Aprile 2020

SITUAZIONE ATTUALE

Anche in Colombia, come nei restanti Paesi dell’America Latina, l’epidemia del Covid-19 sta esacerbando una situazione sanitaria e sociale che era già critica ancor prima della pandemia.
Hanno fatto il giro del mondo le foto dei drappi rossi appesi fuori dalle finestre di migliaia di famiglie colombiane giunte a non avere più cibo a causa della quarantena proprio perché la loro forma di sostentamento consiste nel lavoro giornaliero.
Nei quartieri come Ciudad Bolivar nel sud della capitale Bogotà, nel municipio di Soacha ma anche nelle città di Cali e Medellin, la gente è scesa in piazza per protestare ed in alcuni casi ha saccheggiato negozi e camion che trasportavano cibo perché gli aiuti promessi dal governo non sono mai arrivati alle loro famiglie.

Eppure, in quegli stessi giorni, il governo ha acquistato delle auto per la polizia per un valore di quasi 3 milioni di euro innescando una forte polemica con i partiti di opposizione e la popolazione.
La situazione alimentaria appare meno grave nelle zone rurali, per lo meno dove sono presenti comunità indigene e contadine che sono state capaci di autoregolamentare le proprie comunità per l’isolamento preventivo ma soprattutto per l’autosufficienza alimentaria ed hanno attuato programmi di sensibilizzazione e di informazione riguardo l’epidemia per la loro stessa gente.
La Comunità di Pace di San Josè de Apartadò, per esempio, è ora vista come un “rimedio contro la pandemia” così come viene definita dal portale indipendente Desde Abajo in una intervista realizzata questo mese. La Comunità di Pace di San Josè de Apartadò è stata invitata ad un Webinar a fine mese dal titolo: “Colombia’s Defiant Peace Communituies: Strategies for Consolidating Peace Amid the COVID-19 Pandemic” organizzato dal The Washington Office on Latin American – WOLA dove riporta le sfide che stanno affrontando dovute non solo alla pandemia in sé, ma anche e soprattutto alla situazione attuale del conflitto che a causa di questa pandemia potrebbe avere ripercussioni molto gravi sull’intera Comunità e sull’ambiente circostante.
L’attenzione della stampa europea si è rivolta inoltre, in queste settimane, sulla preoccupante situazione riguardante le aggressioni e gli omicidi contro vari difensori dei Diritti Umani, ambientali, reclamanti terra e anche ex guerriglieri delle FARC, avvenute dopo la messa in atto delle misure restrittive della quarantena che, proibendo la mobilità della popolazione civile, non ha però fermato la mano dei diversi gruppi armati illegali che hanno operato anzi in maggior libertà.
L’Alto Commissario per le Nazioni Unite per i Diritti Umani a Bogotà, Michelle Bachelet, ha espresso pubblicamente la preoccupazione per i numerosi omicidi soprattutto nella regione del Cauca dove dal 17 al 22 aprile sono stati assassinati 6 leader sociali.
Anche il movimento degli ex negoziatori dell’Accordo di Pace, Defendemos la Paz, si sono rivolti al capo della Missione di Verificazione dell’Accordo di Pace degli Nazioni Unite, Carlos Ruiz Massieu, per denunciare la mancata garanzia di protezione ai leader sociali e agli ex membri della guerriglia e per l’ulteriore blocco all’implementazione dell’Accordo attraverso l’invito rivolto ad alcuni congressisti della FARC (Forza Alternativa Rivoluzionari del Comune) a lasciare il Parlamento, alla perdita di alcuni benefici della JEP (Giurisdizione Speciale per la Pace), sino all’utilizzo del denaro destinato all’implementazione dell’Accordo di Pace per l’emergenza del coronavirus.
L’organizzazione indigena di Antioquia (OIA) ha denunciato che lo scorso 24 aprile, 300 persone di etnia Embera - Eyàbida sono state costrette alla fuga dal municipio di Urrao, in Antioquia, a causa della presenza di attori armati illegali nel territorio e teme che se la situazione continuerà così, ci potranno essere tra le 2500 e 3000 persone a rischio di sfollamento dalle varie comunità di quella zona. A questo dramma si è aggiunto il 27 aprile l’uccisione di Jairo de Jesus Jimenez, rettore dell’Istituto Educativo Zoila Duque Baena del municipio di Abejorral (Antioquia), ucciso nella sua casa. Da febbraio scorso erano infatti aumentate le minacce e le uccisioni di professori nell’area.
Molti di questi fatti riportano il problema alla reale volontà del governo colombiano di rispondere alle parti dell’Accordo di Pace che includevano lo smantellamento dei gruppi neo-paramilitari, ma anche un auspicabile dialogo con l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), gruppo guerrigliero ancora attivo. Dalle parole del Vescovo di Apartadò, Monsignor Hugo Torres Marin, appare chiara questa mancanza di volontà governativa sia per la smobilitazione del gruppo delle AGC (Autodefensas Gaetanistas de Colombia), che ha il controllo in molti dipartimenti del Paese e soprattutto in Antioquia, sia per l’apertura delle trattative di pace con l’ELN.
A fine mese è giunto un importante riconoscimento alla giornalista colombiana Jineth Bedoya Lima, “la guerriera delle farafalle”, insignita con l’edizione 2020 del Premio Mondiale per la Libertà di Stampa UNESCO-Guillermo Cano 2020. Guillermo Cano Isaza, a cui è dedicato il Premio, è stato un giornalista colombiano assassinato di fronte agli uffici del suo giornale El Espectador a Bogotá, in Colombia, il 17 dicembre 1986.