Luglio 2020

SITUAZIONE ATTUALE

Non poteva aprirsi in modo più tragico e triste il report sulla Colombia del mese di luglio dopo la notizia della morte del giovane napoletano Mario Paciolla. A soli 33 anni è stato ritrovato senza vita nel suo appartamento a San Vicente del Caguán nel Caquetá in Colombia, dove lavorava come collaboratore alla Missione di Verifica delle Nazioni Unite in un’area complessa e difficile. Le cause della sua morte sono ancora da accertare. il Governo italiano si è impegnato a fare luce sulla vicenda come hanno ribadito il Ministro degli Affari Esteri Di Maio, il Presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, il senatore Sandro Ruotolo promotore di una interrogazione parlamentare e il sindaco di Napoli De Magistris presenti alla commemorazione pubblica organizzata dall’associazione “Giustizia per Mario” la sera del 30 luglio nella città partenopea.

Sono numerosissime le iniziative, raccolte firme ed appelli promossi affinché verità e giustizia sia fatta. Ricordiamo anche la petizione promossa da Europaz, rete Accademica Europea nata a sostegno degli Accordi di Pace e del lavoro del Sistema Integral de Verdad Justicia, Reparación y No Repetición.
“Esprimo solidarietà alla famiglia del cooperante italiano Mario Paciolla e chiediamo giustizia, sono sconvolto della notizia” […]. A esprimersi in questo modo, parlando con il Sir, è il Presidente della Commissione della Verità, il gesuita Francisco De Roux. Il religioso ha fatto queste affermazioni in un momento molto delicato del processo di pace in Colombia, i cui risultati ricevono continui attacchi.
Anche alcuni volontari di Operazione Colomba hanno avuto modo di conoscere Mario quando dal 2016 al 2018 era impegnato con PBI (Peace Brigades International) e ne ricordano la vitalità, la simpatia ed il suo amore per il lavoro che svolgeva e per la sua amata Napoli.
Non c’è pace in Colombia questo è certo ed è confermato dalle continue violenze, sfollamenti e massacri che anche questo mese allungano la lista di vittime innocenti.
Scontri tra l’esercito e gruppi illegali delle AGC nel Chocò, massacri di contadini e attentati a leader sociali denunciati da diverse organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani che hanno portato la Corte Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) a pronunciarsi nuovamente per esprimere la grande preoccupazione per il consistente numero di assassinati tra i difensori/e dei Diritti Umani, tra i leader sociali e richiamare il Governo colombiano affinché rinforzi tutte le misure per garantire la vita, l’integrità e la sicurezza di chi difende i Diritti Umani nel Paese.
La stessa Comunità di Pace di San Josè di Apartadò, attraverso un comunicato, ha denunciato la forte e costante presenza di gruppi armati illegali delle AGC che si muovono liberamente sul territorio, minacciando in particolare i membri della Comunità e tutti coloro che si oppongono ai piani di controllo territoriale e sociale dei gruppi illegali.
Un importante messaggio è giunto da un gruppo di congressisti degli Stati Uniti che hanno chiesto, attraverso un documento, che il Presidente Trump faccia pressione sul Governo colombiano affinché garantisca la sicurezza dei difensori/e dei Diritti Umani. Cosa di rilievo nel documento anche l’invito al Governo colombiano a che siano rispettati i meccanismi di auto - protezione della Comunità di Pace e di altre zone umanitarie simili e il lavoro di accompagnamento internazionale ad esse garantito.
Dal 24 al 31 di luglio si sono organizzati vari momenti nel Heje Cafetero, per ricordare tutti i leader assassinati e tutto il lavoro dei difensori/e dei Diritti Umani che dalla firma dell’Accordo di Pace nel 2016, sono 868 ad essere stati uccisi a cui si aggiungono 200 ex combattenti delle FARC.
E proprio la situazione drammatica degli ex combattenti delle FARC a tornare in questo mese sulle prime pagine dopo lo sfollamento di 93 ex combattenti avvenuto il 15 luglio da Ituango (Antioquia) a Mutatà, sempre nella regione di Antioquia. Queste persone, con le relative famiglie, vivevano in un ETCR, cioè in uno spazio di formazione e re-incorporazione alla vita civile come fu inizialmente definito dopo l’Accordo di Pace. Lì avevano costruito le loro case e si dedicavano alla coltivazione per il proprio sostentamento, ma a causa della violenza tra i diversi gruppi illegali presenti nel territorio e dell’assassinio di alcuni di loro, sono stati costretti a fuggire.
Tutto questo nonostante la Defensoria del Pueblo avesse già allertato le autorità rispetto ai rischi e alle difficoltà di vita degli ex combattenti in quella zona e non solo. Situazione questa che appare stridente con l’annuncio dell’Ambasciatrice dell’Unione Europea in Colombia, Patricia Llombart, della firma di un accordo per 12,5 milioni di euro che l’Europa elargirà per appoggiare gli ex guerriglieri nella loro vita da non combattenti.