Agosto 2016

SITUAZIONE ATTUALE

L'annuncio della chiusura ufficiale degli accordi di pace in corso alla Avana, fatto lo scorso 24 agosto, è passato sicuramente alla storia di questo Paese come l'evento più importante di questi ultimi 50 anni di conflitto. Immediatamente in tutto il mondo è giunta la notizia che probabilmente il 23 settembre prossimo, il Presidente Santos e il capo delle FARC, Timochenko, firmeranno l'Accordo Finale a cui farà seguito il 2 ottobre un Plebiscito nazionale a cui tutti i cittadini colombiani saranno chiamati a votare a favore o contro il contenuto degli accordi. Non si può che gioire per quello che significa, per questo popolo e per l'umanità intera, che in questa parte del mondo le armi cessino di portare morte e distruzione, ma non si deve dimenticare che ciò avverrà, non grazie a una firma in calce a quasi 300 pagine di Accordo Finale tra lo Stato e le FARC, ma solo attraverso il raggiungimento della giustizia.
Ed è proprio su questo punto che l'accordo dell'Avana lascia più perplessità e ombre che certezze.
Uno dei rischi maggiori sarà che lo Stato non riesca economicamente e politicamente a rispondere alle esigenze delle vittime riguardo alla riparazione e alla restituzione delle legittime proprietà.
Se da un lato, infatti, sarà un obbligo imprescindibile portare a compimento le promesse fatte agli ex-guerriglieri delle FARC in merito alla loro reintegrazione nella società civile e politica, onde evitare così un possibile scontro, anche armato, tutt'altra cosa è la giustizia dovuta alla popolazione civile vittima di questo conflitto.
Lo dimostrano le decine di difensori dei diritti umani uccisi dall'inizio di quest'anno, di cui 5 nei due giorni successivi all'annuncio dell'accordo; lo dimostrano le continue denunce dei reclamanti terra contro le imprese che hanno invaso i loro terreni ancestrali, le proteste dei contadini ridotti alla fame a causa dell'entrata in vigore del libero commercio; lo dimostra la corruzione delle Amministrazioni pubbliche dall'educazione alla sanità, spesso ammanicate con le strutture paramilitari a cui mai il Governo ha dato una risposta concreta, né ha agito veramente a favore delle tante vittime. Lo dimostra il continuo aumento delle coltivazioni di coca destinata a Europa e Stati Uniti, narcotraffico gestito dai cartelli delle AGC che si stanno prendendo il territorio lasciato dalle FARC. Lo dimostra la grande percentuale di persone che, secondo i sondaggi, voteranno NO al Plebiscito.
Di fatto il governo firmerà l'accordo con le FARC prima che la popolazione si esprima per il SI o per il NO sui contenuti dell'Accordo Finale, sapendo che se dovesse vincere il NO tutto il lavoro di questi ultimi 4 anni fatto a Cuba potrebbe svanire.
Eppure una parte dei cittadini non si sente rappresentata, sapendo che con l'amnistia prevista dagli Accordi, il maggior numero dei guerriglieri non sarà punito per i crimini commessi. Un'altra parte di votanti a favore del NO sarà quella che segue l'ex Presidente Uribe e tutta “la sua gente” notoriamente legata a gruppi paramilitari, ma anche a molte frange dell'Esercito, le quali vedono molto più vantaggioso economicamente il conflitto rispetto alla pace.
Per quanto l'auspicio di tutti sia che il Plebiscito si concluda con una netta vittoria del SI, i rischi di brogli elettorali sono reali e ben riportati in un recente rapporto del MOE (Missione di Osservazione Elettorale) intitolato “Mappa del rischio elettorale in merito al Plebiscito per la firma degli accordi di Pace tra il governo nazionale e i guerriglieri delle Farc”. In 53 dipartimenti - sui 243 che costituiscono il territorio colombiano, tra cui Antioquia, Cauca e Meta - esistono infatti forti rischi di brogli elettorali, già conosciuti in passato, tra cui la forzatura al voto, l'anticipazione delle elezioni, il rischio di alterazione dei risultati, le minacce contro la libertà di pensiero. Ad essi si aggiungerebbero nuovi rischi, legati al momento politico che si vive in tali regioni del Paese, come la presenza di bande criminali organizzate (paramilitari), la presenza dell'ELN e il rischio della presenza storica delle FARC.
In questo scenario complesso e difficile si vive l'attesa della firma definitiva dell'Accordo Finale e l'inizio della costruzione vera della pace che necessiterà coraggio e vigilanza ancora per molto tempo.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Nel mese di agosto i volontari sono stati impegnati in accompagnamenti ai leader della Comunità di Pace nei villaggi di Mulatos e La Union, dove i membri della Comunità hanno svolto diversi lavori comunitari e si sono dedicati alla semina di platano e banane.
Al gruppo di volontari si è aggiunta Angela a cui auguriamo un buon cammino nella Comunità di Pace, mentre Silvia è rientrata in Italia.
In questo mese è stato possibile organizzare un momento di svago e divertimento con tutte le persone della Comunità di Pace grazie a una gita al mare, nei pressi di Necoclì.
Circa 140 persone hanno “invaso” la piccola spiaggia del luogo; per alcuni di loro erano passati decenni dall'ultima volta che avevano visto l'oceano; tutti si sono tuffati, addirittura con i vestiti, in quel mare non proprio azzurro, ma tanto desiderato.
Il 18 agosto purtroppo è tornata al Padre Dioselina, mamma di Jesus Emilio. L'anziana, malata da tempo, era stata trasferita negli ultimi mesi nella casa della figlia in uno sperduto villaggio tra le montagne di Dabeiba, sua terra natale, dove una trentina di membri della Comunità accompagnati dai volontari si sono recati per il funerale. Dioselina fin dall'inizio della nascita della Comunità di Pace è stata in prima fila nella lotta per la libertà e la giustizia del suo popolo. La ricordiamo come un persona dolce e semplice, sempre pronta al sorriso e riconoscente della presenza di tutti i volontari delle diverse organizzazioni in questi anni di resistenza.
Verso la fine del mese i volontari sono stati invece occupati in un accompagnamento alla Commissione Intereclessiale di Justicia y Paz nella zona umanitaria di Caño Manso nella regione del Chocò, dove i contadini da anni stanno cercando di rientrare nei propri territori che furono costretti ad abbandonare a causa del conflitto nel 1997. Purtroppo al loro rientro, iniziato dopo l'anno 2000, hanno trovato le loro proprietà occupate da impresari senza scrupoli che illegalmente avevano preso possesso, con l'aiuto dei gruppi paramilitari, delle loro terre.
Per questo la Commissione è presente in queste aree per garantire sicurezza e appoggiare la lotta di resistenza di tutta questa gente.