Le colline a sud di Hebron


L'area delle colline a sud di Hebron (South Hebron Hills) si trova nella parte più meridionale della Cisgiordania, tra la città di Yatta e la "green line", la linea di armistizio del 1949 che separa Israele dai Territori Palestinesi Occupati. Nella zona, denominata anche come Masafer Yatta, una delle più povere, aride ed emarginate della Cisgiordania, vivono circa 1400 persone in 15 villaggi: at-Tuwani, a-Tuba, Um Fagarah, Maghayir al Abeed, Susiya, Qawawis, Shib al Butum, Isfey Foqa, Isfey Tihta, al-Majaz, at-Tabban, al-Fakheit, Jinba, Mirkez, Halaweh.

In molti di questi villaggi, soprattutto nei più piccoli e poveri, le famiglie vivono ancora in grotte scavate nella pietra e in tende, per l'assoluto divieto di costruzione imposto dall'amministrazione civile israeliana. Qui la gente vive principalmente di quella poca pastorizia e agricoltura che il terreno semi-desertico consente di sviluppare. Le famiglie, molto numerose, traggono il proprio sostentamento dalla vendita nel mercato di Yatta di latte fresco e di leban (formaggio fresco o secco che si ricava dal latte di capra) o di animali da destinare al macello. La vita di queste persone è quindi molto semplice, profondamente legata alla terra, fatta di una quotidianità in cui si susseguono (in base alle stagioni) i momenti di pascolo, di semina, di raccolto, di lavorazione del latte, di macinatura dei cereali. Il lavoro viene ancora svolto quasi completamente a mano, dato che pochissime famiglie possiedono un trattore e che molti terreni sono in luoghi troppo impervi per potervi accedere con macchinari.

Il villaggio di At-Tuwani

At-Tuwani, con i suoi circa 300 abitanti, è il villaggio più grande di tutta l'area ed è l'unico ad avere una scuola elementare, un piccolo negozio di alimentari, una moschea e una clinica (aperta un solo giorno alla settimana). Le famiglie del villaggio hanno a poco a poco abbandonato la vita nelle grotte, convertite ora in serragli per gli animali, per costruire vere e proprie abitazioni in muratura. Ad At-Tuwani è però concesso costruire solo all'interno degli storici confini del villaggio. Molte case che si trovano al di fuori dei confini sono quindi sotto ordine di demolizione e potrebbero essere abbattute in qualsiasi momento. Oltre a ciò, negli ultimi anni la popolazione del villaggio, grazie al clima di fiducia che si è creato dalla costante presenza di internazionali e dopo i successi ottenuti dalla strategia di resistenza nonviolenta, sta aumentando. Molte delle famiglie, che se ne erano andate negli annni passati perchè non sostenevano più la gravità della situazione, stanno ora facendo ritorno. E' necessario spazio per nuove abitazioni e quindi che l'amministrazione civile israeliana conceda il permesso di costruire anche al di fuori dei confini, cioè di espandere il villaggio secondo i naturali ritmi di crescita della popolazione.

Nelle abitazioni attualmente non c'è acqua corrente e solo dall'agosto del 2010 il villaggio è collegato alla rete elettrica palestinese proveniente da Yatta. Fino ad allora infatti, nonostante anni di continue richieste inoltrate dal sindaco di At-Tuwani e di tanti ricorsi in appello, l'amministrazione civile israeliana aveva sempre negato il permesso di realizzare il collegamento elettrico e il villaggio era costretto a sopperire al proprio fabbisogno con un generatore a gasolio funzionante solo tre ore al giorno. Nel 2009 la comunità palestinese, vedendosi continuamente negare i permessi, aveva preso l'estrema decisione di procedere comunque con i lavori di allacciamento, correndo il rischio di vedersi demolire da un momento all'altro i basamenti o confiscare i piloni. E questo momento arriva infatti il 25 novembre del 2009, quando, a lavori quasi ultimati, l'amministrazione civile israeliana interviene confiscando due piloni dell'elettricità. Ma la comunità non demorde e, ancora una volta con il supporto di alcuni avvocati israeliani e grazie anche all'impegno dell'autorità palestinese, riesce finalmente ad ottenere tutti i permessi. La sera del 12 agosto 2010 anche l'ultimo pilone viene collegato e l'elettricità arriva nelle case. E con essa anche i frigoriferi, fondamentali per riuscire a conservare i cibi in un clima così caldo e poter quindi arricchire l'alimentazione con frutta e verdura.

