Marzo 2011

SITUAZIONE GENERALE

Chiudete gli occhi e provate ad immaginare la Colombia. Non la Colombia dei grandi centri urbani, ma la Colombia selvaggia fatta di foreste impenetrabili, di fiumi grandiosi e di immensi laghi incontaminati. Ora sostituite queste immagini con quelle di miniere a cielo aperto, di pozzi per l'estrazione di petrolio, di mono-coltivazioni estensive, di bacini idrici artificiali costruiti a tavolino per servire le imprese multinazionali straniere.
Sono le immagini della nuova Colombia, la nuova cenerentola al servizio dell'occidente, svenduta, maltrattata, violata fin nell'anima.

E poi c'è un'altra Colombia. E' una Colombia fatta di persone, di gente umile, semplici contadini disposti a lottare fino alla morte per difendere la propria terra. Sono i nuovi martiri, audaci testimoni, ma testimoni attivi di una tragedia in continua evoluzione.
Anche nell'area di Antioquia e Cordoba, area in cui sorge la Comunità di pace, i contadini denunciano con coraggio l'incessante e vergognosa svendita del territorio da parte dello stato alle multinazionali. Negli ultimi vent'anni la Colombia ha infatti aperto le proprie frontiere economiche ai capitali esteri, consolidando un modello di sviluppo minerario ed energetico al costo di milioni di vittime, del sacrificio di intere aree di elevato interesse ambientale e della distruzione di culture millenarie, diffondendo ovunque violenza e miseria. Si è parlato di sviluppo sostenibile per giustificare un orribile mattanza, condannando a morte un intero paese attraverso la stesura di un codice che serve a regolare lo sfruttamento minerario e una legislazione ambientale le cui condizioni sono dettate dalle multinazionali stesse: a loro spetta il compito di impedire o facilitare l'emissione di licenze ambientali; di nominare funzionari per regolare la fiscalizzazione in materia di gestione ambientale; di introdurre articoli che servano ad assicurare l'impunità ai responsabili di disastri ambientali. Affidare la gestione dell'intero sistema minerario a settori privati corrotti, violenti, inefficienti dal punto di vista della tutela ambientale, responsabili di miseria e distruzione, significa aggravare i problemi strutturali di cui soffre il paese.
Alcuni esempi: la Drummond, impresa che si dedica all'estrazione del carbone di cui gli Stati Uniti sono i maggiori beneficiari, in un periodo che va dal 2001 al 2005 ha quasi duplicato l'estensione dell'area di estrazione mineraria, sorpassando i 22.000 Chilometri quadrati, quasi il 2% del territorio nazionale. Tutto questo è avvenuto grazie al pagamento di ingenti somme di denaro a paramilitari e a funzionari corrotti, che si sono resi responsabili del massacro di 600 persone, dello
sfollamento di altre 200.000 e della sparizione di altre 100. Altre imprese, che da sole detengono il monopolio dell'intero settore dei materiali di costruzione, come la Holcim, la Cemex, Ladrillera Santa Fe e la Cemento Argos, una delle più grandi imprese a livello mondiale nel suo settore, attiva anche nell'area di Cartagena (Cordoba), si sono rese responsabili di altri massacri, sparizioni, casi di falsos positivos e sfollamenti.
Situazioni simili, in proporzioni maggiori, si sono verificate negli ultimi anni anche nei dipartimenti di Antioquia, Bolivar, Guajira e Magdalena, dove gli omicidi  sono aumentati da 681 nel 1995 a 1667 nel 2001. I massacri sono saliti da 36 nel 1996 a 105 nel 2001, mentre le detenzioni arbitrarie sono passate da 206 nel 1999 a 2300 nel 2002.
Ciò che più lascia perplessi è che il fenomeno va estendendosi sempre più verso aree protette, bacini idrici naturali, parchi nazionali – emblematico è il caso del Parco Nazionale Naturale del Nudo Paramillo, situato tra i dipartimenti di Antioquia e Cordoba – e riserve indigene e di afrodiscendenti.
Un solo dato: dei 7000 titoli minerari a livello nazionale, 1800 sono stati concessi nell'area dell'Amazzonia, all'interno di riserve forestali, mentre 44 in parchi nazionali1.
C'è da chiedersi in che direzione stiamo andando, quanto in là ci siamo spinti, se ragioni di natura economica possano veramente giustificare la morte e la prevaricazione su un'intera nazione. Anche la Comunità di pace di San José de Apartadò si trova direttamente coinvolta in tutto questo.
Molti temono che l'intero territorio che da S. José si spinge fino a Tierralta (Montaria) possa essere venduto, anche grazie alla mediazione di agenzie governative appoggiate dai gruppi paramilitari, a multinazionali nordcoreane interessate all'estrazione del carbone.
Secondo altre testimonianze da noi raccolte sono già attive nell'area dell'Alto San Jorge (Cordoba) estrazioni di ferro-nichel e carbone, mentre stanno per essere aperte nuove miniere d'oro. Nell'intento di approfondire maggiormente il tema dello sfruttamento minerario in Colombia vi rimandiamo al sito internet: www.semillas.org.co.

