E quindi, chi comanda in Urabà?

Traduzione dell’articolo online “Y entonces quién manda en Urabá?” estratto dal sito www.semana.com 
Di Juan Diego Restrepo E.

L’ultimo recente sciopero dei produttori di banane nell’Urabà antioqueno ha avuto un ingrediente che ha fatto infuriare i suoi leader: il governatore di Antioquia, Sergio Fajardo, ha denunciato che, nella protesta, si sarebbero infiltratati alcuni gruppi appartenenti agli “Urabeños”, conosciuti anche come “Clan Usuga” e “Autodefensas Gaitanistas de Colombia” (AGC). L’annuncio era sostenuto da alcune informazioni dell’intelligence della Polizia e dell’Esercito.


È chiaro che a nessuna delle persone partecipanti alla protesta, qualsiasi sia la ragione, fa piacere essere vincolate a gruppi armati illegali perchè ciò va a delegittimare il loro diritto a mobilitarsi per la tutela dei loro diritti e le autorità si aggrapperebbero a questo vincolo per rifiutare qualsiasi reclamo. È un gioco perverso senza fine nel quale termina sempre sacrificata la gente comune. 

Ciò nonostante, è cosa evidente che le AGC, sorte nell’agosto del 2006 una volta conclusa la desmobilitazione collettiva dei distinti blocchi e fronti delle “Autodefensas Unidas de Colombia” (Auc), si stanno consolidando nell’Urabà antioqueño come dimostrano due informi di cui ho preso conoscenza, uno statale e uno di un’organizzazione non governativa.

Il primo proviene dal “Sistema de Alertas Tempranas” (SAT) della “ Defensoria del Pueblo”. Si tratta dell’ “Informe de Riesgo N. 012-14A.I.”, uscito lo scorso 10 giugno e trasferito a “Alerta Temprana” il 18 dello stesso mese da parte della “Comisión Interinstitucional de Alertas Tempranas” (CIAT) nella quale confluiscono varie entità ed è capeggiata dal Ministero dell’Interno e dal Ministero della Difesa i quali hanno il compito di attivare diversi meccanismi di controllo per proteggere le comunità.

L’informe, descrive ciò che, dall’anno scorso, sta succedendo nelle aree rurali dei municipi di Carepa, Apartadò e Turbo: “Le AGC annoverano tra le proprie file gruppi di uomini uniformati e armati che si ubicano strategicamente in vari settori della zona”. Si fa riferimento, nell’informe, ai villaggi di Piedras Blancas (Carepa), San José de Apartadó (Apartadò) e Nueva Antioquia (Turbo).

A partire da questo controllo sono riusciti a consolidare un cordone strategico che conduce alla Serranía de Adibe, enclave delle coltivazioni di foglie di coca, dei laboratori per il processo della pasta base e della sua successiva cristallizzazione per estrarre il cloridrato della cocaina ed esportarlo nei mercati internazionali utilizzando i porti naturali nel Golfo di Urabá.

Le AGC hanno però adottato una strategia che va aldilà della vigilanza territoriale e che deve far riflettere su come sta operando questo gruppo armato. Secondo l’“Informe de Riesgo”, sotto gli ordini delle AGC si stanno costruendo 48 case nel villaggio di Rodoxallí (Turbo), con il fine di consegnarle ai contadini che provengono dalla zona nord di Urabá. Inoltre, hanno costruito 25 km di via per il transito di persone e veicoli tra questo villaggio e il centro urbano di Nueva Antioquia.

Una delle domande che sorgono nel leggere il documento è: com’è possibile la costruzione di queste opere senza che nessuno si chieda da dove arrivano i soldi per realizzarle? Qual è il compromesso a cui è sceso la popolazione beneficiaria di queste opere? Saranno avvallate localmente? Mettono a rischio la loro vita per accettare questo “omaggio”?

Questi tipi di interventi, avverte l’informe, “sono parte di una politica sociale avanzata per il gruppo armato che ha generato la sottomissione violenta della popolazione civile al loro controllo. Così, la strategia delle AGC è stata quella di fare incursione nei villaggi, sfollare e intimidire la popolazione e sviluppare forme di controllo sociale attraverso censimenti, pressioni contro le giunte comunali dei villaggi e incentivando il ripopolamento”. Ci sono già riusciti nel nord dell’Urabá e ora avanzano verso il centro della regione senza, sembra, nessuno in grado di fermarle.

La Forza Pubblica non deve far fronte a un qualsiasi gruppo criminale, si tratta di un’organizzazione illegale che si è ben posizionata con sangue e fuoco in diverse zone di Antioquia e del nord del paese e che ora accompagna le sue azioni con interventi sociali atti a generare una specie di solidarietà tra i beneficiari i quali determineranno le loro azioni davanti alle autorità legalmente costituite.

L’altro informe è stato elaborato alcuni mesi da un’agenzia internazionale della quale non vado a rilevare il nome. In questo documento si fa riferimento a quanto sta succedendo nei municipi di Arboletes, Necoclì, San Pedro de Urabà e Turbo. Anche se si ammette che c’è un miglioramento nelle condizioni di sicurezza rispetto al passato, quando le Auc dominavano la regione, è certo che questa situazione è dovuta, in parte, “perchè i leader, le organizzazioni sociali e le comunità in generale, sanno, conoscono e osservano i limiti stabiliti dagli attori illegali [...]. Esistono quindi alcune linee immaginarie che segnalano il limite fino a dove la popolazione può agire e il rispettare questi confini si è convertito in uno dei principali codici di sopravvivenza”.

L’investigazione in questo campo ha evidenziato che questa tendenza si percepisce nella circoscrizione El Tres e Pueblo Bello del municipio di Turbo, cosi’ come a Santa Catalina e El Tomate di San Pedro di Urabà, e nel Guadual e El Carmelo ad Arboletes, che costituisce la zona nord dell’Urabá antioqueño e che si costituisce nell’asse di azione delle AGC tanto per le sue attività illecite legate al narcotraffico, tratta di persone e contrabbando come per quelle opere che sono da loro qualificate di “politica sociale”.

Ciò che si sta consolidando nell’Urabá antioqueño, e sembra senza molti ostacoli, è una forza armata illegale che sa intervenire socialmente in quelle comunità dove hanno conquistato terreno a sangue e fuoco, creando un immaginario gravissimo per la governabilità: le AGC come il miglior datore di lavoro della zona e come l’organizzazione più efficiente per risolvere i problemi generati dall’assenza dello Stato.

Questa situazione, secondo quanto scritto nel documento di analisi dell’agenzia internazionale, produce due effetti negativi: “da una parte l’inclusione di giovani senza opportunità economiche nelle attività illecite; dall’altra, la persistenza della dipendenza delle comunità ai benefici economici che possono dare questi attori armati illegali”.

L’allerta è data, e vista la situazione non resta che chiedersi:
“E quindi, chi comanda in Urabá?”