Non sarà una firma a decretare la pace

Colombia

Il comunicato sull'accordo riguardante la giustizia transizionale reso pubblico il 23 settembre 2015 alla Avana, indica che si è risolto uno dei punti più complessi del processo di pace, una intesa cruciale per la fine del conflitto più lungo del continente. Senza dubbio la stretta di mano tra il presidente Santos e il leader della guerriglia delle FARC Timoshenko è stata, per molti aspetti, un momento storico.

Nel comunicato congiunto N° 60 “Accordo e creazione di una Giurisdizione Speciale per la Pace”, il Governo e le FARC “[…] riaffermano il proprio compromesso con una formula di giustizia che soddisfi i diritti delle vittime e contribuisca alla creazione di una pace stabile e duratura. Con questo proposito stiamo costruendo un Sistema Integrale di Verità, Giustizia, Risarcimento e Non Ripetizione [...]”.

Quanto concordato all'Avana stabilisce che, alla fine delle ostilità, lo Stato concederà una amnistia più ampia possibile per i delitti politici e gli annessi, tranne quei delitti di lesa umanità, genocidio e gravi crimini di guerra come lo sfollamento, la sparizione forzata, le esecuzioni extragiudiziali, la violenza sessuale e la tortura che saranno giudicati dalla Giurisdizione Speciale per la Pace.

E' importante sottolineare ciò che, invece, è passato inosservato nei mezzi di comunicazione: il quinto punto del comunicato congiunto enuncia che la Giurisdizione Speciale per la Pace avrà competenza rispetto a tutti gli attori che in modo diretto o indiretto abbiano partecipato al conflitto armato interno, includendo quindi le FARC e anche gli “agenti dello Stato” (polizia, militari, politici, impresari e possidenti di terra) sui delitti commessi nel contesto e in ragione del conflitto.

Il principio di base di questa Giurisdizione Speciale di Pace è che più ci sarà verità, meno saranno le sanzioni. Chi riconoscerà le proprie responsabilità e dirà la verità sui gravi crimini commessi durante il conflitto armato, verrà giudicato da Tribunali speciali e dovrà scontare pene tra i 5 e gli 8 anni che prevedono misure di restrizione della libertà e dei diritti, sanzioni che dovranno soddisfare i diritti delle vittime, consolidare la pace e sviluppare una funzione restaurativa e riparatrice dei danni causati. Chi riconoscerà tardivamente le proprie responsabilità sarà sanzionato con una pena dai 5 agli 8 anni di carcere, in condizioni ordinarie. Chi negherà la propria colpa per i crimini commessi, ma la cui responsabilità verrà comunque dimostrata, sarà condannato a una pena di 20 anni di carcere.

Nel decimo punto dell'accordo si contempla anche la trasformazione delle FARC in un movimento politico legale che avrà l'appoggio del Governo nei termini accordati.

Alcune discussioni riguardo il processo di pace vertono poi sulla vastità delle politiche di risarcimento alle vittime e sul processo di Verità, Giustizia, Risarcimento che dovrebbero avere luogo nel corso dello stesso processo di pace. E' chiaro che la totalità delle vittime colombiane non può essere identificata con quelle coinvolte nello scontro armato tra Stato e FARC, dal momento che almeno altri due attori, i paramilitari, alleati incondizionati delle istituzioni, e i narcotrafficanti hanno lasciato impronte di sangue e dolore nel paese negli ultimi quarant'anni. Chi risponderà per questi morti? Chi dirà la verità? Come saranno risarcite le vittime? sono alcune delle domande che non trovano risposte nel processo di pace che sta avvenendo nell'isola caraibica e il cui abbordaggio suggerirebbe niente meno che un giudizio generalizzato delle istituzioni colombiane dove l'oligarchia nazionale e regionale, i membri dei principali gruppi finanziari ed economici del paese avrebbero molte “cose” da raccontare.

Per il 2016 la previsione di spesa del governo nazionale relativa alle spese per la difesa e la sicurezza equivale a 30 miliardi di pesos, solo un miliardo di pesos in meno rispetto alle risorse destinate all'educazione in Colombia, paese nel quale si assegna molto più denaro al sostentamento della guerra che non alle spese pubbliche come il lavoro, la protezione sociale, la salute, la casa, lo sviluppo della scienza e della tecnologia. Silenziare i fucili, diminuire un enorme contingente di più di 500.000 uomini armati (quasi quattro volte i soldati della forza armata del Brasile, per difendere un territorio sette volte più piccolo), diminuire le spese per gli armamenti e le munizioni, potrebbe permettere allo Stato di reinvestire le risorse nella crescita e modernizzazione delle infrastrutture, incrementando considerevolmente le spese pubbliche in settori come l'educazione e la salute in grave crisi da più di due decenni. Non è solo una questione di soldi, si tratterebbe soprattutto di meno sofferenza, meno sangue e meno dolore in Colombia.

La pace beneficerà, inoltre, impresari e investitori che stanno già mirando alle risorse naturali ubicate in spazi di occupazione e conflitto armato in diverse regioni del paese.
L'esperienza di paesi come il Guatemala, illustra la necessità di implementare misure di tutti tipi per evitare che l'estrazione intensiva di queste risorse generi danni all'ambiente e alle popolazioni che abitano quei territori.
Non si può considerare “terminato” un conflitto durato decenni e che ha causato milioni di vittime, per poi aprire le porte alle corporazioni e alle imprese straniere interessate solo all'estrazione delle risorse naturali, e produrre nuovamente morte, sfollamento e dolore.

