Situazione attuale

Il 2 aprile è stata approvata la creazione della Guardia nazionale guidata da Ben Gvir (leader di un partito israeliano di estrema destra), finanziata con circa 250 milioni di euro.
La prima metà del mese, che corrispondeva agli ultimi giorni del mese sacro del Ramadan per i musulmani, Gerusalemme est è stata teatro di violenti attacchi, che hanno scatenato un’escalation di tensione.
La notte del 4 aprile la polizia israeliana ha fatto irruzione nel complesso della moschea di Al-Aqsa, attaccando dozzine di fedeli nella moschea di Al-Qibli, sostenendo di reprimere le "rivolte" al suo interno. Ma secondo i testimoni, la polizia israeliana ha picchiato i fedeli con manganelli e lanciato gas lacrimogeni e bombe sonore solo per costringerli a uscire dalle sale di preghiera. La Mezzaluna Rossa ha riferito di 12 feriti. Almeno 400 palestinesi sono stati arrestati. 24 ore dopo le forze d'occupazione hanno fatto irruzione anche nella moschea di Al-Aqsa, con le stesse modalità. Nei giorni seguenti è stato impedito agli uomini sotto i 40 anni di accedere al complesso di Al-Aqsa, costringendo i fedeli a pregare fuori dalle porte di accesso al complesso sacro.
Il 7 aprile, trenta razzi sono stati lanciati dal Libano contro Israele, poco dopo una dichiarazione di Hezbollah di appoggio a "qualsiasi misura" che i palestinesi avessero voluto intraprendere dopo l'attacco ad Al-Aqsa. La notte Israele non ha tardato a rispondere, lanciando razzi verso il sud del Libano e bombardando la Striscia di Gaza.
L'8 aprile un veicolo guidato da un arabo israeliano è piombato sulla folla che passeggiava sul lungomare di Tel Aviv. Una volta uscito dall'auto, che si è capovolta, l’uomo, secondo la polizia israeliana, avrebbe inoltre tentato di sparare sulla folla. L'uomo è stato poi ucciso. Nell'attacco è morto un turista italiano, il 35enne romano Alessandro Parini, e diverse altre persone sono rimaste ferite, tra cui altri due italiani.
Il 10 aprile l’esercito israeliano ha ucciso Mohammed Ewaidet, 16 anni, durante un raid nel campo profughi di Jenin. È il 18esimo minore palestinese ucciso dalle forze d'occupazione nel 2023.
Nel corso del mese centinaia di coloni della Cisgiordania hanno manifestato più volte a favore della nascita di nuovi avamposti. Il 12 aprile coloni hanno marciato in diverse zone della West Bank per protestare contro l'evacuazione dell'avamposto di Evyatar (Nablus). Tra i manifestanti presenti anche 7 ministri dell'attuale governo. Circa 700.000 coloni vivono in più di 250 insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme est, in completa violazione della legge internazionale.
Il 26 aprile la Norvegia ha annunciato che imporrà il divieto di importazione di merci e servizi provenienti da aziende che «contribuiscono direttamente o indirettamente agli insediamenti illegali israeliani nei territori occupati, in quanto costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale».