Il prossimo obiettivo sarà portare l'elettricità da At-tuwani anche negli altri villaggi, alcuni dei quali ne sono comunque già provvisti grazie ad un progetto finanziato dal gruppo israeliano Comet-ME che ha installato pannelli solari e pale eoliche.

L'occupazione militare israeliana


In base agli accordi di Oslo, tutta l'area di Masafer Yatta è classificata come "area C", sotto totale controllo militare e civile dell'esercito israeliano. Questo si traduce, dal punto di vista militare, in una massiccia presenza di mezzi dell'esercito che pattugliano giorno e notte tutta l'area. Molto frequenti sono i checkpoint volanti posti nel punto in cui la strada palestinese che collega At-Tuwani e tutta l'area delle South Hebron Hills alla cittadina di Yatta incrocia la bypass road n. 317 ad esclusivo utilizzo dei mezzi israeliani. Spesso nel corso di questi blocchi i militari tengono fermi i mezzi palestinesi per molto tempo, dilungandosi in controlli estenuanti dei veicoli e dei documenti dei passeggeri.

C'è da sottolineare che lungo il confine più meridionale tra Cisgiordania e Israele, che si trova a soli dieci chilometri da At-Tuwani, non è ancora stata costruito il muro di separazione (che è stato invece completato lungo quasi tutto il resto della Green Line). Quindi quello è di fatto l'unico punto in cui il confine può essere valicato evitando i controlli di frontiera da parte della polizia israeliana. I residenti palestinesi della Cisgiordania devono infatti ottenere un regolare permesso da parte del governo israeliano per poter accedere a Israele. Questi permessi vengono raramente rilasciati e comunque solo a chi può dimostrare di avere un regolare contratto di lavoro in Israele. La maggior parte dei palestinesi però non possiede un regolare lavoro in Israele, ma viene chiamato saltuariamente da aziende edili o agricole nei momenti in cui l'attività è più intensa. In questi casi, un palestinese ha la necessità di recarsi subito in Israele per poter lavorare e l'unico modo per farlo è oltrepassare clandestinamente il confine. Per questo motivo la strada che da Yatta porta prima ad At-Tuwani e poi da lì verso sud fino alla Green Line è percorsa da molti mezzi di lavoratori palestinesi che vanno o tornano da Israele. I controlli e i posti di blocco dell'esercito hanno spesso l'obiettivo di rintracciare questi mezzi. Non è raro quindi nel villaggio assistere ad improvvisi inseguimenti, a sequestri di veicoli e ad arresti.

La pesante militarizzazione dell'area è ulteriormente aggravata dalla presenza, nella parte più meridionale, di una zona di esercitazione militare: la cosiddetta Firing Area 918. Quest'area occupa una superficie di circa 3000 ettari di terra espropriata ai palestinesi. I progetti del Ministero della Difesa israeliano prevedevano addirittura che questa area di esercitazione militare comprendesse tutta la zona delle South Hebron Hills, compresi i villaggi abitati. E' proprio per realizzare questo piano che nel novembre del 1999 tutti i villaggi dell'area (escluso At-Tuwani) furono evacuati e la popolazione letteralmente deportata a nord della bypass road n. 317. La maggior parte della gente riuscì a trovare una sistemazione a Yatta o nei villaggi limitrofi ma molte famiglie, non avendo questa possibilità, vennero provvisoriamente ospitate ad At-Tuwani e fu solo grazie al prezioso supporto di alcuni avvocati israeliani che le famiglie poterono far ricorso presso l'Alta Corte di Giustizia israeliana che, quattro mesi dopo, decretò il loro diritto a far ritorno ai propri villaggi. Il caso è in realtà ancora aperto presso l'Alta Corte perchè il Ministero della Difesa israeliano ha fatto a sua volta ricorso continuando a sostenere la necessità di sfrattare la popolazione palestinese da tutti i villaggi. La gente vive quindi col perenne terrore di essere nuovamente evacuata.

