Difensore dei Diritti Umani in Colombia

Colombia

Durante l'anno 2015 sono stati uccisi, nel mondo, 156 difensori dei Diritti Umani. Uno su tre era colombiano. In America Latina, tra gennaio e novembre 2015 sono stati assassinati più di 87 difensori dei Diritti Umani, 54 dei quali colombiani, Paese in testa per il secondo anno consecutivo a questa cruente statistica secondo Front Line Defenders (FLD), una ONG irlandese che ha appena pubblicato un documento nel quale analizza il problema a livello mondiale (www.frontlinedefenders.org).

La Colombia rimane ancora una tra le Nazioni più pericolose per l'esercizio di questa attività.
La maggior parte degli assassini sono avvenuti contro coloro che difendono i diritti della popolazione indigena, dell'ambiente e della terra, questi ultimi vincolati all'aumento di mega-progetti relazionati soprattutto all'estrazione mineraria.
Nonostante la presenza fondamentale di questi attivisti per le comunità locali e soprattutto del loro ruolo in uno scenario di post conflitto, i difensori dei Diritti Umani in Colombia lavorano in precarie condizioni e senza protezione da parte dello Stato.
Carlos Guevara, coordinatore del sistema di informazioni di Somos Defensores, una ONG colombiana che monitora la situazione dei difensori dei Diritti Umani, trova le radici dell'aumento delle aggressioni in due punti congiunturali: i negoziati di Pace in corso a Cuba e la mancanza di volontà politica da parte della Fiscalia (magistratura) a investigare i crimini commessi.
Sul primo punto segnala come “il livello di minacce collegato al tema della Pace è abbastanza elevato perché sono gli attivisti che stanno dando impulso nelle regioni e si mettono quindi contro gli interessi di tutti coloro che non vogliono la Pace”. Le massive minacce tramite volantini sono aumentate vertiginosamente dal mese di settembre del 2014, da quando cioè si è iniziato a consolidare il processo di Pace alla Avana e varie vittime del conflitto armato hanno viaggiato a Cuba all'interno dei colloqui sul quinto punto dell'agenda riguardante, per l'appunto, le vittime della guerra.
Per quanto riguarda il ruolo della Fiscalia, nel documento “Los nadies” (I nessuno) del Programa Somos Defensores, si conclude che “non esiste una volontà politica e amministrativa per condannare i responsabili delle aggressioni contro i difensori dei Diritti Umani in Colombia”. Un esempio sono i mancati risultati per le minacce contro più di 800 difensori dei Diritti Umani ad opera delle Aguilas Negras, Los Rastrojos e le Autodefensas Gaitanistas (gruppi neoparamilitari) negli ultimi 5 anni. La Fiscalia, secondo Guevara, si è convertita “in uno dei principali sostenitori della violenza contro i difensori dei Diritti Umani perché non investiga i fatti e questa impunità incentiva gli aggressori a continuare gli attacchi”.
Lo scorso 16 gennaio, un altro assassinio a una leader sociale del Catatumbo. Il corpo della donna portava i segni di cinque colpi d'arma da fuoco. Nelly Amaya, sopravvissuta al genocidio della UP (Union Patriotica) ha dedicato gli ultimi anni lavorando con l'associazione contadina del Catatumbo, Ascamcat. I contadini della zona hanno raccontato a VerdadAbierta.com che la maggior parte delle volte in cui si presentavano conflitti con gli attori armati per il controllo territoriale del narcotraffico o per i costanti combattimenti, Nelly mediava in modo tale che la popolazione civile non risultasse né colpita né segnalata. Queste sue azioni l'hanno portata ad essere nuovamente vittima di minacce da parte dei gruppi paramilitari.
Questo l'ultimo comunicato emesso dall'Associazione contadina del Catatumbo: “Crediamo fermamente che tutti gli sforzi in atto per raggiungere la Pace debbano condurre e materializzarsi, fin da ora, a rispettare e garantire la vita di tutti i cittadini, dare garanzie ai dirigenti sociali e difensori dei Diritti Umani per il loro lavoro per la Pace con giustizia sociale, dignità e difesa del territorio”.