Febbraio 2020

SITUAZIONE ATTUALE

Un mese intenso e drammatico questo febbraio 2020.
La guerriglia dell’ELN dal 14 al 17 febbraio ha imposto il “paro armado” in varie regioni del Paese.
Una nuova emergenza è stata poi vissuta nel municipio di Ituango tra la notte di domenica 23 febbraio e le prime ore del giorno successivo dove 863 persone, 312 famiglie circa, sono state costrette a sfollare in maniera forzata dalle zone rurali verso il centro urbano della cittadina a causa della presenza di vari attori armati nell’area come le Autofensas Gaitanistas de Colombia (AGC), la dissidenza del fronte 36 e del fronte 18 delle FARC e la pressione che stanno esercitando nei confronti della popolazione civile.
A fine mese è stato presentato dall’ufficio dell’Alto commissario dell’ONU per i Diritti Umani in Colombia, il nuovo documento annuale per quanto riguarda la situazione dei Diritti Umani nel Paese: decine di massacri, oltre 100 leader sociali e difensori/e dei Diritti Umani assassinati/e, abuso della forza pubblica nelle proteste, mancanza di presenza dello Stato nelle aree rurali, aumento degli omicidi per quanto riguarda la popolazione indigena sono alcuni dei punti che preoccupano maggiormente.

L’ufficio dell’Alto Commissario dell’ONU ha ribadito la necessità di attendere le cause strutturali che generano la violenza, in particolare per quanto riguarda le zone rurali. Il documento ha generato una forte reazione da parte del governo colombiano che rifiuta in maniera categorica le affermazioni espresse nel testo qualificandole come “gravi ed irresponsabili” sostenendo che il documento evidenzia una “attitudine critica e politica”. In una intervista a El Tiempo, Michel Forst relatore speciale dell’ONU per i Diritti Umani, dichiara di deplorare tale situazione e che la sua proposta era quella di, dopo questo primo report, ritornare nel Paese per stabilire in che maniera mettere in marcia le raccomandazioni esposte.
Il 29 febbraio, mentre la città di Apartadò si preparava a ricevere la visita del Presidente Duque, Amado Torres, 49 anni, veniva assassinato in un villaggio del Corregimento di San Josè de Apartadò. Secondo quanto riportato dalla rivista Semana, uomini fortemente armati e indossando vestiti militari, sarebbero entrati nella casa della vittima portandolo fuori in maniera violenta per poi assassinarlo. Sono già 43, tra leader sociali e difensori/e dei Diritti Umani, le persone assassinate in questi primi due mesi dell’anno.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Il 21 febbraio del 2005 segnò per sempre la vita della Comunità di Pace. Un terribile massacro perpetrato in maniera congiunta da truppe militari e paramilitari, mise fine alla vita del leader della Comunità Luis Eduardo Guerra, del figlio Deiner e della compagna Bellanira nel villaggio di Mulatos. A poca distanza da Mulatos, nel villaggio di Resbalosa, lo stesso operativo uccise e fece a pezzi i corpi di Alfonso, Sandra, Natalia (5 anni), Santiago (18 mesi) e Alejandro. Da 15 anni la Comunità di Pace si riunisce nei luoghi dove è avvenuta la tragedia per mantenere viva la memoria di chi ha dato la propria vita per credere in questo processo di resistenza nonviolenta. In questo articolo viene raccontato quanto vissuto dai volontari di OC nei giorni della commemorazione.
A fine mese si è tenuto, presso l’Università del Quindio, il “VI Foro Internazionale della Nonviolenza. Resistenza al patriarcato, pace ed economia per la vita” che ha visto la partecipazione anche di Operazione Colomba come esperienza di accompagnamento protettivo in zone di conflitto.
Varie realtà dell’America Latina sono intervenute condividendo la propria resistenza al modello neoliberista e capitalista, una resistenza nonviolenta attiva fatta di economie alternative, mobilitazioni e, come commentava Gildardo, leader della Comunità di Pace anch’essa ospite del Foro, “la nostra lotta seguirà perché è una lotta per la giustizia e per la vita, ma ha bisogno del coinvolgimento di tutti. L’individualismo non serve a nulla, dobbiamo cercare l’unità”.