Le conseguenze dell'occupazione militare dal punto di vista dell'amministrazione civile sono anche più drammatiche. La DCO (District Coordination Office), l'organismo dell'esercito israeliano che si occupa di tutte le questioni civili, ha il compito di amministrare tutto il territorio palestinese compreso nell'Area C.

Questo significa che i palestinesi che vivono in quest'area sono costretti a chiedere alla DCO i permessi per costruire qualsiasi tipo di edificio, oppure per asfaltare una strada, per realizzare delle infrastrutture (rete elettrica, rete idrica, fognature, …), per costruire pozzi, ecc.

Ma da quando esiste, la DCO applica una costante politica di restrizioni, di continui rifiuti alle richieste di permessi di costruzione, di demolizioni di edifici considerati illegali; tutto con la deliberata intenzione di limitare la crescita demografica e lo sviluppo economico delle comunità palestinesi. La zona delle South Hebron Hills è un evidente esempio di come questa politica venga applicata sistematicamente; nel solo villaggio di At-Tuwani, decine di edifici sono sotto ordine di demolizione, compresa la moschea, la clinica e la scuola, così come l'asfalto sulla strada principale. Per non parlare del fatto che non ci sono i permessi per realizzare una rete idrica che porti l'acqua dalla cisterna all'ingresso del villaggio fino a tutte le abitazioni; l'acqua viene prelevata dalla cisterna con una pompa e poi trasportata con un trattore che va a riempire le piccole cisterne poste sopra i tetti delle abitazioni.

L'occupazione civile: insediamenti e coloni israeliani


L'area delle colline a sud di Hebron è anche tristemente nota per le violenze perpetrate dai coloni israeliani ai danni della popolazione palestinese (per un approfondimento vedi i report di Yesh Din e di OCHA)

A partire dalla fine degli anni '60 (subito dopo la Guerra dei Sei Giorni) fino ad oggi, tutti i governi israeliani hanno incoraggiato e sostenuto economicamente la costruzione di insediamenti civili israeliani all'interno dei territori occupati palestinesi. L'area delle South Hebron Hills non fa eccezione e, dai primi anni '80, ha visto quindi sorgere una serie di insediamenti che nel corso degli anni si sono ingranditi fino a raggiungere le attuali dimensioni.

Secondo il diritto internazionale, e in particolare secondo la Quarta Convenzione di Ginevra, la Seconda Convenzione dell'Aja e numerose risoluzioni dell'ONU, tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Da questi vanno distinti gli avamposti, cioè piccoli insediamenti allo stato embrionale di solito formati da qualche caravan o container, illegali sia secondo il diritto internazionale sia secondo la legge israeliana. Gli esperti in materia fanno poi una ulteriore distinzione tra insediamenti “economici” e insediamenti “ideologici”. I primi sono insediamenti molto grandi che sorgono in luoghi strategici soprattutto per il controllo delle risorse; ne sono un esempio tutti gli insediamenti che sorgono intorno a Gerusalemme (Gilo, Pisgat Ze'ev, Ma'ale Adumim, ecc.) e che, pur essendo all'interno dei territori occupati, appaiono e vengono definiti come dei normalissimi quartieri periferici della città. I coloni che vivono in questi insediamenti lo fanno per motivi prevalentemente economici, visto che lo stato israeliano incentiva la propria popolazione a spostarsi negli insediamenti concedendo vari tipi di agevolazioni economiche e fiscali, e spesso neanche si rendono conto di vivere all'interno di un insediamento.

