Marzo 2021

SITUAZIONE ATTUALE

“La Colombia non è in pace, nemmeno nel post conflitto”. La Delegazione Asturiana di Verifica dei Diritti Umani in Colombia ha pubblicato, a fine mese, un rapporto dove rivela che la mancata implementazione dell’Accordo di Pace, unita al risorgere della violenza armata, ha intensificato le violazioni dei Diritti Umani in varie regioni del Paese. Il documento sottolinea, inoltre, la preoccupante situazione delle comunità indigene e dei leader sociali, descrivendola come “uno sterminio fisico, sistematico e impunito della dirigenza sociale”.
Secondo i dati della ONG “Indepaz”, sarebbero 22 i massacri avvenuti in questi soli primi tre mesi dell’anno, con 81 persone assassinate.
Il Paese è stato scosso dall’omicidio della leader indigena Maria Bernarda Juajibioy, avvenuto il 18 marzo nel sud del Paese (regione del Putumayo). L’attacco ha causato anche la morte della nipotina, di soli 2 anni, e il ferimento di due figlie di Maria Bernarda, che aveva precedentemente ricevuto varie minacce di morte.

Venerdì 26 marzo si è, inoltre, assistito all’ennesima strage in un Paese che non conosce davvero pace: un carro bomba è esploso davanti al municipio della piccola cittadina di Corinto, nel Cauca, ferendo 43 persone.
Il 25 marzo il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) si è riunito a Bucaramanga, per poi proseguire nei giorni seguenti a Bogotà e Medellin, allo scopo di determinare se lo Stato colombiano sia responsabile di genocidio politico e crimini contro la pace. Questa sessione è stata richiesta ad aprile 2020 da 126 organizzazioni, più di 170 Difensori dei Diritti Umani, nonché artisti, accademici e personaggi politici colombiani. Tra i numerosi interventi, sabato 27 marzo, anche la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò ha presentato il proprio caso di sterminio davanti al Tribunale.
Per quanto riguarda la pandemia da Covid-19, la fase di vaccinazioni è iniziata in Colombia, ma restano ancora alti i numeri dei contagi. Così come denunciato proprio questo mese dal Comitato Internazionale della Croce Rossa che ha pubblicato il bilancio umanitario del 2020, la pandemia ha aggravato le conseguenze umanitarie del conflitto armato. Sono, infatti, aumentati gli omicidi perpetrati contro individui e gruppi protetti dal Diritto Internazionale Umanitario, così come altre forme di violenza commesse dagli attori armati per esercitare un controllo sociale sui territori. Il panorama è stato reso ancora più cupo dalle continue sparizioni forzate, dagli sfollamenti massivi in varie zone del Paese, dal confinamento, dagli attacchi contro la Missione Medica e dagli incidenti causati da artefatti esplosivi.
Un momento molto atteso dalle vittime del conflitto e da tutti coloro che continuano a lavorare affinché il Paese possa, un giorno, porre fine alla violenza, è stato l’incontro tra Salvatore Mancuso, ex-capo paramilitare, e Rodrigo Londoño, ex-comandante delle FARC-EP. L’udienza è avvenuta davanti alla Comisión de la Verdad, un meccanismo di carattere temporaneo ed extragiudiziale, sottoscritto tra il governo e le FARC-EP nel quadro dell’Accordo di Pace, allo scopo di fare luce su quanto accaduto nel conflitto. L’incontro è stato presieduto da Francisco de Roux, Presidente della Comisión de la Verdad, che ha voluto delineare il percorso entro il quale, a partire dal prossimo 21 aprile, i due testimoni racconteranno la propria verità sul conflitto armato colombiano. Salvatore Mancuso, attualmente detenuto in un carcere in Georgia (Stati Uniti), dovrà rispondere di almeno 53.000 crimini che lo vedrebbero responsabile in quanto ex-capo paramilitare tra il 1995 e il 2005.
Rodrigo Londoño, attualmente presidente del partito Comunes (ex-partito delle FARC), ha già partecipato a vari incontri con la Comisión de la Verdad, dando diverse versioni su vari casi aperti all’interno della Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP). Tra questi, ricordiamo il caso 01 sulla responsabilità delle FARC-EP in sequestri e altri tipi di privazione della libertà, così come il caso 07 sul reclutamento di minori nel conflitto armato.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Il mese di marzo è stato davvero molto intenso e bello perché è stata ricordata e festeggiata la nascita della Comunità di Pace. 24 anni di resistenza e di amore per la libertà, la pace e la giustizia.
Il 23 marzo 1997, infatti, quel coraggioso gruppo di contadini e contadine di San José scelse la neutralità di fronte al conflitto armato, come anche l’etica e il rispetto di ogni vita laddove quella dei contadini veniva considerata di poco o, addirittura, di nessun valore.
Oltre ad aver accompagnato i membri della Comunità durante le loro attività lavorative nei villaggi più lontani, i volontari di Operazione Colomba hanno anche assistito il 23 marzo allo svolgimento della marcia che, da San Josecito, si è snodata lungo la strada principale fino in città. Nei luoghi in cui, lungo la via, sono stati commessi degli omicidi in questi ultimi mesi, è stato fatto un minuto di silenzio, accompagnato da una preghiera e un canto.
Commovente vedere i bambini sollevare le foto delle tante vittime innocenti del conflitto e cantare insieme il desiderio di pace, tra le note di Cesar Lopez, nella canzone dal titolo “Hasta que amemos la vida”, che ricorda decine di nomi di cittadini colombiani, leader politici, sociali, ambientali e studenti uccisi perché rivendicavano i propri diritti.
“Bisogna incontrare la verità, cercare la via di uscita finché non ameremo la vita”. Risuonano ancora le parole di Lopez, insieme a quelle intonate dai membri della Comunità di Pace, mentre tutti rientravano a San Josecito dove, nel pomeriggio, è iniziata la festa tra balli, giochi e la degustazione del cibo preparato durante la Fiera del Mais.
A fine mese Sofia è rientrata in Italia. La ringraziamo per questo cammino fatto insieme, per la disponibilità e l’allegria che ha messo nella condivisione, in questa terra colombiana.