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Situazione attuale

Da gennaio in Israele varie componenti della società protestano contro la riforma del sistema giudiziario proposta dal governo in carica. La riforma prevede che la Knesset - Parlamento - possa annullare a maggioranza semplice qualsiasi decisione della Corte Suprema, la quale ad oggi può bloccare leggi emanate dal governo qualora ritenute in contrasto con le leggi fondamentali del Paese (per esempio leggi che tutelano la dignità e libertà). Israele non ha una Costituzione scritta, dunque il potere giudiziario è l’unico organo in grado di limitare il governo. Inoltre la riforma consegnerebbe all’esecutivo il potere di sceglierne i giudici, compresi quelli che dovranno - o dovrebbero - giudicare Netanyahu, il cui operato sarebbe dunque senza più controllo.
Dopo tre mesi consecutivi di proteste, l’apice è giunto nell’ultima settima di marzo con il coinvolgimento di esercito, università, sindacati e decine di migliaia di persone. In particolare, la notte tra il 26 e il 27 marzo le proteste hanno raggiunto il culmine e durante la giornata del 27 un’ondata di scioperi ha ridotto i servizi medici e bloccato i voli in partenza dall’aeroporto di Tel Aviv. Questo dopo che il 26 marzo Netanyahu aveva esautorato Yoav Gallant, Ministro della Difesa, il quale aveva criticato la riforma perché fonte di disordini all’interno dell’esercito e invitato il Primo Ministro a fermarne l’approvazione.
Netanyahu, che non aveva previsto questa mobilitazione senza precedenti della popolazione laica, liberale e produttiva, si è visto costretto a fare un passo indietro, annunciando il congelamento del processo di approvazione della riforma fino alla fine del mese prossimo. Tuttavia ha dovuto mediare con il suo Ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, pronto ad aprire una crisi di governo. Con lui - secondo quanto annunciato dallo stesso leader di estrema destra - ha concordato la pausa della riforma in cambio dell'esame, nella prossima seduta di governo, della creazione di una milizia armata privata, chiamata Guardia Nazionale, che risponderà direttamente a Ben Gvir.
Nonostante questa mobilitazione in difesa della democrazia, la maggior parte dei manifestanti ignora il più evidente problema del governo israeliano: il sistema di apartheid contro il popolo palestinese.
Jenin continua a essere nel mirino delle forze occupanti: il 7 marzo i soldati israeliani hanno fatto irruzione nella città, uccidendo 6 palestinesi e ferendone 11; il 16 marzo sono stati 4 i palestinesi uccisi, tra cui un minore, e 23 i feriti. La sera del 22 marzo le forze d’occupazione hanno invaso contemporaneamente le principali città palestinesi di Ramallah, Nablus, Betlemme, Jericho, Hebron, Gerusalemme e Jenin.
Il 20 marzo la Knesset ha votato un emendamento che permetterà ai cittadini israeliani di tornare a vivere in quattro insediamenti nel nord della Cisgiordania occupata, evacuati nel 2005 dal governo del Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, che all’epoca firmò una legge per avviare il ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza e ordinare l’evacuazione di questi insediamenti.
Nel mese di marzo sono anche continuati gli attacchi aerei in Siria. Dopo il terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia il 6 febbraio scorso, Israele ha colpito diversi obiettivi in Siria: Damasco, Latakia, Homs e l’aeroporto internazionale di Aleppo, causando almeno 8 vittime.
Il 16 marzo è stato il triste anniversario dall’uccisione dell’attivista americana ventitreenne Rachel Corrie, investita da un bulldozer israeliano nella Striscia di Gaza nel 2003.
Il 30 marzo palestinesi in tutta la Cisgiordania e a Gaza hanno organizzato e partecipato ad azioni per il Land Day, importante commemorazione nel calendario politico palestinese che ricorda l’uccisione, da parte della polizia israeliana, di 6 cittadini palestinesi di Israele che protestavano contro l’espropriazione da parte del governo di molta terra palestinese il 30 marzo 1976.

