Decine di ex paramilitari stanno tornando in libertà

Colombia

Dall'aprile 2014, scaduti gli 8 anni di reclusione concessi ai paramilitari che si smobilitavano come pena alternativa nell'ambito della cosiddetta “Ley de Justicia y Paz” (Ley 975/05), decine di ex paramilitari detenuti nelle carceri colombiane stanno tornando in libertà; molti di loro sono stati fra i maggiori criminali nella storia del Paese. Si tratta di comandanti di alto e medio livello che, insieme ai loro subordinati, sono responsabili dell'uccisione di più di 30.000 persone, sfollamento forzato, violenza sessuale, reclutamento di minori e altri crimini. Inoltre alcuni di loro sono considerati i massimi responsabili di quelli che la Fiscalia chiama “casos de connotacion”, cioè i massacri come quello di Naya, di Aro e del Mapiripan, le campagne di sterminio dell'Union Patriotica, l'assassinio e la sparizione sistematica di sindacalisti e difensori dei diritti umani.
Lo Stato colombiano deve affrontare la grande sfida nel gestire questo processo fondamentale nelle dinamiche di risoluzione del conflitto a cui sta dedicando sicuramente molte parole. Il 15 di agosto è stata la data di scadenza degli 8 anni di reclusione per 268 paramilitari tra cui 46 esponenti di spicco.

La Legge 975 del 25/07/2005 ha come obiettivo la facilitazione dei processi di pace e la reintegrazione individuale e collettiva alla vita civile dei membri dei gruppi armati illegali che si sono smobilitati (cioè che in un atto collettivo o individuale, realizzato davanti alle autorità competenti, hanno deciso di lasciare le armi e abbandonare il gruppo armato illegale), garantendo alle vittime il diritto alla verità, alla giustizia e alla riparazione con azioni che comprendono iniziative volte alla restituzione, indennizzo, riabilitazione dai traumi subiti, al compenso e alla non ripetizione delle condotte.
La legge regola l'investigazione, il processo, le sanzioni e i benefici giudiziari delle persone vincolate a gruppi armati illegali, come autori o partecipanti a crimini commessi durante l'appartenenza al gruppo, che però hanno deciso di contribuire significativamente alla riconciliazione nazionale; inoltre stabilisce le disposizioni per la reintegrazione di ex membri di gruppi armati organizzati ai margini della legge. Presupposto fondamentale per usufruire dei benefici di questa legge è il rivelare e ricostruire in tutta la loro completezza i delitti per cui si richiede la pena alternativa.
Nello specifico, a trattare della pena alternativa, è l'articolo 29: chi ne beneficia, sostituisce la pena  che sta scontando con un periodo di reclusione tra i 5 e gli 8 anni, a seconda della gravità dei delitti commessi (sotto la giustizia ordinaria molti di loro dovrebbero scontare pene superiori ai 40 anni di prigione). Per ottenere il diritto alla pena alternativa viene richiesto al beneficiario di impegnarsi attivamente alla sua risocializzazione attraverso il lavoro o lo studio per tutto il periodo di permanenza all'interno del carcere. Al termine della pena, se dovesse aver rispettato le condizioni imposte dalla sentenza, gli viene concessa la libertà condizionata.

La legge ha compiuto ora otto anni e l'uscita dal carcere in regime di libertà vigilata di un numero importante di paramilitari, ha riacceso il dibattito. Secondo il ministro della Giustizia Alvaro Gomez Mendez è paradossale che siano uscite solo 14 sentenze nell'ambito dei processi per i crimini confessati in base a questa legge e che dei 32000 smobilitati nelle smobilitazioni collettive meno di 1300 stiano scontando una pena. “Il problema della legge - dichiara - è che è stata disegnata pensando solo a garanzie penali per chi si smobilitava mentre non erano concepiti i diritti delle vittime e men che meno le loro necessità. Resta un debito enorme di verità con i colombiani perché se è vero che alcune verità sono emerse (sono state trovate 4219 fosse comuni, 5423 corpi di cui si riuscì ad identificarne 2604 e restituirne i resti a 1318 famiglie), non si è mai saputo chi finanziava i gruppi paramilitari in termini di macrocriminalità sia economica sia  politica”.
Inoltre, la maggior parte non ha ancora consegnato i beni frutto dell'attività criminale: ad ora sono arrivati solo 104mila milioni di pesos, una somma ridicola di fronte all'entità del despojo compiuto negli anni dai gruppi paramilitari.

