Febbraio 2011

SITUAZIONE GENERALE

La Colombia è la nuova miniera d'oro tra le economie in via di sviluppo dell'America Latina. Questo sembrerebbe il chiaro messaggio lanciato da un editoriale del giornale colombiano “La Semana”. Secondo l'articolo infatti, analisti  finanziari,  grandi investitori, politici e  borse di mezzo mondo stanno tutti facendo a gara per spendere parole d'elogio per i passi da gigante che il mercato colombiano ha fatto negli ultimi anni, facendo mutare l'immagine dell'economia del paese da quella troppo rischiosa e stantia del passato a quella di una vera e propria potenza in espansione, la cui attrattiva nei confronti dei mercati esteri sembra essere ai massimi storici.

L'editoriale spiega come innumerevoli multinazionali, magnate stranieri e alcune delle più importanti banche del pianeta stiano negli ultimi tempi interessandosi al paese, facendovi spesso visita in cerca di occasioni ed investimenti redditizi, cose che, grazie al libero mercato,  la Colombia è pronta ad offrire in quantità industriali.
Il pezzo si conclude avvertendo che questa è una grande opportunità per il paese e che se non la si vuole sprecare sarà necessario nei prossimi tempi risolvere i problemi di corruzione e di precarietà delle infrastrutture che ancora preoccupano gli investitori stranieri.
Negli ultimi anni infatti la politica economica Colombiana si è basata principalmente sulle grandi esportazioni di materie prime di cui in campo alimentare, minerario ed energetico il paese è ricchissimo.
La tendenza da tempo diffusissima è quella di affidarsi a grandi imprese multinazionali, le quali si occupano direttamente o indirettamente della produzione di questi beni per poi effettuare il trasporto e la messa in commercio degli stessi in tutto il pianeta. In questi giorni, siamo in particolare stati raggiunti da diverse testimonianze che denunciano la relazione più o meno diretta tra la presenza massiccia di imprese estrattrici sul territorio nazionale e gli abusi incessanti che avvengono nelle stesse aree da parte di paramilitari e della forza pubblica, nei confronti delle comunità indigene e contadine che da sempre vivono in questi luoghi.
Il fine di questi soprusi sarebbe quello di indurre le popolazioni che abitano le zone di interesse delle compagnie minerarie ad abbandonarle.
Questo darebbe il via libera allo sfruttamento del sottosuolo da parte di suddette imprese multinazionali che, pagando allo stato colombiano delle concessioni decennali per l'uso di tali spazi e per l'estrazione di tali risorse, garantirebbero allo Stato stesso delle ingentissime entrate.
Dietro alle grandi inversioni straniere che potrebbero trasformare la Colombia in una delle grandi potenze economiche del continente, migliaia e migliaia di persone sono vittime di violenze, sfollamenti, omicidi e intimidazioni.
Può lo sviluppo economico  giustificare la decadenza di principi e diritti fondamentali dell'uomo qui come in molte altre parti del mondo?

