Morti che fanno risplendere la vita

“Un profondo sentimento di gratitudine per queste vite, per ciò che hanno significato per la Comunità di Pace, per la società, per il Paese. Uniamoci a tutte le vittime dell’America Latina” sono le prime parole del sacerdote gesuita e difensore dei Diritti Umani, Javier Giraldo, all’inizio della celebrazione del 18° anniversario del massacro di Mulatos e Resbalosa. Otto furono le persone assassinate e i loro corpi fatti a pezzi, sette di loro appartenenti alla Comunità di Pace. Quattro di loro erano minori, il più piccolo aveva solo 18 mesi: “sarebbe, crescendo, potuto diventare un guerrigliero oppure riconoscerci” sono le motivazioni, rivelate alcuni anni dopo in aula di giustizia, del paramilitare che confessò l’omicidio.
Tra loro, fu trucidato anche Luis Eduardo Guerra, allora leader della Comunità di Pace, padre di tre figli e una figlia. Il maggiore, Deiner di 11 anni, fu assassinato assieme a lui, sgozzato.
Chi era Luis Eduardo e perché tanta commozione, ancora oggi, dopo 18 anni?
Javier Giraldo lo descrive come una persone senza grandi titoli educativi, una persona del popolo, che visse una storia di violenza, di oppressione, di persecuzione, di esclusione di tutta una massa popolare. Ma, nonostante ciò, una forza di resistenza impressionante lo avvolge sino ad arrivare a mettere la sua faccia davanti a tutti, ad offrire le sue spalle a coloro che volevano colpirlo, a sfidare gli altri perché sapeva di essere vicino alla fonte della giustizia, dove nessuno avrebbe potuto condannarlo: “No, io metto la mia faccia davanti a chiunque, so di avere ragione, ci devono lasciare raccogliere il nostro cacao”. Con questa convinzione è andato avanti, nonostante la situazione si fosse fatta per lui estremamente pericolosa.

Lo scorso 21 febbraio, poco dopo queste parole, una vita è stata fatta risplendere proprio in quello stesso sito dove furono ritrovati i loro corpi: uno dei leader della Comunità di Pace ha scelto di battezzare sua figlia proprio lì, calpestando quella stessa terra, attorniato dagli stessi alberi, testimoni di tanta crudeltà ma, sopratutto, accompagnato, ancora una volta, da coloro con cui stava percorrendo questo cammino di resistenza, Luis Eduardo, Bellanira, Deiner, Bolivar, Sandra, Natalia, Santiago e Alejandro.
C’era uno dei figli di Luis Eduardo ad accarezzare e asciugare con un fazzoletto bianco la testina della piccola e ad accendere la candela per far risplendere questa nuova vita: un profondo atto simbolico.

Venivamo da tre giorni di cammino accompagnando la Comunità di Pace in quella che è stata definitiva “una marcha por la memoria”.
Nonostante la stanchezza e le caldissime giornate di una stagione secca improvvisamente scoppiata, le emozioni e la sensazione di star vivendo un momento speciale e straordinario sono state profonde.
Difficile trasmetterle a parole.
La crudeltà, la sofferenza, la morte.
L’amore, il conforto, la vita.

Ci uniamo all’infinito senso di gratitudine per queste vite, per ciò che anche per noi continuano a significare.

S.