Esserci / Memoria

Pubblichiamo le riflessioni condivise con i volontari e le volontarie sul campo, da una persona in visita al progetto di Operazione Colomba in Colombia.
Grazie.

ESSERCI

Nelle ultime 24 ore mi sono commossa più volte.
Ho passato tutta la mattina con M. tra le strade in terra battuta de La Holandita – così si chiama il terreno in cui attualmente risiede la Comunità di Pace – per conoscere le famiglie che la abitano.
Mentre camminiamo, M. mi racconta dettagliatamente la storia di questo luogo e delle sue famiglie.
Un numero infinito di racconti che si intrecciano tra loro grazie a un unico comune denominatore: l'ingiustizia della morte. Ciò che mi rimane ben chiaro dopo poche ore dal mio arrivo, è che letteralmente ogni membro della Comunità di Pace ha perso qualcuno. Ogni figlio è orfano. Ogni madre è in lutto. Ogni fratello è come Dioscuro.
Il ruolo dei cooperanti qui è diverso da altri luoghi di conflitto. Chi sta qui ha primariamente una funzione protettiva, che realizza semplicemente essendoci.
Mentre M. e S. mi parlano, percepisco un forte senso di ingiustizia: elencano i morti con una durezza che mi lascia di stucco e che mi fa capire quanto conoscano bene la realtà in cui vivono. Hanno probabilmente narrato queste storie decine, forse centinaia di volte, ma il loro tono è ancora tagliente, indignato. Ripetere il racconto non ha normalizzato la violenza, anzi, ha aiutato a elaborarla, a prenderne coscienza e soprattutto a non dimenticarla.


Vivi nella calma apparente prima della tempesta.
Giri sempre con l’ombrello perché non puoi permetterti di abbassare la guardia.
La tua pelle costantemente bagnata dal sudore e dall’umidità ti ricorda che il temporale sta arrivando, ma in questa zona del mondo si vive con l’umidità al 98%: senti che pioverà ma non puoi sapere quando la prima goccia toccherà il tuo corpo.


MEMORIA

Ho passato i miei primi 3 mesi in Colombia cercando di visitare tutti i siti della Memoria; di parlare con le persone; di leggere libri per comprendere meglio il Paese nel quale sto viaggiando.
I musei e le mostre in cui sono stata, raccontano in maniera cruda e commovente il cosa, ma non c’è modo di capire il perché per oltre 60 anni la Colombia abbia vissuto tutta questa violenza. Ci sono foto, video e dati. Una serie innumerevole di grafici che evidenziano chi ha ucciso chi, come, dove e quando, ma da nessuna parte ti spiegano chi erano le persone ammazzate. Perché venivano sequestrate. Perché di alcune non sono mai stati trovati i corpi. Perché alcune sono state fatte a pezzi. Perché lo stupro è usato come arma di guerra.
Nessun perché.
Nessuno sembra ricordare.
Quello che ho imparato dalle statistiche è che nessuno è rimasto incolume. Tutti hanno perso almeno una persona: 8 milioni di vittime su una popolazione di 50 milioni (il 16%) e nessuno ne parla.
Le persone qui sono unite da una scia rossa che si intreccia con i gradi di parentela pressoché infiniti.
Più storie mi venivano narrate, più mi sentivo invasa da questa violenza.
Quando nei giorni successivi ho incontrato di nuovo queste persone, ero in imbarazzo: io so tutto di te, tu non sai nulla di me. Sentivo uno sbilanciamento forte nel rapporto che non mi permetteva di confrontarmi con loro nella maniera in cui avrei voluto. Il fatto di sapere in partenza quali lutti avessero vissuto mi aveva lasciato l’impressione di aver involontariamente minato la loro privacy.
Poi ho parlato con B. e mi si è aperto un mondo: la cosa che ha permesso al singolo di andare avanti e lavorare sui traumi delle perdite – oltre alla fede ma che su di me non ha alcun appeal – è la memoria. Bisogna parlare di ciò che è successo, testimoniarlo a più persone possibili, ed è importante che chiunque venga a conoscenza di questa storia contribuisca alla sua denuncia.
B. prosegue la sua storia evidenziando gli aspetti vincenti della Comunità di Pace di San José de Apartadò (CdP): l’organizzazione comunitaria del lavoro e l’unità della comunità dove l’opinione di tutti è importante e le decisioni vengono prese in maniera democratica e condivisa.
Mentre parla però c’è un altro elemento che lei sembra dare per scontato e che invece cattura la mia attenzione. Al di là degli ideali comunitari, ciò che  rende la Comunità di Pace un attore tuttora scomodo, è il fatto di non aver messo la testa sotto la sabbia, di non aver accettato un risarcimento in cambio del silenzio.
La memoria è ciò che io ho percepito come la coltivazione più rivoluzionaria.
La Comunità di Pace sta crescendo una generazione di persone la cui attività principale non è “semplicemente” la coltivazione della terra, ma tramandare una memoria collettiva capace nel presente, e spero nel futuro, di mantenere alto il livello di consapevolezza e di indignazione dei suoi stessi membri.
È in questo frangente che il ruolo dei volontari assume un valore profondo: la loro funzione non è assistenziale. Non aiutano nei lavori, non badano i bambini, non insegnano nelle scuole. Loro proteggono le persone proprietarie della memoria collettiva, perché questa è l’unica che forse può salvare la CdP e i colombiani tutti dall'evenienza che ciò che è capitato venga dimenticato e possa quindi riaccadere.
Chi passa da lì si sente testimone di una violenza e tramite l’ascolto attivo può a sua volta contribuire a far sì che questa storia venga tramandata, diffusa e ricordata.

A.