 

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Un lungo discorso quello letto da Santos, prima, e Timoshenko, poi, sul raggiungimento dell'accordo. Ma cosa ne pensano, loro, le vittime dirette di tanta violenza? Cosa può essere passato per la testa di un umile contadino che a causa del conflitto armato ha dovuto subire la perdita di figli, fratelli, genitori? Cosa mai potrà aver pensato Brigida, leader storica della Comunità di Pace che ha fatto della nonviolenza l'unica vera arma del conflitto?

Queste le sue risposte ad alcune nostre domande, poste durante uno scambio di idee e di preoccupazioni, in un pomeriggio torrido, mentre lei seduta su quella sedia con le mani sempre in movimento era intenta a creare una nuova opera d'arte.

 

Cosa hai pensato subito dopo aver ascoltato il discorso di Santos e Timoshenko dove comunicavano l'avvenuto accordo sul punto della giustizia transizionale?

“Per me, e parlo come Brigida, quanto detto il 23 settembre alla Avana è solo uno schermo, una visione di facciata. I paramilitari si sono già pronunciati, andranno a recuperare quei guerriglieri che non si smobiliteranno. La pace di cui loro parlano significa la consegna del paese agli investitori stranieri con l'appoggio del paramilitarismo che si prenderà il paese. Il problema è molto complesso. Non ci sono solamente le FARC come attori del conflitto armato.”

 

Riguardo invece le critiche mosse da Uribe?

“Uribe è molto preoccupato perché nell'accordo è stato chiaramente definito che nella Giurisdizione per la Pace entreranno anche presidenti e militari responsabili di crimini di lesa umanità.”

 

Cosa succederà se verrà firmato l'accordo definitivo?

“Non tutti i guerriglieri si consegneranno alla giustizia, ma entreranno a fare parte di altri gruppi come i paramilitari o creeranno nuovi attori armati. Secondo me, e ti ripeto, parlo come Brigida, succederanno cose gravissime se verrà firmato l'accordo. La Comunità di Pace ne è un esempio: ora che i militari e la guerriglia hanno, per il momento, cessato gli scontri, Rojas (comandante della XVII brigata operativa nei villaggi di San Josè de Apartadò, ndr) ha messo in atto un attacco feroce contro la Comunità di Pace per il nostro continuo denunciare tutte le violazioni ai diritti umani perpetrate dai vari gruppi. Siamo una comunità dignitosa, non ci silenzieranno. Nè ora né mai. In Colombia non è permesso un pensare differente. Mi ricordo bene nel '67, qui in Urabà, quanti morti per semplicemente aver avuto un pensiero differente. Siamo nel 2015. Quante persone uccise quest'anno per aver osato esprimere un'idea? Sarà la mia negatività, ma io non credo a tutto questo”.

 

Perché non credi a quanto sta avvenendo alla Avana?

“La Pace la vogliamo tutti, ma non nella forma con la quale loro la stanno proponendo. Da dove viene tutta la criminalità, tutta la violenza che si respira in questo paese? Dalla disuguaglianza sociale. Quanta gente povera vive in Colombia, nei quartieri più isolati delle grandi città? Quante promesse? Il governo ha mai fatto qualcosa per queste persone? E la maggior parte sono sfollate a causa della guerra. Nella costa pacifica i bambini stanno morendo di fame. Nella costa atlantica sono in un grave stato di denutrizione. Il fiume Magdalena è sceso di ben 3 metri! La gente non può più pescare né navigare. La famiglia Uribe ci ha costruito una diga per vendere acqua alla Spagna. La gente non sa, non conosce, è ignorante e pensa che il motivo del prosciugarsi del fiume sia dovuto alla siccità e non alla costruzione della diga. Quanta gente è morta? Solo Dio lo sa. Dov'è la giustizia?”

 

Arriverà mai una vera pace in Colombia Brigida?

“Finché ci sarà nell'essere umano la visione di voler spogliare la nostra terra con le sue risorse naturali non ci sarà pace nel paese.

Finché ci sarà povertà, disoccupazione, non ci sarà pace nel paese.

Finché nel cuore dell'uomo vivrà l'odio, la vendetta, vivrà l'io non perdono, questo merita di morire, non ci sarà pace in Colombia.

Finché la forma di espressione proposta dai mass media fomenta l'accanimento contro l'altro, non ci sarà pace.

Finché non ci sarà giustizia vera, non ci sarà pace.

Finché non ci sarà la volontà politica di tutte le parti e una dimostrazione reale della stessa, non ci sarà pace.

Noi siamo venuti al mondo per vivere come fratelli e lavorare la terra assieme.

Solo risollevando la dignità di ogni persona si potrà pensare ad una vera Pace.

Parlano di pace come se stessero costruendo una nuova casa dal tetto invece che dalle fondamenta di una volontà reale del cuore, senza odio né vendetta.

La pace rinuncia alla violenza, qualunque essa sia.

La pace giusta, non è quella imposta perché anche il dominio, è violenza”.