Colombia tra trattative di Pace e despojo

Colombia

L'aspettativa della fine degli accordi di pace è sempre molto alta ma di fatto le notizie che ufficialmente giungono all'opinione pubblica sono davvero poche.
Da studi approfonditi fatti da analisti che raccolgono informazioni e testimonianze da tutte le zone del Paese, appare invece certo che “l'ombra” dietro alla quale si celano le poche notizie sul proseguo delle trattative, nasconda nodi e problematiche di portata enorme e di difficile soluzione.

C’erano molti dubbi a riguardo di questo processo per i passati fallimenti negli accordi di Pace.
Il fulcro di queste trattative è che ci siano le condizioni di equità, tranquillità e convivenza e che il dibattito comprenda l'insieme dei cittadini del Paese e che vengano date garanzie che il conflitto non si ripeta. Fino ad oggi la partecipazione politica della società civile è stata praticamente nulla. C'è da ricordare che i punti su cui è stato trovato un accordo non sono attuabili sino alla fine delle trattative e dovranno essere accettati dalla popolazione attraverso un referendum popolare.
Attualmente è innegabile che il conflitto armato stia continuando anche se con differente intensità nei territori del Paese a seconda dalla presenza dei paramilitari (Urabeños o AGC) o delle FARC. Ma ciò che preoccupa è che anche ad accordi raggiunti, la strategia dei gruppi armati illegali si manterrà legata al processo di consolidamento territoriale. Il processo paramilitare non si è concluso infatti con la desmobilizzazione ma al contrario c'è stato un processo di consolidamento dei gruppi paramilitari (Urabeños e Aguilas Negras) per permettere il continuo despojo (il despojo è il processo mediante il quale a partire dall’uso della violenza si priva in modo permanente individui e comunità dei loro diritti acquisiti come esseri umani, in relazione a terreni, proprietà e diritti sociali, economici e culturali) delle terre e il pieno esercizio del controllo sulle economie legali e illegali nel territorio.
Esiste una forte e diretta relazione tra lo sviluppo di infrastrutture (strade, connessione elettrica, infrastrutture per l’estrazione di materie prime quali oro, carbone, petrolio, costruzione della Panamericana, ecc.) e il conflitto armato. Il despojo è un esempio di relazione diretta tra paramilitarismo e lo sviluppo del complesso delle opere per lo sfruttamento di giacimenti minerari.
In particolare tra Antioquia e Cordoba, dove è presente Operazione Colomba, è in atto un processo molto forte del conflitto in seguito al Piano di consolidamento del Nudo Paramillo ( un vasto parco naturale ricco di risorse minerarie e con molta presenza delle Farc) con l'aumento della presenza della Forza Pubblica e dell'Esercito dettata dalla proposta di “liberare” la zona a favore dei mega progetti per l’estrazione di carbone e oro con numerose vittime tra i civili e continue minacce e pressioni affinché i contadini abbandonino il territorio. Nella diverse regioni del Paese poi la maggioranza dei terreni sono già stati concessi alle imprese ed il controllo è esercitato dai gruppi illegali.
Nella zona di Urabà la presenza paramilitare continua dagli anni 1985-1986, ma mai con un'occupazione totale del territorio come avvenuta dal 2013 ad oggi dove i paramilitari sono entrati in vari villaggi del municipio di San Josè di Apartadò. Si sono verificate situazioni assurde come l’occupazione della vereda Rodoxallì dove la costruzione di case, edifici scolastici, strade è completamente sotto controllo paramilitare. Gli enti pubblici e la Forza pubblica, così come l'esercito stanno lasciando agire indisturbatamente i gruppi armati illegali. Un altro settore completamente sotto controllo dei paramilitari è quello della restituzione delle terre che, secondo quanto riferito dalla Unidad de Tierra (Unità Amministrativa Speciale di Gestione e Restituzione delle Terre Despojadas, entità ascritta al Ministero dell’Agricoltura e Sviluppo Rurale e deputata alla restituzione