Bandiera capovolta: la richiesta di attenzione

La bandiera della Colombia, dove il colore giallo rappresenta la ricchezza del Paese, l’azzurro l’acqua che possiede e il rosso il sangue versato per l’indipendenza, è, dal 28 aprile scorso, esposta capovolta da parte di migliaia di colombiani, come forma di protesta pacifica per richiamare l’attenzione della comunità internazionale su quanto sta avvenendo nel Paese.
Una espressione davvero forte e inedita.
Continuano infatti le manifestazioni in Colombia e purtroppo continua anche la violenta repressione.
Le organizzazioni non governative Indepaz e Temblores hanno inviato alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani un report sulle diverse forme di violenza da parte della polizia denunciate dalla cittadinanza.
Nel loro ultimo comunicato, pubblicato lo scorso 13 maggio 2021, si registrano 2110 casi di violenza da parte della polizia che non tengono conto delle persone date per desaparecidos.

Risultano 39 le denunce di omicidio attribuibili alla polizia.
Ma il popolo colombiano ha perso la paura nonostante tanta brutalità e continua, nella maggior parte delle marce pacifiche, a sventolare bandiere, a innalzare cartelli con messaggi al mondo, ad utilizzare las cacerolas1, a pitturare, a cantare e a ballare in un momento, a detta di molti, storico per la Colombia, segnato da una genuinità, autenticità e dignità di tanti settori della società civile che non hanno davvero più nulla da perdere: dalle popolazioni indigene alle comunità afro, dalle comunità contadine ai gruppi di studenti, dalle madri dei quartieri popolari ai figli di quei quartieri, uno fianco all’altro.
Chi è lì a marciare racconta di momenti di allegria e indignazione.
Secondo una recente inchiesta, più del 70% della popolazione colombiana appoggia lo sciopero.
E non c’è chi dirige o controlla.
È un movimento popolare spontaneo e pacifico contro una situazione che non è più sostenibile per la popolazione colombiana: l’uccisione di leader di movimenti sociali, di difensori dei Diritti Umani, massacri, l’aumento della povertà, un sistema sanitario che non funziona, gli attacchi diretti contro i popoli indigeni e le comunità afrodiscendenti.
E poi l’arrivo della pandemia che ha reso ancor più grave una situazione già al limite.
Per questo, per molti di loro, il COVID-19, nonostante la Colombia sia nel pieno della terza ondata, è solamente “un altro” dei problemi causa di morte, violenza, ingiustizia, terrore.
Si respira un malessere sociale non nuovo per chi conosce la Colombia profonda.
Nuova, questo sì, è la reazione di fronte a tanta sofferenza fisica, emotiva, psicologica, economica… in una parola, umana.
Il grido che abbraccia una popolazione che mai prima d’ora si è vista e sentita così unita, è unico: “Paren las masacres!” (Fermate i massacri!).

Francisco De Roux, sacerdote gesuita e presidente della Commissione della Verità, salito su una chiva2 per ringraziare e salutare la gente indigena del CRIC3 che, venuta ad appoggiare i manifestanti a Cali, era prossima a fare rientro nel loro territorio, ha lanciato un commovente messaggio: “Non smettete di attuare una lotta nonviolenta attiva. Congratulazioni per la vostra determinazione a difendere i vostri Diritti Umani e la vostra dignità senza l’utilizzo delle armi. Siamo testimoni, in questi giorni, di come voi avete lottato senza armi per questa immensa dignità. Non lasciatevi manipolare da nessun che porti con sé un’arma, mantenete questa grandezza di porre il cuore e la vita perché la dignità sia rispettata. Voi, giovani di Cali, dovete pensare a tutta Cali, a tutta la Colombia e a tutto il mondo. Manteniamo un sentimento profondo di riconoscimento e ringraziamento per questo popolo indigeno che è venuto a dirvi siamo con voi, contate su di noi, siamo tutti fratelli e sorelle in questa lotta”.
Anche l’Arcivescovo di Cali, Monsignor Monsalve, in una lettera indirizzata al CRIC, chiede perdono a nome della città e delle autorità cittadine per gli episodi di stigmatizzazione e gli attacchi subiti dalla Minga4: “voi siete il popolo della speranza, del sapere ancestrale e di educazione alla pace per tutti”.

La Commissione Interamericana ha formalizzato la richiesta alla Colombia per una “visita di lavoro” con l’obiettivo di analizzare sul campo qual è la situazione sul rispetto dei Diritti Umani durante le proteste, proponendo riunioni con autorità statali, con i più ampi settori della società civile, con le vittime di violazione dei Diritti Umani e altri attori rilevanti.
Sono, infatti, diverse le denunce che l’organismo americano ha ricevuto di presunte violazioni dei Diritti Umani per l’uso eccessivo della forza durante le proteste, informazioni che segnalano, tra le tante violazioni, “persone morte o fatte sparire, violenze sessuali, torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti contro i manifestanti, abusi contro persone impegnate nella difesa dei Diritti Umani e attacchi a persone indigene” .

Il 14 maggio, attraverso una lettera pubblica, 55 congressisti degli Stati Uniti hanno chiesto al Segretario di Stato Blinken di sospendere gli aiuti alla polizia colombiana, di congelare la vendita di equipaggiamenti e di richiamare alla calma e al dialogo. Sempre lo stesso giorno anche l’ONU e la OEA hanno diramato un comunicato di condanna della repressione delle proteste pacifiche chiedendo investigazioni esaustive e imparziali.

Domenica 16 maggio inizierà il dialogo tra il Governo e i leader del comitato nazionale dello sciopero secondo quanto annunciato dall’Alto Commissario per la Pace, Miguel Ceballos.
Uno dei membri del comitato ha espresso che “una delle prime condizioni per sedersi a dialogare è quella che cessi la violenza da parte della forza pubblica contro i manifestanti che scendono in strada” .
Le Nazioni Unite e la Conferenza Episcopale Colombiana stanno facilitando il dialogo tra le due parti.

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1 Forma di protesta tipica dell’America Latina nella quale si fa rumore colpendo il fonde delle pentole
2 mezzo di trasporto tipico colombiano
3 Consejo Regional Indigena del Cauca
4 In lingua indigena, “camminare le parole”: una riunione, lavoro comune, una marcia.