Custodi del Creato

“Chiamati per nome e come popolo camminiamo insieme attenti agli ultimi della storia, alle parti più sanguinanti del creato”

Insieme ad un altra volontaria, oggi abbiamo accompagnato un uomo a svolgere il suo lavoro nel campo: raccogliere delle cabosse, il frutto dell'albero di cacao.
Una volta aperte le cabosse, l'uomo ne ha estratto i semi, che ha poi conservato per poterli seminare, dando così vita a delle nuove piantine di cacao, che nel giro di tre anni daranno nuovi frutti. Quest'uomo è un umile contadino.
Quello che lui desidera è semplicemente essere libero di lavorare la propria terra e vivere felicemente la propria vita nel suo Paese, la Colombia.
Quest'uomo è stato più volte minacciato di morte.

È quindi necessaria una presenza internazionale che lo accompagni per garantirgli la sicurezza di non essere ucciso durante il suo lavoro nei campi o i suoi spostamenti.
La sua vita, come la vita di altri uomini, donne, anziani e bambini che costituiscono la “Comunidad de Paz” di San José de Apartadó, sono minacciate.
Io, noi, i volontari di Operazione Colomba siamo qui come scorta civile non armata e nonviolenta della Comunità di Pace, il nostro ruolo è anche quello di osservatori internazionali che denunciano le violazioni dei Diritti Umani.
Accompagnando quest'uomo oggi, noi gli abbiamo garantito la sicurezza di non essere ucciso, di poter svolgere quell'azione, tanto semplice quanto bella, di prendersi cura del suo campo in santa pace, senza il rischio che qualcuno andasse lì a minacciarlo o peggio a colpirlo.
Oggi noi abbiamo accompagnato lui, ma anche lui ha accompagnato noi.
Abbiamo camminato insieme per circa mezz'ora.
Lui camminava davanti e noi lo seguivamo.
Noi attenti a garantire la nostra e la sua sicurezza, lui attento alla nostra incolumità perché la selva colombiana è piena di sorprese e una distrazione potrebbe costare caro.
Abbiamo chiacchierato e ci siamo raccontati le particolarità della nostra cultura.
Ci ha guidati in un cammino nel bel mezzo della selva e siamo arrivati a destinazione nella piantagione di cacao.
Abbiamo camminato insieme, siamo così uguali.
Eppure il fatto che lui sia minacciato di morte mi fa sentire irrequieto, non riesco ad accettare che, avendo lui fatto una scelta di pace, lo vogliano eliminare a tutti i costi.
Oltre ad accompagnare lui, capita spesso di accompagnare altre persone della Comunità.
Talvolta facciamo dei lunghi accompagnamenti che comportano 5 o 6 ore di cammino per raggiungere gli altri villaggi della comunità, disseminati sul territorio.
Camminiamo insieme per ore ed ore, condividendo la stessa fatica sia fisica che mentale, ma anche la felicità dello stare insieme e del trascorrere la nostra vita immersi in quella natura così rigogliosa.
Camminiamo per i sentieri di terra battuta creati negli anni dal passaggio di persone ed animali, in mezzo a prati variopinti con fiori e alberi immensi, farfalle che colorano il cielo, uccelli che intonano melodie e sorgenti dalle quali sgorga un’acqua cristallina che disseta noi, quando ci passiamo accanto, e gli animali e le piante che popolano quella foresta.
Questa zona è ricca per varietà e bellezza, è una delle massime espressioni del Creato.
A volte, camminando in questi sentieri, il mio sguardo si perde ad osservare la natura che mi circonda e mi capita di pensare a tutte le vittime della violenza in questi luoghi, al sangue versato nel mezzo di questa natura, sangue di guerra e violenza, che non ha smesso di scorrere tra i gruppi armati, ma soprattutto sangue versato di civili innocenti che avevano scelto di dire no a guerra e violenza, preferendo tutelare quel patrimonio naturale che gli era stato affidato in pace e armonia.
Quando lo penso, il disegno perfetto del Creato, mi si contorce per un attimo, perché per tutto quello che è successo e succede in Colombia, la responsabilità è anche mia.
È di tutti noi.
Quando non siamo in accompagnamento, condividiamo le nostre giornate insieme alle persone che vivono in Comunità e a volte mi chiedo cosa pensa San Francesco di noi.
Sì, San Francesco d'Assisi.
Mi piace immaginare che sia contento nel vederci custodi dei custodi del Creato.
Marco Iuffrida, giornalista, in un suo pezzo scrive: “in verità l'essere custode del Creato non riguarda solo il Santo d'Assisi o il cristiano, ma tutti.
È un atto di comunione e amore che coinvolge il mondo degli uomini e delle cose.
E così il sogno di Dio combacia con quello di San Francesco e della civiltà intera: rispetto per l'ambiente in cui si vive e si lavora, per le opere dell'uomo, cura per le azioni quotidiane, per la persona con cui s'è scelto di condividere la vita, per i figli propri e altrui.
Custodire la verità corrisponde a proteggere un desiderio nel cuore”.
Credo che quello che vivono la persone della Comunità è esattamente un atto di comunione e amore che coinvolge gli uomini e le cose.
Lo stesso amore che coinvolge anche me, anche noi che siamo qua.
Rispettano la natura queste persone, lavorano la propria terra, coltivando riso, fagioli, canna da zucchero, lenticchie ed altri prodotti per sfamarsi.
Coltivano mais per sfamare gli animali, che a modo loro ricambiano, chi con le uova, chi con il latte.
Muli e cavalli trasportano le persone e i carichi, ma quando sono a riposo hanno a loro disposizione verdi pascoli per nutrirsi e poter correre liberamente.
Infine ci sono le coltivazioni di cacao che, una volta fatto essiccare, viene poi venduto ad aziende nazionali ed internazionali dando un introito a chi lo coltiva.
Rispetto per il Creato rispetto per la Vita.
Questo è quello che respiro qui.
In 22 anni la Comunità di Pace ha pagato con la vita di 300 persone innocenti la decisione di rifiutare la guerra e custodire la verità.
La memoria delle vittime di questo processo di vita della Comunità è sempre nel cuore di chi oggi sta continuando questo cammino di pace.
Continueremo a camminare insieme.
Insieme siamo la forza del Creato!    

D.