Polonia, al confine con la Bielorussia

Piove. Né la luna, né una stella.
La pioggia è l'unico rumore, un ticchettio dolce sul tetto dell’auto, una dolcezza che contrasta con la tensione che invece contrae lo stomaco.
Lo schermo del telefono illuminato è la sola luce visibile nel buio, fioca.
Siamo arrivati solo poche ore fa in questa regione della Polonia: partiti di corsa, i biglietti presi con tre giorni di anticipo sul volo. Ci ha spinti una certa urgenza.
Gli ultimi reportage e articoli sulla situazione dei migranti bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia ci hanno interrogato parecchio come Operazione Colomba, come europei, forse più che altro come esseri umani... e noi ci siamo lasciati provocare volentieri.
Il sostegno è arrivato subito: sì, è giusto e urgente gettare le prime basi, è opportuno partire, non lasciamo decantare il senso di ingiustizia che ci smuove di fronte a violazioni così palesi dei Diritti Umani.

Non vogliamo abituarci alla strumentalizzazione a fini politici delle persone più fragili e indifese, non vogliamo assuefarci agli abusi perpetrati contro la disperazione di chi fugge, ancora oggi, dalla guerra, dall’oppressione e dalla mancanza di prospettive per il futuro proprio e dei propri figli.
E’ così che siamo scesi dall'aereo e il primo respiro d'aria ci ha gelato subito le narici.
Siamo rabbrividiti dentro pensando che la foresta che circonda l'aeroporto di Modlin è uguale a quella in cui, a tre ore di macchina, migranti siriani, iracheni, curdi e afghani trascorrono notte e giorno, fronteggiando le condizioni meteorologiche tipiche del clima continentale in questa stagione: pioggia e freddo.
Operazione Colomba è nuova in questo contesto, non sappiamo ancora bene come muoverci: dall'Italia avevamo cominciato a recuperare qualche contatto, attivisti e cittadini polacchi impegnati sul loro territorio.
Siamo partiti per Varsavia dove ci ha accolto un'attivista straniera, molto intraprendente e accogliente, che ci ha chiesto subito di fare un intervento di emergenza: un gruppo di persone, a pochi minuti di auto dalla località in cui abbiamo preso alloggio, ha bisogno di aiuto.
Siamo corsi dunque a fare una spesa coi beni di prima necessità che potevano essere loro utili, aggiungendo anche dei cappelli, dei guanti e delle calze pesanti che avevamo portato appositamente da casa.
A Varsavia nevicava.
Preparati i pacchi ci siamo messi in viaggio con la macchina carica.
E’ già buio e piove quando riusciamo a consegnarli.
Mentre torniamo ci solleva il pensiero che alcune persone potranno finalmente ristorarsi un poco, ma l’amarezza di non aver potuto scambiare con loro nemmeno uno sguardo di conforto, non ci abbandona.
Nei giorni seguenti cerchiamo di renderci utili preparando altri pacchi di viveri e vestiti pesanti.
Notiamo il grande dispiego di forze armate, anche nell’area appena fuori la zona rossa (una zona interdetta ad Associazioni e non residenti, che corre lungo il confine bielorusso).
Oltre queste azioni dirette proviamo ad aprire il più possibile gli occhi sul contesto che abbiamo intorno.
Riusciamo ad incontrare un’attivista polacca il giorno della partenza per rientrare in Italia; grazie a lei riusciamo ad apprendere altre dimensioni del fenomeno migratorio che interessa l’area, come il problema dei centri di detenzione in condizioni estremamente precarie. Ci sottolinea in particolar modo l’effetto della propaganda mediatica che polarizza sempre di più in maniera razzista il Paese; ci racconta che il governo in crisi trae beneficio da questo pugno duro con i migranti, così acquisisce consensi e si dimostra forte agli occhi della popolazione.
Proviamo a chiederle dove potremmo essere utili ma la relazione di fiducia con i locali, che è sempre uno dei nostri principali obiettivi, è ancora acerba e purtroppo non riceviamo risposte molto incoraggianti.
Pensiamo insieme a quali prospettive può e deve avere questo primo viaggio.
Intanto altri volontari sono già pronti a partire e tutto quello che scopriremo e impareremo servirà per capire come possiamo essere Corpo Nonviolento di Pace anche qui, oggi.