La voce del popolo oppresso

Mi chiameranno sovversivo: e io gli dirò:” lo sono. Per il mio popolo in lotta, vivo. Con il mio popolo in marcia, cammino”. (Padre Casaldàliga)

Da diversi giorni migliaia di cittadini colombiani si sono riversati sulle strade delle principali città del Paese per marciare pacificamente ed esprimere il loro dissenso alla riforma fiscale. La riforma rappresenta una vera e propria ghigliottina per tante famiglie che già stanno pagano da un lato le conseguenze economiche della pandemia e dall’altro la violenza contro i leader sociali ed ambientali per mano delle strutture neo-paramilitari, della dissidenza delle ex FARC-EP e della guerriglia dell’ELN che controllano varie zone del Paese e non permettono di vivere in pace.
Le proteste sono apparse fin da subito come la continuità di quel grido di giustizia sociale e di diritto che era iniziato giusto qualche mese prima della pandemia in Cile come in Colombia.

Ma mai nessuno si sarebbe aspettata una repressione così violenta contro la popolazione indifesa da parte delle forze dell’ordine. Le città di Bogotà e Cali, in particolare, si sono infiammate sotto i colpi delle bombe sonore, dei lacrimogeni e di veri proiettili sparati ad altezza uomo dalle forze dell’ordine. La protesta ha preso subito i contorni della tragedia, dove la barbarie di una cieca violenza, ha avuto come obiettivo altri esseri umani ed ha fatto da padrona al di là di ogni ragionevolezza e buon senso. Con la “scusa” di fermare alcune persone responsabili di atti vandalici, la forza pubblica ha indistintamente represso in maniera violenta i manifestanti, tanto che ad oggi, secondo i dati di alcune agenzie per i Diritti Umani, si contano oltre 30 morti tra i civili, 2 poliziotti, più di 90 “desaparecidos”, centinaia di arresti arbitrari e più di 1000 feriti.
Ma la voce del popolo oppresso si è alzata ancora di più per reclamare con tutte le forze l’attenzione della comunità internazionale e di tutte le organizzazioni per i Diritti Umani.
All’annuncio, dopo tre giorni di protesta, del possibile ritiro della riforma tributaria, la gente è rimasta lì in piedi, a pretendere dignità e giustizia per la morte di tanti innocenti ma anche per far sapere al mondo fino a che punto lo Stato e la forza pubblica, che li dovrebbe difendere, sta invece attaccando la gente scesa in strada. Scene di orrore dove si vedono innocenti cadere, mentre camminano pacificamente, sotto i colpi di pistola dalla polizia; i giovani soprattutto, brutalmente picchiati di fronte ad amici e familiari inermi, arresti arbitrari e sparizioni.
I colpi dei fucili, le minacce e gli insulti non hanno risparmiato anche tutte quelle persone che stavano monitorando la situazione. La stessa missione di verifica conformata da funzionari ONU, Chiesa Cattolica e altre entità e difensori dei Diritti Umani è stata attaccata a Cali mentre verificando appunto le condizioni di alcuni manifestanti arrestati.
Straziante l’appello dei genitori di Santiago Murillo assassinato durante le proteste ad Ibaguè che hanno chiesto agli amici del figlio di non ritrovarsi in gruppo per commemorare Santiago per evitare di cadere nelle provocazioni della forza pubblica dando così loro la scusa di attaccare o uccidere. La mamma di Santiago ha supplicato i giovani amici del figlio di non ricorrere alla violenza, di rimanere calmi; un appello che spezza, con la forza delle lacrime e dell’amore per l’altro, una catena infinita di violenza e riporta le coscienze della gente disperata alla unica fonte che li può salvare: la nonviolenza appunto.

Maestri di tanta superiorità etica e morale sono i membri della Comunità di Pace violentati ogni giorno dai poteri più forti, ma che con le loro scelte, marcano il loro destino; l’odio, la violenza e la vendetta non albergano nemmeno nel più recondito angolo del loro cuore e della loro mente.
Così vive un popolo oppresso, manifestando il proprio diritto di esprimere in libertà il dissenso, disposto a portare avanti la lotta anche per chi non ce la fa; una marcia continua verso il futuro che non è domani ma già oggi, spartiacque tra chi sceglie il bene e chi il male.

Foto Observatorio de Realidades Sociales de la Arquidiócesis de Cali