CONDIVISIONE E VOLONTARI

La mattina del 21 febbraio del 2005, nei pressi della vereda Mulatos, veniva assassinato da una squadra congiunta di militari e paramilitari Luis Eduardo Guerra, leader storico della Comunità di pace e, insieme a lui, la sua compagna Bellanira Areiza ed il figlio Deiner Andrés di dieci anni. A poca distanza, lo stesso giorno, nella vereda Resbalosa, gli stessi militari e paramilitari ponevano brutalmente fine alla vita di cinque persone: Alfonso Bolivar Tuberquia Graciano, coordinatore della
zona umanitaria della  vereda Resbalosa, sua moglie Sandra Milena Muñoz Posso ed i suoi figli Natalia e Perez, rispettivamente di cinque e un anno.
Sei anni dopo, negli stessi luoghi, membri della comunità, volontari di differenti organizzazioni internazionali e di Operazione Colomba insieme a rappresentanti di altre comunità resistenti si trovano riuniti per ricordare, riflettere e condividere esperienze.
In occasione delle celebrazioni la comunità di pace ha infatti organizzato una serie di lezioni e incontri, al fine di condividere saperi ed esperienze tra i vari progetti di resistenza civile messi in atto da molte comunità colombiane, diversamente e costantemente vittime di persecuzioni, sfollamenti e massacri.
I volontari di Operazione Colomba hanno raccolto alcune di queste esperienze, ognuna delle quali contribuisce a dare una visione globale dei vari processi di resistenza e di ribellione in Colombia.
Un esempio su tutti: la lotta di resistenza intrapresa da alcuni contadini nel dipartimento del Cauca, riuniti nell'associazione Germinando Vida (www.procesocampesino.co). Alcuni di essi hanno esposto in maniera lucida e chiara la situazione in cui si trovano i coltivatori di canna da zucchero nella loro regione. Ci raccontano come esistano nella zona moltissimi laboratori artigianali e comunitari per la trasformazione della canna da zucchero in panela (il dolcificante più diffuso in Colombia e di cui essa è seconda maggiore produttrice nel mondo), che rischiano di scomparire a causa delle nuove disposizioni legislative messe in atto dal governo al fine di appropriarsi dell'intero mercato, strappandolo ai contadini per affidarlo ai sette grandi colossi colombiani della lavorazione della canna da zucchero. Il tutto attraverso leggi che assurgono l'igiene a pretesto per giustificare bieche operazioni di un'economia criminale. In particolare, la legge 0779 del 2005, creata per iniziativa del Ministero della Protezione Sociale, impone ai produttori di panela di adeguare i locali addetti alla trasformazione della canna alle norme vigenti entro marzo
del 2012. I requisiti richiesti dalla legge sono assolutamente restrittivi e non certo raggiungibili: si parla di locali con pareti circolari e lavabili per evitare l'accumulo di polvere, un grado di luminosità particolare, servizi igienici a norma e molto altro.
E' chiaro che agli occhi accorti dei contadini tutto questo appaia come un subdolo cambio di strategia messo in atto dal governo al fine di indurli allo sfollamento, non più con massacri sistematici, bensì attraverso l'isolamento economico, distruggendo di fatto ogni tentativo di conservare un'economia di sussistenza.
I contadini si mostrano però decisi a resistere attraverso la creazione di una federazione alternativa che comprende tutti i piccoli produttori di panela, petizioni e partecipazioni ad incontri internazionali (nel 2008 hanno partecipato all'incontro organizzato da Slow Food a Torino).
I processi di resistenza civile sono però molti altri, riguardano campi differenti, ma sono tutti accomunati dall'amore per la propria terra e dal rispetto per la dignità umana. Esistono progetti per la creazione di banche delle sementi per il recupero e la diffusione di colture antiche, ormai soppiantate da quelle transgeniche (Grupo Semillas,  www.semillas.org.co); associazioni contro la monocoltura e a favore della biodiversità e dell'agricoltura organica (Associazione Agrovida);
corporazioni per l'autosufficienza alimentare ed il libero accesso all'acqua potabile, in contrasto con la sistematica privatizzazione del sistema idrico (Corporacion Buen Ambiente); organizzazioni contro la monocoltura della palma da olio per la fabbricazione del cosiddetto biodiesel; e, ancora, associazioni che propongono progetti e persino un manuale per la costruzione di case a basso costo, interamente realizzate con materiali ecologici e ad impatto ambientale praticamente uguale a zero
(Associacion Chamanica y Ecologica de Colombia).
Insomma, i percorsi di resistenza civile sembrano moltiplicarsi giorno dopo giorno. Ci troviamo probabilmente di fronte ad un cambiamento dalla portata epocale, sintomo di una crescita significativa della coscienza civile, una crescita che viene dal basso, dalla terra. E' l'inizio di una vera rivoluzione, che segna un cambio radicale di tendenza, una rivoluzione finalmente pacifica, centrata sui concetti profondi di giustizia e uguaglianza universali.