Ottobre 2020

SITUAZIONE ATTUALE

“Mario Paciolla rappresenta come pochi tutte quelle persone meravigliose con cui sentiamo un certo tipo di connessione che viene dal cuore e dalla vita stessa, quel tipo di persone che non credono nella nazionalità italiana, colombiana, francese, ecuadoriana o qualunque essa sia, ma credono che la vita debba essere costruita prendendoci cura gli uni degli altri, riconoscendoci, essendo critici e autocritici e costruendo alternative concrete di fronte a ciò che sta accadendo”.
E’ con queste parole che Manuel Rozental, attivista dell’organizzazione Pueblos en Camino in Colombia, descrive Mario Paciolla durante un’ intervista al Manifesto.
La vicenda di Mario, le cui circostanze della morte, avvenuta lo scorso 15 luglio a San Vicente del Caguán, rimangono ancora tutte da chiarire, sono riemerse con forza in queste ultime settimane, come si legge nell’articolo del Sir, dopo che, in un dibattito in Senato, il senatore Barreras “ha chiesto al ministro della Difesa Holmes Trujillo se il nome di Paciolla fosse indicato in un rapporto dei servizi militari come informatore, visto che aveva intervistato le mamme di 8 bambini e adolescenti morti in un bombardamento dell’esercito contro la dissidenza delle Farc...”.

“...Il senatore ha rivelato che c’era presumibilmente un rapporto dell’intelligence in cui un cittadino italiano, che lavorava come operatore umanitario delle Nazioni Unite, è stato accusato di aver fatto trapelare informazioni sul bombardamento” si prosegue nell’articolo.
Incertezze ed insicurezza che si percepiscono nella vita quotidiana della popolazione colombiana piegata dalla violenza e dalle azioni dei diversi gruppi armati illegali come ad esempio le AGC (Autodefensas Gaetanistas de Colombia) che, ad inizio ottobre, hanno imbrattato muri e veicoli in diverse città con la scritta “ AGC presente” e lasciato volantini in diverse regioni tra cui Antioquia, Cordoba, Chocò e Sucre, annunciando la loro presenza e la loro determinazione a rimanere e controllare il maggior numero di territori possibili. Come descritto nella Costancia pubblica della Comunità di Pace di San Josè di Apartadò i graffiti ed i volantini delle AGC sono apparsi anche nei pressi dalla Comunità e nei villaggi vicini, dove il gruppo armato illegale si muove e controlla l’area con uomini armati sia nei centri abitati che nelle zone rurali. La Comunità continua ad essere minacciata per il lavoro di denuncia delle violazioni dei Diritti Umani e delle politiche di sviluppo incentrate sull’estrazione mineraria avviata spesso attraverso pratiche illegali di espropriazione dei terreni e di assenza di consultazione legale con la popolazione interessata.
Ai continui massacri che in questi ultimi mesi hanno fatto decine di vittime, si aggiungono ad ottobre altre 4 persone assassinate in un attacco a Jamundì, nel Valle del Cauca e un leader sociale nel Huila, il signor Eduardo Alarcón che era impegnato in un lavoro di promozione della riforma agraria nel suo territorio. Ma a rendere il clima politico ancor più incandescente è stato l’assassinio a Medellin del professore universitario, nonché militante del movimento politico e sociale Colombia Humana, Campo Elias Galindo. Il senatore Gustavo Petro ha indicato tra i possibili moventi dell’omicidio del professore le sue posizioni politiche e socio-economiche rispetto al controverso progetto della diga idroelettrica Hidroituango e dell’impresa che gestisce l’opera e non solo.
A fine mese un altro leader politico, Gustavo Herrera, che aveva gestito la campagna presidenziale di Gustavo Petro nel 2018, è stato assassinato a Popayán. Petro si è dunque rivolto al Parlamento Europeo chiedendo la sospensione degli accordi commerciali tra Europa e Colombia a causa delle continue violazioni dei Diritti Umani, soprattutto in quei settori economici che si beneficiano dell’assassinio e dello sfollamento della popolazione, in particolare nelle attività di produzione di palma da olio e coltivazione di banane. A tale richiesta alcuni deputati, tra i quali francesi e catalani, del Parlamento Europeo hanno risposto inviando una lettera con cui lamentano il ritorno alla violenza politica nel Paese colombiano e la forte destabilizzazione dello Stato di diritto, richiamando lo Stato a garantire la sicurezza dei propri cittadini e invitando la comunità internazionale a monitorare l’evolversi della situazione nel Paese latinoamericano.
Le cifre che dimostrano l’insuccesso dell’implementazione dell’Accordo di Pace, la lentezza e la non articolazione delle fasi di sviluppo, programmazione, partecipazione della collettività, nonché la difficoltà di verificare dove e come viene investito il denaro destinato alla ricostruzione del tessuto sociale e politico del post conflitto, sono state elencate nel secondo rapporto della Procura Generale della Nazione presentato al Congresso recentemente. Una cifra tra tutte: gli 8.230 ettari di terreno restituiti ai contadini dal 2016 ad oggi, sui 3 milioni di ettari previsti da restituire entro i 2027.
A fine ottobre altre manifestazioni di scontento hanno portato 7.000 indigeni, insieme a contadini e afro discendenti, dal Cauca sino a Bogotà per dar vita alla Minga, uno spazio di organizzazione comunitaria; l’accesso alla terra, la difesa del territorio, la richiesta di un dialogo sociale vero e costruttivo sono stati i temi portanti di questa marcia piena di colore, di vita, di diritto. Questa gente forte della propria cultura ancestrale e di valori integri per il rispetto dell’ambiente, sono la culla nel Cauca di un processo di recupero delle terre denominato Liberazione della Madre Terra, animato da una logica che si oppone all’economia capitalista e di sfruttamento dei territori soprattutto attraverso le imprese di estrazione mineraria.