Marzo 2019

SITUAZIONE ATTUALE

Il 10 marzo il Presidente colombiano Ivan Duque ha posto il veto a sei articoli del progetto di legge della Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP), un sistema che regola la giustizia transizionale creato come parte dell’accordo di pace con le FARC-EP e considerato la colonna vertebrale di tale accordo. Attraverso una carta, membri delle delegazioni che in nome del Governo colombiano e delle FARC-EP elaborarono l’accordo, congressisti delle commissioni di pace del senato e della camera, vittime del conflitto, dirigenti, rappresentanti di organizzazioni e Istituzioni della società civile colombiana, hanno espresso al Segretario generale delle Nazioni Unite la propria “preoccupazione per l’intento di lesionare gravemente l’implementazione dell’Accordo, la struttura e il funzionamento della Giurisdizione Speciale per la Pace così come del sistema disegnato per rispettare i diritti delle vittime”.

Nel frattempo, il 14 marzo è stato presentato a Bogotà da Alberto Brunori, rappresentante in Colombia dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, alla presenza dell’Ambasciatrice dell’Unione Europea Patricia Llombart e del Defensor del Pueblo Alfonso Negret, il rapporto annuale riguardante la situazione dei Diritti Umani in Colombia per l’anno 2018. Nel documento risalta con preoccupazione la cifra di 110 leader e difensori dei Diritti Umani assassinati lo scorso anno principalmente nelle regioni di Antioquia, Cauca e Norte di Santander; il 40% per mano di strutture smobilitate di paramilitari. Ulteriore preoccupazione è data dall’incremento dei massacri in tutto il Paese, aumentato del 164% rispetto al 2017, passando da 11 a 29 casi. In quasi il 50% dei municipi del Paese è aumentata il tasso di omicidi rispetto al 2017. Il rapporto termina con più di 10 raccomandazioni, a varie entità dello Stato colombiano, tra le quali quella di accelerare il ritmo dell’implementazione dei punti 1 (riforma rurale integrale), 3 (fine del conflitto) e 4 (droghe illecite) dell’Accordo di Pace, rafforzare le garanzie per il libero esercizio dei difensori dei Diritti Umani e dare seguito alla visita del Relatore Speciale Michel Forst sulla situazione dei Difensori dei Diritti Umani attraverso l’implementazione delle sue raccomandazioni principali.
Mentre la comunità nazionale e internazionale sollecita il Governo a proteggere la vita di leader sociali e difensori dei Diritti Umani, la realtà in Colombia rispecchia le preoccupazioni sopra descritte. Un esempio è quanto successo il 21 marzo quando, secondo la Fundación Social Cordobexia, 1.200 famiglie appartenenti al municipio di Puerto Libertador (regione di Cordoba) sono state costrette a sfollare in maniera forzata a causa della presenza di quattro gruppi armati nel territorio: il nuovo fronte 18 delle FARC, Clan del Golfo, Los Caparrapos e la guerriglia dell’ELN.
Andrès Chica, direttore della Fundaciòn Cordobexia e Difensore dei Diritti Umani, parla di una delicata situazione umanitaria nella zona sud della regione di Cordoba, cronaca di una tragedia annunciata se si pensa che la Defensoria del Pueblo aveva avvertito mesi fa dei rischi per la popolazione civile di un nuovo ciclo di ostilità per il controllo territoriale tra gruppi armati illegali in un contesto di guerra crescente, attraverso la Alerta Temprana 083-18.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, nel Cabildo Indigena Cañon del Río Pepitas (regione Valle del Cauca) si è registrata una esplosione che al momento ha lasciato un saldo di 8 morti e 15 feriti.
Nonostante siano ancora in corso le investigazioni al fine di chiarire quanto successo, le comunità indigene hanno denunciato che potrebbe trattarsi di un attentato dato che, secondo la testimonianza di un sopravvissuto, è stato lanciato un oggetto esplosivo dentro la casa in cui erano riuniti alcuni leader indigeni.
Continua preoccupante anche la situazione nel Chocò, così come denunciato dalla Comisión Justicia y Paz, per la forte presenza di gruppi armati delle AGC che stanno occupando zone umanitarie.
A fine mese infine, durante la presentazione del bilancio annuale “Retos Humanitarios 2019”, il capo della delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), Christoph Harnisch, ha manifestato preoccupazione davanti alla realtà che si vive in vaste aree del Paese, affermando che: “La situazione è ora più complessa che nel momento della firma dell’Accordo di Pace con le FARC-EP. Varie regioni hanno sperimentato un chiaro deterioramento della situazione umanitaria [...]”. “Se potessimo fare una radiografia della Colombia, il risultato sarebbe una mappa di regioni oscurate dal conflitto armato e dalla violenza. Manca ancora molto per poter parlare di superamento di tanti anni di dolore. Nel mezzo del nuovo ordine di controllo territoriale dei gruppi armati, si sono rafforzate le dinamiche di violenza che il Paese sognava di lasciare alle spalle dopo la firma dell’Accordo di Pace del 2016 con le FARC-EP” esprime il CICR nell’introduzione del rapporto.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Durante il mese di marzo ricorre l’anniversario della fondazione della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò. Il 23 marzo del 1997, infatti, un gruppo di contadini del “corregimiento” di San Josè de Apartadò, data la grave situazione umanitaria e di sfollamento forzato a causa del conflitto armato e dopo un processo di consultazione interno, decise di dichiararsi Comunità di Pace di San Josè de Apartadò: “vivere in mezzo alla guerra senza farne parte”.
E’ per questo vivere rifiutando qualsiasi forma di collaborazione con gli attori armati del conflitto e resistendo in maniera nonviolenta alla guerra, che si sono celebrati i 22 anni di Comunità di Pace, 22 anni di Difesa dei Diritti Umani, 22 anni di resistenza nel territorio, 22 anni di coraggio.
Una giornata intensa e ricca di eventi iniziata con la camminata della memoria che ha visto i membri della Comunità riunirsi nel medesimo sito nel quale è stata proclamata la dichiarazione di fondazione, a San Josè de Apartadò. In prima fila i bambini che tenevano ben in alto i cartelli con i volti delle persone assassinate per aver scelto di non partecipare alla guerra, seguiti da giovani e adulti con vari striscioni tra i quali uno che portava la scritta: “Tu + io = noi. Siamo 22 anni di Comunità di Pace”.
Al chiosco principale i gruppi di scorta civile internazionale e le persone giunte a San Josecito per accompagnare l’anniversario, hanno avuto modo di esprimere la loro immensa gratitudine alla Comunità per il coraggio nell’aver resistito 22 anni alla guerra, all’odio e alla vendetta e per essere esempio che sì, è possibile costruire qualcosa di diverso.
Il pomeriggio è stato dedicato ad attività ricreative tra le quali le ormai immancabili sfide di calcetto tra internazionali e membri della Comunità di Pace.
La giornata si è infine conclusa con torta e balli.
I volontari in questo mese sono stati impegnati ad accompagnare alcuni membri della Comunità di Pace nei villaggi della zona e in incontri istituzionali nella città di Bogotà, dove hanno potuto riunirsi con il nuovo Ambasciatore italiano in Colombia e con Alberto Brunori, Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani.
A fine mese sono rientrati in Italia Daniele e Monica, mentre ha fatto ritorno a San Josecito Alessandra.