In ogni caso lo Stato ha di fronte una sfida non facile: reinserire nella vita civile una piccola valanga di ex combattenti induriti dalle più degradate forme di violenza e  fare in modo che non ritornino alla guerra e non si vincolino con il crimine organizzato. Non è chiaro se sia pronta una politica di reintegrazione. Le istanze da valutare sono tante ed interessano le varie parti coinvolte. Da un lato vi sono le preoccupazioni degli ex-paramilitari per la propria sicurezza: sanno infatti che fuori ad attenderli vi sono parapolitici, narcotrafficanti, militari, ex compagni e molti altri complici dei crimini che hanno raccontato. Così confidò uno degli smobilitati più potenti delle AUC: “Il pericolo maggiore è con i militari, la polizia, il DAS (il principale centro di intelligence statale), la Sijìn (sezione di investigazione criminale della Polizia nazionale), tutti quelli che hanno commesso con noi degli omicidi. Lo Stato ci usò e abbiamo nominato colonnelli che oggi sono generali e imprenditori i quali ci finanziarono. Oggi sono nostri nemici”.
Dall'altro lato vi sono le vittime: in Colombia sono milioni e l'incubo di incontrare nuovamente i propri carnefici è reale. Oltre a questo, si è ancora distanti dal raggiungere la piena verità su tutte le ombre che circondano i crimini commessi. Molti paramilitari usciranno senza aver ancora ricevuto la sentenza di condanna a causa dei tempi dell'apparato giudiziario per i reati compiuti e molte delle istanze a favore delle vittime che la legge ha istituito sono ancora lettera morta.
Infine vi è l'altissimo rischio di riarmo. Solo una minoranza durante la prigionia ha usufruito di programmi di reinserimento mentre per la maggioranza si profila il rischio che si avveri quanto un ex paramilitare dichiarò: “Non ci resterà altro da fare che recidivare. Nella mia regione ci sono state cinque smobilitazioni e non è cambiato niente, gli uomini restano armati. Lo Stato non è pronto, improvvisa sull'improvvisato, continua a rinviare le sue responsabilità. Ricevono le armi e credono che basti questo per avere pace”.
La MAPP-OEA (Mision de Apoyo al Proceso de Paz de la Organizacion de los Estados Americanos), che da anni segue Justicia y Paz, ha identificato cinque zone di attenzione:  Córdoba - Bajo Cauca, Medellín, Urabá, Magdalena Medio e Cesar. Qui si incrociano tutte le sfide della riconciliazione: ritorno degli ex paramilitari, vittime, presenza di bande criminali, narcotraffico e miniere illegali.

Vivendo al lato delle vittime in una delle regioni più interessate dal paramilitarismo, la preoccupazione per la liberazione dei paramilitari è molto alta: danno per certo il ritorno dei loro carnefici nelle file delle Bacrim, definite “bande criminali” dallo Stato colombiano  ma sono in realtà frutto di un processo di consolidamento del paramilitarismo la cui presenza nella regione è più che mai attiva e soffocante. Inoltre non si ha notizia di effettive misure e politiche governative in ottica di reinserimento sociale di queste persone. Altro fatto “curioso” è il totale silenzio dei mass media negli ultimi mesi, in concomitanza cioè all'effettiva liberazione degli ormai (ex?!)-paramilitari.
Nonostante grandi parole di una pace vicina, essa non pare molto reale e ancora meno giusta: gli attori armati del conflitto rimangono gli stessi ed in piena attività.


Fonti:
“La libertad de los paras” pubblicato 27/06/14 su Verdad Abierta.com e su La Semana edicion n.1682.
“Los 200 paras que saldran de la carcel”
Testo Ley 975/05
“La ley de Justicia y paz al banquillo” da la Semana 03/04/14
“A ocho años de la Ley de Justicia y Paz, ¿cuál es el balance?” da La Vanguardia
“Por fin, se conoce la sentencia sobre Ley de Justicia y Paz” da la Semana 13/07/06