i civili, ma mai della portata avuta dal 2012 in poi.
Anche se questi gruppi armati vengono definiti dal Governo come “bande criminali emergenti” (Bacrim), negando quindi l'esistenza di un conflitto interno, varie fonti vincolano direttamente questi gruppi a paramilitari, tanto che Acnur (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati), la Defensoria del Pueblo (Ente di avvocati a servizio delle vittime) e la Personeria di Buenaventura (organismo municipale per i diritti umani) si riferiscono a questi criminali come a gruppi paramilitari post-desmobilizzazione.
Il caso di Buenaventura dimostra a tutti gli effetti l’esistenza di questa nuova forma di paramilitarismo personificata nei gruppi neo-paramilitari, che continuano la loro presenza sviluppando attività militari e di controllo territoriale ed effettuando minacce e violazioni ai diritti umani.
Il conflitto che vive il distretto di Buenaventura ha quindi tutti i requisiti per poter essere considerato un conflitto armato interno le cui vittime dovrebbero essere tutelate dall’Art. 3 delle “Quattro Convenzioni di Ginevra” per il Diritto Internazionale Umanitario.
La situazione è inoltre aggravata dalla forte presenza nelle aree rurali del Fronte 30 delle Farc-Ep che, come i paramilitari, esercitano un dominio territoriale per il controllo delle coltivazioni illecite, la produzione e la commercializzazione della coca e dei suoi derivati. In questi anni la guerriglia ha causato migliaia di morti, ha minacciato e sfollato centinaia di famiglie e reclutato tra le proprie fila molti minorenni.
Ogni anno, dal 2011, Buenaventura è stata la città colombiana con il maggior numero di sfollamenti forzati. Ma tra aprile ad agosto 2012 ci fu uno sfollamento massivo che costrinse migliaia di persone ad abbandonare le proprie case a causa del conflitto armato nella zona provocato dai gruppi paramilitari. Ciò nonostante questi crimini furono occultati o minimizzati dall’amministrazione municipale di Buenaventura e da altre istituzioni statali che insistettero nel ritenere la città come una delle più sicure del Valle del Cauca visto l’aumento di personale di forza pubblica adottato nel Municipio e la cattura di alcuni capi paramilitari.
Le autorità locali, la forza pubblica, alcuni settori della chiesa cattolica e ONG individuarono il 6 Ottobre 2012 come data d’inizio di una nuova ondata di violenza dovuta alla rottura del patto momentaneo di non aggressione tra i due gruppi paramilitari provocata dall’uccisione di un capo della Empresa.
Da quel giorno si scatenò una vera e propria guerra armata che conta 75 morti, 55 feriti, 75 persone scomparse e l’occupazione di interi quartieri da parte dei gruppi armati. In conseguenza a tale violenza e al terrore generato tra la popolazione, ci furono nove sfollamenti interurbani che hanno coinvolto più di 5000 persone.
Anche questi ultimi sfollamenti furono resi invisibili a causa di una politica pubblica che non riconosce lo sfollamento interurbano come conseguenza del conflitto e che segue negando l’esistenza dei gruppi post- paramilitari.
In realtà sono numerose le leggi e le sentenze che fanno rientrare a pieno titolo lo sfollamento forzato come una violazione del diritto umanitario internazionale. Nel contesto del conflitto, come esplicitato attraverso l’articolo 1 della Legge n. 387 del 1997, viene definita come vittima di sfollamento una persona “obbligata a migrare all’interno del territorio nazionale, abbandonando la località di residenza o le attività lavorative abituali, perché la propria vita, la propria integrità fisica, la sicurezza e le libertà personali sono state violate o si trovano direttamente minacciate a causa di un conflitto armato interno e di violazioni al Diritto Umanitario Internazionale”.
Nella zona urbana gli integranti dei gruppi paramilitari e delle Farc minacciano leader e organizzazioni sociali, perpetrano omicidi e attentati, rapimenti, stabiliscono norme di convivenza, limitano gli spostamenti dei civili nei quartieri, controllano i prezzi imponendo tributi al commercio legale, controllano la prostituzione, reclutano forzatamente minori, utilizzano la tortura, sgozzano e squartano i civili...
In quest’ultimo anno e mezzo sono stati ritrovati lungo la costa e nelle spiagge resti umani di decine di persone squartate e gettate in mare.
Questo macabro ritrovamento conferma l’esistenza di una pratica di routine dei gruppi neo-paramilitari che consiste nello squartare le persone sequestrate e che le famiglie danno per scomparse. I residenti di vari quartieri di Buenaventura hanno raccontato al Vescovo della città e ad organizzazioni internazionali che i neo-paramilitari usano “casas de pique” (case di taglio) dove portano le vittime per smembrarle vive. La gente terrorizzata sente le grida delle vittime senza poter far nulla, la Polizia non interviene o quando lo fa trova la “casas de pique” vuota.
Tali caratteristiche, sommate all’incapacità della Forza Pubblica di dare garanzie di sicurezza e protezione ai civili, fanno di questi gruppi non delle mere bande criminali, bensì dei veri e propri attori armati del conflitto.
Di fatto una delle ragioni del mancato controllo da parte dello Stato e della forza pubblica è dovuto alla corruzione e alla colluttazione tra la polizia, le amministrazioni ed i politici locali con i gruppi neo-paramilitari.
La ragione di tale barbarie non si può limitare al controllo territoriale legato al narcotraffico e all'estrazione illegale di oro e petrolio, bensì a una visione di sviluppo economico concertata con le imprese nazionali e internazionali che non prende in considerazione gli spazi di vita e di crescita della popolazione locale privata dei servizi fondamentali alla salute e all’educazione.
Questa concezione di sviluppo ha creato economie legali e illegali e una enorme quantità di investimenti stranieri e locali che hanno generato la contesa territoriale e di potere dalle più basse alle più alte sfere dello Stato sino ai gruppi armati illegali.
A farne le spese è la popolazione locale il cui sfollamento forzato sarebbe funzionale ai mega progetti portuali e urbani, e che si vede negato il diritto alla vita.

Bibliografia:

Buenaventura: una crisis humanitaria sin respuesta
La crisis en Buenaventura