Un blocco armato di 48 ore ha paralizzato anche Antioquia

Colombia

All'alba del 30 marzo le cittadine di almeno 8 regioni della Colombia, tra cui Antioquia e Cordoba dove operano i volontari di Operazione Colomba, sono state ricoperte da volantini che annunciavano, dalla mezzanotte del 31 sino alla mezzanotte del giorno successivo, un blocco armato indetto dalle autodenominate AGC (Autodefensas Gaetanistas de Colombia) capeggiate nell'Urabà da Otoniel Usuga.

Il così detto “paro” prevedeva la completa sospensione di qualsiasi attività commerciale, accademica e di trasporto. Con tale atto i paramilitari dichiaravano apertamente il loro potere ed il controllo territoriale esercitato con la violenza ed il terrore esattamente come 20 anni fa.
Attraverso le emittenti radiofoniche, la forza pubblica e lo stesso governo, per voce del Presidente Manuel Santos, invitavano i cittadini a non avere paura, assicurando che polizia ed esercito li avrebbero protetti.
Niente di più falso. Già dalle prime ore del 31 marzo le poche pattuglie di polizia presenti nelle strade di Apartadò, così come di altri paesi, sono state attaccate dai paramilitari che indisturbati hanno imbrattato i muri delle cittadine con le loro sigle ed i loro messaggi.
In solo 24 ore il bilancio è stato di 6 morti tra cui due civili trucidati per non avere rispettato le regole del blocco indetto dalle AGC. Banche, negozi, enti pubblici che hanno cercato di non chiudere le attività, dopo poche ore dall'apertura sono stati costretti a chiudere i battenti a causa delle minacce fatte arrivare direttamente dagli uomini delle AGC.
Le cittadine erano deserte, i pochi giornalisti locali scesi in strada per documentare i fatti sono stati aggrediti e minacciati dalla Polizia infastidita dall'idea che la verità di ciò che stava accadendo fosse ben diversa da ciò che lo Stato stava dichiarando e cioè che tutto era sotto controllo.
Persino il piccolo paese di San Josè, “protetto" da basi di Polizia ed esercito e notoriamente “zona rossa” per la presenza storica della Farc, si è trasformato in una cittadina fantasma.
Non solo, il terrore è stato così grande che il blocco si è protratto per altre 24 ore in moltissime città e paesi.
Le decine di leader sociali e difensori dei diritti umani assassinati in questi primi mesi dell'anno per mano dei paramilitari sarebbero dovuti già essere un segno di grande allarme per quello che è a tutti gli effetti il potere delle AGC.
Ma uno Stato sordo, che continua a definire questi gruppi “bande criminali”, come può essere credibile nelle sue proposte al tavolo delle trattative di pace a Cuba?
Quello che è accaduto dimostra che l'interesse politico ed economico intorno all'esito delle trattative a L'Avana è strettamente legato al potere delle armi più che a una volontà politica di pace.

Qui di seguito una parte di un articolo tratto da verdadabierta.com che evidenzia i vincoli tra il blocco armato ed i movimenti politici di opposizione al processo di pace:
http://www.verdadabierta.com/rearme/6225-gaitanistas-le-hablan-con-armas-al-proceso-de-paz

[...] I due giorni di blocco armato imposto dalle AGC risvegliano il fantasma di una nuova fase del fenomeno paramilitare. La paralisi di 36 municipi e di 8 regioni, così come gli omicidi di membri della forza pubblica, danni vari e decine di veicoli bruciati, dimostrano che questo gruppo armato è lontano da perdere il suo potere, in particolare nei dipartimenti di Antioquia, Cordoba e Chocò. In un comunicato, i “Gaetanisti” hanno affermato di volere la chiusura di tutte le attività per commemorare la morte di Francisco Morelo Penate, alias “Negro Sarley”, capo militare e secondo in comando, che perse la vita durante un'operazione militare il 24 Aprile 2013. Nonostante questo, la data scelta genera sospetti tra gli analisti e gli investigatori del conflitto armato: il blocco è iniziato un giorno dopo che si sono intavolati gli accordi con l' ELN ed è terminato il giorno prima della marcia programmata dal Centro democratico, in opposizione al processo di pace tra il governo e la guerriglia delle FARC.
Nello stesso comunicato hanno evidenziato il loro appoggio ai “desideri di pace della maggior parte dei colombiani” e ripetono il loro interesse ad essere tenuti in considerazione in una eventuale negoziazione. In risposta, il Presidente Santos ha assicurato che in nessuna circostanza gli darà il trattamento politico che chiedono perché si tratta di una organizzazione criminale narcotrafficante […].
Nonostante ciò, in un documento sequestrato dalla Magistratura durante l'operazione “Agamennone” (operazione di polizia contro il Clan Usuga ndr.) in una scuola di formazione di questa struttura criminale nella zona selvatica di Unguia, Choco, nel 2015 , si legge: “Per il 2018, le “Autodefensas Gaitanistas de Colombia” saranno un attore armato e politico che cercherà di intavolare negoziazioni con il governo nazionale”.
Ancora mancano 2 anni perché il gruppo illegale raggiunga il suo obiettivo e ottenga una fine “negoziata” al suo comportamento criminale. Nonostante le operazioni promosse contro di esso da 2 anni e più, i loro portavoce hanno richiesto una uscita “degna” per gli affiliati della organizzazione e per altri gruppi armati del Paese [...].