Una splendida giornata

Palestina/Israele

Oggi è sabato, giorno buono per l'azione nonviolenta qui nei Territori Occupati. L'appuntamento è alle ore 10, proprio davanti ai cancelli della colonia di Ma'on.
Mentre percorriamo le colline che ci separano da At-Tuwani al luogo del ritrovo, proviamo ad immaginarci cosa ci aspetterà. Quando si parla di azione nonviolenta si pensa subito a qualcosa di grande, ad una manifestazione piena di gente, dove non si ha paura di condannare le ingiustizie e di chiedere dignità per le comunità palestinesi.

Scolliniamo e vediamo solo un trattore al centro della scena, un po' di soldati sulla strada che separa la terra palestinese dall'entrata della colonia e pochi ragazzi palestinesi seduti su una montagnola. L'obiettivo di oggi, capiamo subito, è lavorare la terra. Obiettivo ambizioso, quasi folle vista la vicinanza del campo palestinese alla colonia israeliana.

Il clima che si respira è un po' strano però. Lo spiegamento di palestinesi che ci aspettavamo non c'è. I giovani del villaggio di Jawwaya sono fermi, distanti dalla terra da lavorare. Al centro solo il trattore con il suo autista, due signori palestinesi, i proprietari e cinque attivisti israeliani di Ta'ayush. Al di là della strada, invece, quasi a fronteggiarci, ci sono già una quindicina di soldati.

Il lavoro inizia, dopo pochi minuti succede ciò che ci immaginiamo: il trattore viene bloccato dalle forze israeliane. Cominciano le solite telefonate, si controllano i documenti, i palestinesi si avvicinano e già ci aspettiamo il classico epilogo: un po' di contraddittorio e poi tutti a casa, cacciati dai militari. Ma oggi quei fogli pesano un bel po'. I “vecchi palestinesi” rimandano indietro i giovani, che obbediscono, e si attende la sentenza. Sembra un miracolo quando un attivista israeliano si gira e ci dice che i lavori possono continuare perché ci sono tutte le carte in regola.

Gli avvocati hanno fatto un gran lavoro e l'azione è stata preparata con saggezza. Poca gente sul campo, gli indispensabili, per evitare le provocazioni che possono mandare in fumo il lavoro legale di legittimazione di un diritto che a casa nostra consideriamo inalienabile, il diritto alla terra.
Arrivano jeep e camionette, soldati e poliziotti, che sentiamo non essere interessati ai palestinesi che lavorano o a noi internazionali che filmiamo e fotografiamo tutto. Il loro lavoro comincia ora.

Cominciano ad uscire da Ma'on gruppi di coloni. Prima i ragazzini, poi anche gli adulti, a passo veloce verso il cordone di militari che li separa dalla terra palestinese che non riconoscono tale.
Fermare il trattore è impossibile e allora cominciano a cercare di aggirare i soldati per arrivare al gruppo di pacifici palestinesi poco distante. Un bel modo per rovinare un giornata che sembra promettere bene in tema di giustizia. Se i coloni riescono ad arrivare ai palestinesi è sicuro che i secondi avranno la peggio, fine dei lavori e rischio di arresti.

Il clima si riscalda, volano parole grosse tra coloni e soldati, e poi arrivano anche gli spintoni e i tentativi di sfondamento. Ma oggi fortunatamente non si passa, i soldati fanno il loro lavoro -fanno rispettare le leggi- e anche chi sfugge al loro controllo viene bloccato dalle telecamere degli internazionali. I coloni imbufaliti le provano tutte, ma il trattore finisce di arare il campo, i palestinesi tornano a casa e anche i coloni non possono fare altrimenti e a malincuore se ne devono tornare nelle loro case illegali in territorio palestinese.

Anche noi torniamo a casa e nel viaggio si ripensa a ciò che è successo. Quindi, ricapitoliamo.
Oggi è stata lavorata un terra palestinese inaccessibile da una decina di anni ai legittimi proprietari.
Oggi dei documenti legali hanno bloccato l'illegittimo -ma quotidiano- intervento dei militari per negare l'accesso alla terra ai legittimi proprietari.
Gli stessi militari che sovente abusano del proprio potere hanno rispettato i diritti dei palestinesi e degli internazionali tutelandoli dalle provocazioni e dal probabile attacco dei coloni.

Militari e coloni che poi si sono scontrati, verbalmente e fisicamente, interropendo quella connivenza e complicità di cui spesso siamo testimoni.

Oggi è stato un giorno di giustizia, come lo è stato sabato scorso quando un colono è stato arrestato per aver aggredito un attivista israeliano o come il 2 settembre quando l'avamposto di Migron -vicino a Ramallah- è stato evacuato.
Piccole gocce di giustizia in una terra di continua ingiustizia.

Poca roba visto che i soldati che han protetto i palestinesi oggi, domani torneranno a vessarli, scacciandone le greggi, umiliandoli ad un checkpoint o abbattendone la casa. Tanta roba se pensiamo che di solito queste cose non succedono e che oggi delle famiglie sono tornate a casa col sorriso sulle labbra dopo aver potuto lavorare dignitosamente la propria terra.

Chissà che effetto fa risentire il sapore della giustizia dopo una vita di ingiustizie.