Una quotidianità apparentemente ordinaria

Sono arrivata da un mese ormai eppure mi sembra di aver appena messo piede in questo posto.
Ho appena incominciato a capire chi è chi e ancora, spesso, mi capita di incontrare qualcuno e di domandarmi se mi sia già stato presentato, perché non me lo ricordo proprio.
Qui le giornate iniziano presto, seguendo i ritmi dettati dalla “naturaleza”; mi sveglia il sole che penetra dalle fessure della nostra casa di legno, il chicchirichì del gallo (che non fa molto testo, perché canta ad ogni ora del giorno e della notte) e la musica allegra che qualcuno mette alla radio preparandosi per la giornata.
E mentre fuori casa la Comunità prende vita, se non ci sono accompagnamenti o incombenze particolari, io me ne resto nel letto a dormicchiare godendomi tutti questi suoni.
Quando verso le 7.30 mi alzo, la giornata dei miei vicini è già nel pieno della vita.
I bimbi sono già a scuola da un bel po’ e poi c’è chi è partito per andare a lavorare in una finca vicina, anche a qualche ora di cammino o di mula e chi in città a fare commissioni.
Solo papere, galline, cani, gatti e maiali che gironzolano nell’erba tra le case.
Il pomeriggio, mi siedo fuori casa dove c’è un tavolo con sgabelloni di legno tutti colorati e qualcuno passa sempre a fare quattro chiacchiere o, con il mio spagnolo sgangheratissimo, ci prova.
Mi chiedono se mi piaccia stare qui, o se nell’accompagnamento di qualche giorno fa io sia cascata dalla mula e allora si ride assieme mentre provo a raccontare che no, miracolosamente non sono caduta, ma camminando laddove con la mula era troppo pericoloso, il mio stivale è rimasto svariate volte incastrato nel fango e allora M., che non mi perdeva di vista e mi ha aspettata pazientemente per tutta la strada, me lo ha tirato fuori.

Poi arrivano i bambini a prendere i giochi, a disegnare e mi diverto ad ascoltare le loro conversazioni su quello che è successo a scuola; quelli tra loro più pazienti, tra un disegno e l’altro, mi insegnano sempre nuove parole.
Spesso poi giungono i ragazzi a chiedere un cappuccino e a farsi una partita a domino.
Alle 6 è buio e tutti si ritirano nelle proprie case per la cena; non facciamo in tempo a finire di mangiare che, con discrezione, si affaccia alla porta di casa H. che ci chiede se abbiamo voglia di fare una partita a domino.
Io non sono molto brava, H. neanche, eppure ci tiene a spiegarmi il gioco e a condividere con me le strategie vincenti.
Vado a letto con la sensazione che le giornate qui mi scivolino dalle mani senza che me ne renda conto, in una condivisione quotidiana che riempie la giornata.
E spero che anche domani sia come oggi, che i miei vicini possano lavorare e andare a scuola e che nessuno di sgradito interrompa questa quotidianità.

V.