Tornare dove si è stati felici

Finalmente giunge il momento del mio primo accompagnamento ad una “vereda”, ossia un piccolo villaggio, distante alcune ore di cammino dal centro abitato principale della Comunità di Pace, chiamato “La Holandita”.
Mi cimento, quindi, nel montare su di una mula, partecipando ad una lenta, chiassosa e colorata carovana, composta da membri della Comunità e volontari internazionali, che si snoda per un lungo sentiero che si addentra nel profondo della selva: in più punti si deve guadare il fiume e i piedi (e le zampe) affondano nel fango creatosi dopo giorni di pioggia – quasi – ininterrotta. Si viene ripagati dallo spettacolo della natura lussureggiante e da un’atmosfera allegra, che anima soprattutto i più piccoli. E di fronte a tutta quest’esplosione di vita, stridono i cartelli disseminati lungo parte del sentiero, che avvisano della presenza di mine anti-uomo.

L’accompagnamento non ha una durata precisa, poiché varia a seconda delle necessità dei membri della Comunità che, in quest’occasione, si riuniscono principalmente per la lavorazione della canna da zucchero, al fine di produrre artigianalmente miele, da utilizzare nell’elaborazione di dolci che verranno consumati in occasione della ricorrenza pasquale.
Tale procedimento prevede diverse fasi, che vedono la partecipazione di tutti, senza distinzione: donne e uomini, piccoli e grandi, ognuno secondo le proprie capacità. Mi colpisce poter osservare come anche i momenti di fatica, invece di essere motivo di screzi e lamentele, fungono da collante e si risolvono spesso in battute mordaci, che stemperano fatica e tensioni.
La sera successiva, purtroppo, giunge una funesta notizia: il fratello di un membro della Comunità è venuto a mancare, a seguito del decorso di una inesorabile malattia. Il rientro viene dunque organizzato per la mattina successiva. Sveglia all’alba: nemmeno il tempo di un caffè e già siamo in partenza.
Appena giunti alla “Holandita”, ognuno si muove in perfetto sincrono, seguendo una ritualità antica e condivisa, in cui la comunità si raccoglie attorno alla famiglia colpita dal lutto, cercando di alleviare il peso dell’assenza che appena si profila.
Mi viene raccontato che il defunto fu membro della Comunità e che si dovette poi allontanare, ma che espresse il desiderio di essere sepolto proprio in Comunità, nonostante gli anni passati altrove. La comunità ha accolto questa richiesta, per onorare la volontà di chi ne ha fatto parte, dimostrandosi inclusiva e accogliente.
E allora mi sono messa a pensare che forse è proprio vero che si vuole tornare dove si è stati felici. Che si è felici quando ci si sente parte di una rete che ci riconosce, protegge e sostiene. Che, prima o poi, la vita inevitabilmente ci pone di fronte a scelte, imposizioni o decisioni scomode e può capitare di non trovare la soluzione che più avrebbe risposto alle nostre aspettative. Eppure il cuore sa quali sono i nostri desideri, e la felicità è trovare altri cuori che li rispettino.
N.