della terra) i gruppi armati “lascerebbero” reclamare ai contadini solo per una piccola parte di ciò che spetterebbe loro di diritto. Sotto minacce e intimidazioni i contadini sono costretti quindi a richiedere solo pochi ettari di terra e vedono così ancora una volta negato l'adempimento di una legge nata proprio con l'amministrazione Santos come forma di riparazione allo sfollamento subito nel corso di questi ultimi 30 anni (Conosciuta come “Ley de Victimas y Restitucion de Tierras”, nel suo titolo IV capitolo II, crea un procedimento legale per restituire e formalizzare la terra delle vittime di despojo e abbandono forzato presentatosi dal 1 gennaio 1991 in occasione del conflitto armato interno).
La Unidad de Tierra non è capace di affrontare la situazione; accade spesso che non riesca nemmeno ad entrare nei terreni per delle verifiche e che sotto pressione intesti i terreni a falsi proprietari avvallando quindi l'operato di questi criminali.
A partire dalla restituzione delle terre c’è quindi un conseguente controllo nell’uso del territorio, vale a dire che i contadini non possono lavorare la terra come vogliono ma viene detto loro da parte dei gruppi paramilitari, come sfruttare il terreno.
Un ulteriore pericolo, quindi, è che il Processo di restituzione, così come sta avanzando, legittimi la trasformazione del territorio nello sfruttamento deciso dal potere ( imporre ad esempio l'allevamento di bestiame invece che del cacao, o la palma d'olio al posto di riso e yuca, ecc.) o dalle multinazionali.
Secondo quello che risulta dalla Avana il punto che riguarda la restituzione della terra ha già trovato un accordo tra le parti, ma sicuramente di tutto quello che sta accadendo non si è parlato. Come quindi verrà garantita la restituzione della terra ai contadini sfollati e privati di ogni bene?
I dati che seguono danno la dimensione del problema.
L'estensione del territorio colombiano è di 1.684.000 kmq di terra corrispondenti a 117 milioni di ettari. Secondo quanto stabilito dalla legge 2/1959, 54 milioni di ettari sono parchi e quindi Riserva Naturale.
Le riserve indigene corrispondono invece a circa 32 milioni di ettari dei quali solo il 2% è sfruttabile per la semina, mentre il 30% corrisponde a grandi estensioni selvatiche. Il 2% del territorio equivale alla zona andina e il 20% al deserto del Guajamira.
38 milioni di ettari sono incredibilmente destinati ai grandi allevamenti di bestiame; contando che in Colombia ci sono circa 28 milioni di vacche, ciò equivale a dire che una vacca ha a disposizione più di un ettaro! Questi 38 milioni di ettari sono stati creati con la distruzione della selva per poter in seguito seminare prato per il pascolo del bestiame. A Cuba però il tema della terra usata per l'allevamento di bestiame non è stato preso minimamente in considerazione. Un altro dato inquietante è che per 1 ettaro di prato adibito a pascolo c’è bisogno di un investimento di 5 milioni di pesos (circa 2000 euro) per poter tornare a seminare prodotti destinati all'alimentazione umana, per non parlare dei costi di intestazione della terra che dovranno affrontare i contadini.
Alle C.C.A. (comunità afrodiscendenti) corrisponderebbero 6 milioni di ettari di cui solo il 10% è coltivabile e il resto è Riserva naturale.
5 milioni di ettari corrispondono alla zona agricola di cui 3 milioni coltivati. La Colombia importa il 60 % di prodotti alimentari! Servirebbero almeno 14 milioni di ettari destinati all'agricoltura, ma anche su questo alla Avana c'è stato silenzio.
Infine 7 milioni di ettari sono già stati dati in concessione per le imprese multinazionali di estrazione mineraria; 2 milioni di ettari sono in attesa di concessione. Queste terre sono sovrapposte tra la zona agricola e le riserve indigene. Considerando che il 60% della terra in Colombia non è intestata e che metà del capitale nazionale è dettato dalle miniere e dal petrolio, da dove verrà quindi il fondo di terra necessario per la distribuzione delle proprietà alle vittime?