Tra speranza e paura

Colombia

Da un lato la speranza. Dall’altra la paura. Esseri umani in guerra da 50 anni. Tanti, troppi. Arriva la notizia della chiusura delle negoziazioni grazie al raggiungimento di un accordo definitivo tra Governo e guerriglia delle FARC. Festa a Bogotà, la gente scende in piazza. Silenzio nelle zone rurali, la gente, stanca dopo le solite dure giornate di lavoro nei campi, apprende la notizia, chi steso sulla amaca, chi seduto a terra in attesa del classico piatto di riso e fagioli.

Non si nota entusiasmo. Solo chi ha vissuto sulla propria pelle questa maledetta guerra ne conosce le ferite, la maggior parte delle quali ancora aperte per un balsamo lenitivo sempre promesso ma spesso mai arrivato. Impressiona la loro compostezza. Mentre giornali e telegiornali nazionali e internazionali pubblicano la notizia celebrando l’avvento della pace, loro, vittime indifese del conflitto armato, rimangono nella loro natura, una partita a domino e le luci del villaggio si spengono.
Sarà però rimasta accesa una piccola fiaccola di speranza quella sera?
Forse sì, forse no. Si ha la sensazione di essere in una zona grigia. Loro che hanno lottato e lottano senza armi per cercare la pace, loro che hanno continuato ad amare e amano i propri nemici, senza mai provare rabbia e odio, perché rabbia e odio marciscono i cuori, loro che hanno sempre messo davanti prima l’uomo e poi il violatore, non festeggiano questo 24 agosto. “Verranno momenti difficili...” ti senti dire… “ma la speranza di un mondo migliore è sempre viva”. Come è sempre viva la paura. Non dimentichiamoci che l’altra guerriglia storica del paese, l’Esercito di Liberazione Nazionale, è ancora attiva nel Paese e non è ancora giunta ad un minimo accordo con il Governo colombiano. Non dimentichiamoci la presenza dei gruppi paramilitari. Non dimentichiamoci tutte le violazioni che la popolazione civile deve subire per l’operato di alcune imprese. E non dimentichiamoci, per favore, che la pace in Colombia non è arrivata, come troppo spesso purtroppo sto leggendo. Continuiamo a sperare.
Nemmeno il tempo di scrivere queste righe, un messaggio fa squillare il telefono: “Sono entrati i paramilitari in un villaggio, ci stiamo preparando per andare”.
E di nuovo, la paura.
In silenzio, riprendiamo il cammino...

S.