Li guardo attraverso lo specchietto retrovisore.

Libano/Siria

Quanta attesa e quanta commozione negli occhi di questa gente, una partenza nel cuore della notte, non hanno dormito per l'emozione, lo si vede nei loro volti stanchi.
Controlliamo un'altra volta i lascia passare nello zaino, senza quei fogli di carta i profughi siriani rischierebbero l'arresto. In Libano sono arrivati in tanti, forse in troppi per un Paese così piccolo e senza la capacità di accoglierli.

In Libano sono scampati alle bombe che scandivano ormai da anni le loro giornate.

In Libano si, ma confinati in campi profughi, i più coraggiosi si aggirano come fantasmi alla ricerca di un lavoro che non c'è. Guai a farsi trovare dai soldati libanesi a camminare per strada o a bordo di un taxi collettivo, significherebbe arresto immediato.

Profughi e clandestini, questo è quello che sono diventati in questi anni.

Sono le 5, salvo posti di blocco saremo a Beirut in 3 ore, l'ambasciata italiana ci aspetta. Un ultimo tassello burocratico da aggiungere, le impronte digitali. Non importa quanti altri ostacoli, qualsiasi cosa ci porti via di qui, questo è quanto i loro sguardi hanno imparato a recitare in questi ultimi mesi, quando la speranza di un nuovo inizio diventava giorno dopo giorno una concreta realtà.

L'autista, un giovane libanese, mette in moto. Fuori la pioggia e dentro la nebbia, quante sigarette per allentare la tensione.
Lungo la strada si provano i saluti di rito, buongiorno, grazie a tutti, la foga di imparare, di essere accettati e non sfigurare.

Finalmente Beirut, anche l'ultimo posto di blocco si allontana alle nostre spalle. L'ansia si dissolve tra datteri e sorrisi. Ancora pochi minuti, avanzando a singhiozzi nel traffico insensato della capitale. Il bus rallenta, eccoci davanti all'edificio blindato, isola italiana in terra straniera.

Oggi è il giorno dell'avvistamento, all'orizzonte una nuova casa, una nuova  famiglia, dopo mesi passati a costruire sogni.

Sogni che la guerra in Siria continua ad infrangere ogni giorno, equilibri instabili che ci vengono propinati come caos senza fine, lanciati sulle nostre teste come bombe intelligenti. Furbi noi.  

Ogni giorno scendono in campo le stesse squadre. Noi il pubblico pagante, pronto a tifare da seduto, se possibile criticando la formazione letta sui giornali. I giornali degli esperti, di cosa poi. Forse nel passar parola, quella che in conferenza stampa viene concessa alle poche squadre iscritte al campionato. E i profughi? Giocano anche loro? No, loro no. Inconsapevoli terreno di gioco, ci si accorge di loro quando ormai le buche lo hanno reso impraticabile.

Si può sapere quando finisce sta partita? L'arbitro è venduto! Tutti in piedi, è l'ora di una bella invasione di campo.

Marco