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Situazione attuale

I primi due mesi del 2023 sono stati tra i più letali degli ultimi anni: più di 60 palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata, la maggior parte durante incursioni militari e in scontri a fuoco con le forze israeliane.
L’inizio del mese di febbraio è stato condizionato dalla strage di Jenin di gennaio: la situazione nel nord della Cisgiordania è rimasta molto tesa per diversi giorni. In particolare nella città di Jericho si sono registrate diverse violazioni da parte dell’esercito israeliano, in primis con la chiusura delle vie d’accesso alla città fino ad arrivare ad importanti violenze fisiche. Sabato 4 febbraio tredici palestinesi sono stati feriti in un raid militare israeliano, mentre lunedì 6 febbraio, durante un’incursione dell’esercito nel campo profughi di Aqbat (Jericho), sono stati uccisi 5 palestinesi.
Il 3 febbraio un palestinese ha investito un gruppo di israeliani fermi alla fermata di un bus a Gerusalemme. Lo stesso giorno due coloni israeliani sono stati uccisi nella città di Huwara, sud della città di Nablus.
Il governo israeliano il 12 febbraio ha annunciato che procederà a riconoscere come legali alcuni avamposti, illegali anche per lo Stato di Israele, che dunque diventeranno delle colonie a tutti gli effetti. Tra questi Avigayl e Asa’el, nel Massafer Yatta.
Un segno di speranza da parte della comunità internazionale si sparge fra la popolazione palestinese il 9 febbraio, quando la sindaca della città di Barcellona annuncia la sospensione dei legami istituzionali con la città di Tel Aviv, in segno di protesta contro le violazioni perpetrate da Israele nei confronti del popolo palestinese.
Il 22 febbraio le forze israeliane hanno ucciso 11 palestinesi e ferito 102, in un raid nella città occupata di Nablus, in Cisgiordania. Tra i morti un uomo di 72 anni e un ragazzo di 16 anni.
I
l 26 febbraio due israeliani sono stati uccisi nei pressi di Nablus. La notte del 27 febbraio, i coloni israeliani hanno attaccato le città di Huwara, Burin, Asira al-Qabaliyya, a sud di Nablus, e hanno commesso circa 300 violazioni contro i palestinesi e le loro proprietà. Hanno danneggiato più di 30 case e distrutto decine di automobili. I vigili del fuoco palestinesi hanno affermato che circa 50 coloni hanno preso a sassate la loro autopompa e li hanno feriti, mentre tentavano di domare un incendio in una casa palestinese. I coloni hanno anche sparato e ucciso un palestinese a Za'tara e ferito più di 100 persone in attacchi con pietre, sbarre di ferro e coltelli.
In tutta la Cisgiordania durante il mese i coloni hanno attaccato i palestinesi, spesso sotto gli occhi dell'esercito israeliano, provocando danni a veicoli, vessando pastori e rubando pecore.
Anche il tasso di demolizione israeliana di case, pozzi ed edifici agricoli palestinesi è stato particolarmente alto a febbraio. Il nuovo governo israeliano di destra ha accelerato la demolizione delle case palestinesi nella Gerusalemme est occupata, compresi i quartieri di Silwan, Jabal al-Mukaber e Hizma, dove almeno un terzo di tutte le case palestinesi nella Gerusalemme est occupata non ha permesso di costruzione, mettendo a rischio di sfollamento forzato più di 100.000 residenti.
Il 26 febbraio un Comitato ministeriale ha dato il via libera ad una proposta di legge che intende introdurre la pena di morte per i palestinesi accusati di terrorismo. La notizia è stata annunciata da Netanyahu e dal ministro della sicurezza Ben Gvir, fautore del provvedimento
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Situazione attuale