CONDIVISIONE E VOLONTARI

Con l’inizio del mese di marzo Alice e’ rientrata in Italia; regalando la sua allegria e la sua semplicità alla gente è stata una vera compagna di viaggio per noi e per la Comunità tutta. Negli stessi giorni della sua partenza è arrivata Virginia, a lei l’augurio di un buon cammino e il benvenuto
nel gruppo e nella Comunità di pace.
Durante questo mese i volontari della Colomba sono stati impegnati in un accompagnamento nelle veredas del dipartimento di Cordoba.
L'accompagnamento ha avuti come principale destinatario un membro del consiglio della comunità che si è recato alla vereda Las Claras per tenere un incontro a cui hanno partecipato molti membri della Comunità delle veredas della zona sul tema del transgenico.
Nel corso della riunione, anche attraverso lavori di gruppo, sono stati esposti alcuni principi di base sulle coltivazioni transgeniche e le conseguenze nefaste che hanno sulla salute, sulla biodiversità delle aree in cui  vengono praticate e sull'autonomia alimentare delle popolazioni che le abitano.
La posizione della comunità riguardo a questi temi si è mostrata fortemente critica rispetto all'attività delle multinazionali che producono sementi transgeniche e allo stesso tempo in difesa della conservazione delle sementi autoctone.
Una volta finito l'incontro, due dei quattro volontari presenti hanno accompagnato un altro leader della comunità nella vereda di Alto Joaquin per la realizzazione di un video di denuncia. Il filmato mostra come un'ampia zona boschiva, appartenente ad una riserva forestale e completamente estranea a coltivazioni di coca, sia stata insensatamente deturpata dalla cosiddetta “fumigaciòn”, ossia dalla tecnica adottata dal governo nella lotta al narcotraffico che consiste nello
spargimento di diserbanti licofosfati sulle aree coltivate a coca. Una volta tornati a San Josecito, i volontari si sono da subito dovuti confrontare con una situazione
piuttosto tesa ed intricata. Già negli ultimi tempi si era avvertita una maggiore presenza militare nella zona e gli scontri tra esercito e guerriglia sembravano essere sempre più numerosi.
In quei giorni inoltre si sono registrati diversi fatti dolenti nei pressi del terreno della comunità: a seguito di un combattimento a ridosso delle vereda Mulatos e Cristalina, secondo le notizie ufficiali, sono deceduti 3 guerriglieri mentre altri due si sono consegnati all'esercito. In un terreno adiacente alla comunità di pace, a non più di 500 metri dalla nostra abitazione di San Josecito, sarebbe stato rinvenuto il cadavere di un ufficiale dell'esercito, il quale secondo la stampa ufficiale è stato giustiziato dalle FARC. Infine, alla vigilia del quattordicesimo anniversario della nascita della comunità, ci è giunta la notizia che Bernado Rios, una persona molto vicina alla comunità, di cui aveva tra l'altro fatto parte per diversi anni, era stata assassinata nella strada principale che da Apartadò conduce a San Josè.
La vittima aveva passato la notte all'interno della comunità nella casa in cui vivono ancora i suoi due bambini e la loro madre, donna dalla quale si era allontanato.
Alla notizia di questa morte, che è avvenuta attorno alle ore 18,30, tutta la comunità si è stretta attorno ai familiari della vittima e quando, tre ore più tardi, è arrivata la conferma che nonostante la puntuale denuncia del ritrovamento del cadavere, la salma non era ancora stata raggiunta dalle autorità competenti, con un gesto di vicinanza a tutte le vittime del conflitto e di richiamo alla dignità umana, il consiglio della comunità ha deciso di formare un gruppo di volontari con il fine di
recuperare la salma e di portarla a San Josecito, dove in seguito seppellirla.
Il consiglio ha poi fatto richiesta al nostro gruppo di accompagnare la gente nel cammino che portava al luogo dell'omicidio.
Giunti sul luogo, il corpo giaceva esanime sul ciglio della strada, erano visibili i fori dei proiettili sulla spalla e sul volto. Pochi passi più indietro era stata abbandonata al suolo la sua bicicletta.
A quel punto i membri del consiglio che erano presenti provarono ad avvertire le autorità che se in breve tempo non si fosse presentato nessun officiale competente, il corpo sarebbe stato spostato all'interno della comunità.
Non passarono molti minuti che sopraggiunse un gruppo di militari che aveva apparentemente seguito i volontari nel loro tragitto ed a pochi minuti di distanza arrivarono gli ufficiali della scientifica.
Il consiglio decise allora di tornare alla comunità per poi, la mattina successiva (in occasione dell'anniversario della comunità), organizzare una marcia volta a reclamare la salma per poterla riportare a San Josecito. Così, il giorno seguente, moltissimi membri della comunità, dopo aver preparato dei cartelloni per segnalare i motivi della manifestazione, chi a piedi e chi in sella a un mulo, si sono avviati alla città di Apartadò. Una volta giunti ad Apartadò il gruppo di manifestanti si è diretto verso l'ufficio della Fiscalia dove il rappresentante legale della comunità ha svolto le pratiche per ottenere il lasciapassare per il ritiro della salma. Ottenuta la documentazione necessaria ci si è recati all'ospedale della città. Dopo diverse ore d'attesa il corpo è finalmente stato consegnato ai familiari ed è poi stato riportato a San Josecito per la cerimonia di sepoltura. Giorni che dovevano essere di festa e di gioia per i 14 anni della nascita della Comunità sono così divenuti giorni di grande dolore; come sempre però la gente, con grande dignità e profondità, ha saputo viverli dando loro il senso non di rancore o vendetta ma di un coraggio sempre più grande nel continuare la lotta per la Giustizia e la Pace.