Il mese di gennaio è iniziato con l'insediamento del nuovo Governo israeliano, il sesto guidato da Benjamin Netanyahu. Il nuovo governo di estrema destra non nasconde la sua ostilità nei confronti del popolo palestinese e le volontà di annessione della Cisgiordania. In questo modo viene fomentato il clima di tensione e aumentano le violenze, tanto che solo a gennaio si è registrata l'uccisione di quasi un palestinese al giorno: il Ministero della salute palestinese ha affermato che le forze e i coloni israeliani hanno ucciso 35 palestinesi (tra cui 8 bambini) nel territorio della Cisgiordania dall'inizio del 2023.
Il 13 gennaio quarantuno escursionisti, fra cui diversi internazionali, sono stati attaccati da un gruppo di sei coloni israeliani armati di bastoni e spray al peperoncino. L'aggressione è avvenuta nei pressi del villaggio di Al Muarajat vicino a Jericho, ed è terminata con l’arrivo dell'esercito israeliano solo dopo diverse ore.
Il 23 gennaio è stato il compleanno di Ahmad Manasra, un giovane palestinese di Gerusalemme. Ha compiuto 21 anni in carcere, dove si trova da quando ne aveva 13. A causa delle violenze subite durante il suo arresto e delle torture di cui continua ad essere vittima nelle carceri israeliane, soffre di un grave deterioramento della sua salute mentale ma l'autorità israeliana continua a rifiutare il suo rilascio.
Il 26 gennaio la tensione generale nel Paese si è alzata per l'attacco delle forze militari israeliane nel campo di Jenin. Descritta da Israele come un’operazione preventiva contro una cellula di terroristi, si è rivelata una strage: le vittime palestinesi sono 10, fra cui una donna di 61 anni colpita da un proiettile nella sua abitazione. Il giorno seguente un giovane palestinese di 21 anni ha aperto il fuoco davanti alla sinagoga nella colonia di Neve Yaakov, a Gerusalemme Est, uccidendo 7 persone. Alkam Khairi, il palestinese che ha sparato, è stato a sua volta ucciso dalle forze israeliane. Le forze d’occupazione durante la notte hanno arrestato più di 40 palestinesi.
La mattina seguente, due israeliani, padre e figlio, sono stati feriti a colpi d'arma da fuoco nel quartiere di Silwan (Gerusalemme Est) da un ragazzo di 13 anni, ferito a sua volta dai militari.
Questi avvenimenti hanno ripercussioni anche nella striscia di Gaza, dove al lancio di alcuni razzi da parte di Hamas Israele ha risposto con un attacco aereo sul campo profughi di al-Maghazi, nella parte centrale dell'enclave.
Durante la settimana successiva altre violenze sono continuate in tutta la Cisgiordania
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Situazione attuale

Il 1° dicembre Israele ha revocato lo status di residenza (a Gerusalemme est) all’avvocato dei Diritti Umani franco-palestinese Salah Hammouri, accusato di gravi reati contro la sicurezza del Paese. Hammouri, 37 anni, era stato arrestato il 7 marzo 2022 e tenuto da Israele per nove mesi in detenzione amministrativa. In seguito alla revoca della cittadinanza, il ministro degli interni aveva dichiarato la sua imminente espulsione e, il 18 dicembre, ammanettato mani e piedi, Hammouri è stato forzatamente imbarcato su un volo diretto per Parigi.
Il 2 dicembre le forze di occupazione hanno sparato e ucciso Ammar Hamdi Nayef Miflih, 23 anni, ad Huwwara, vicino a Nablus. Israele ha affermato che la sparatoria è stata una risposta a un tentativo di accoltellamento, ma diversi video dimostrano che Miflih non aveva nulla in mano quando è stato colpito e ucciso. Le forze israeliane hanno impedito ai paramedici di fornire assistenza medica a Miflih e hanno confiscato il suo corpo, che è stato restituito alla famiglia solo il 29 dicembre.
Il 12 dicembre Jana Majdi Issam Assaf, 15 anni, è stata uccisa da colpi di armi di fuoco mentre si trovava sul tetto di casa sua a Jenin durante un raid dell’esercito.
Questi sono solo due dei 12 palestinesi uccisi durante il mese di dicembre. Il 2022 è stato ufficialmente l’anno più mortale dal 2006 in Palestina (Gerusalemme est, Cisgiordania e Gaza): 230 sono stati i palestinesi uccisi, 6.500 invece i palestinesi che sono stati detenuti dalle forze d’occupazione israeliane - di cui circa 800 minori – tra i quali 2.134 palestinesi con lo strumento della detenzione amministrativa. Più di 900 sono state le strutture sequestrate o demolite, che hanno causato lo sfollamento di più di 1.000 palestinesi. Nel corso dell’anno sono stati documentati circa 1.500 attacchi di coloni israeliani contro palestinesi o le loro proprietà.
L’anno si è chiuso con il giuramento del nuovo governo di ultra destra, il 29 dicembre, quando il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato di impegnarsi a promuovere l’annessione formale della Cisgiordania: “il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile su tutte le aree della terra di Israele”, ha affermato Netanyahu durante il discorso in cui spiegava i principi guida del nuovo governo
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