Gli insediamenti “ideologici” sono invece tutti quegli insediamenti, di solito non molto grandi e posti in luoghi periferici della Cisgiordania (per esempio tutti gli insediamenti nella città vecchia di Hebron o quelli intorno alla città palestinese di Nablus, ma anche quelli nella città vecchia e nei quartieri arabi di Gerusalemme), creati da gruppi di coloni convinti che tutti i territori attualmente palestinesi debbano essere annessi allo stato israeliano per creare la Grande Israele, così come scritto nella Bibbia. Questi coloni sono considerati veri e propri pionieri nella conquista del territorio e sono determinatissimi a portare a termine la propria missione. Per un approfondimento sulla storia della colonizzazione dei territori palestinesi e sulle varie tipologie di insediamenti, vedi il report di B'Tselem: "Terra Rubata. La politica israeliana di insediamento in Cisgiordania".

Gli insediamenti e gli avamposti israeliani che sorgono nell'area delle South Hebron Hills sono da considerarsi “ideologici” e i coloni che vi abitano, a cui viene comunemente attribuita una ideologia di tipo “nazional-religioso”, sono in assoluto tra i più radicali e violenti di tutta la Cisgiordania. Fino ad oggi i problemi principali sono stati creati dai coloni che abitano l'insediamento di Ma'on e l'avamposto di Havat Ma'on o Hill 833 (a solo un centinaio di metri da At-Tuwani), dall'insediamento di Suseya (adiacente all'omonimo villaggio palestinese) e, anche se in forma minore, dall'insediamento di Karmel (adiacente al villaggio beduino di Umm al Kher) e dagli avamposti di Avigayil e Mitzpe Yair (vicini ai villaggi di Umm Fagarae Shaab el Butum).

I coloni attaccano di frequente i palestinesi, ostacolando le attività quotidiane delle comunità locali con l'obiettivo di portarle ad un livelllo tale di esasperazione da convincerle ad abbandonare le proprie terre. Negli anni, i coloni hanno: distrutto i campi coltivati e gli uliveti, danneggiato le strutture, avvelenato le cisterne d'acqua, avvelenato i pascoli, rubato o ucciso animali, minacciato e aggredito i palestinesi impedendo loro di accedere liberamente alle proprie terre. L'esercito israeliano, pur essendo obbligato per il diritto internazionale a proteggere la popolazione palestinese occupata, è in realtà spesso complice delle violenze perpetrate dai coloni. Ogni volta che i coloni commettono una violazione più o meno grave, i palestinesi vittime di quella violazione sporgono denuncia presso la polizia israeliana (e più precisamente presso la stazione di polizia di Kiryat Arba, insediamento nei pressi di Hebron) che nella stragrande maggioranza dei casi non investiga nemmeno per raccogliere prove e trovare il colpevole del reato. I coloni, rimanendo quindi sempre impuniti e non subendo mai conseguenze, non hanno di fatto alcun motivo per smettere di commettere violenze.

Per evitare di essere attaccati, adulti e bambini palestinesi sono costretti ad utilizzare percorsi alternativi, più sicuri perchè molto distanti dall'area abitata dai coloni ma anche molto tortuosi e più lunghi rispetto alle strade normalmente utilizzate in passato. Un esempio emblematico di questo problema è rappresentato dalla strada che collega il villaggio palestinese di Tuba ad At-Tuwani. Da circa dieci anni la strada, pur essendo pubblica e non compresa nei confini ufficiali dell'insediamento di Ma'on, non viene più utilizzata dai palestinesi che sono stati ripetutamente attaccati dai coloni lungo il tragitto. La strada è la via più breve percorribile da mezzi che collega il villaggio di Tuba al resto della Cisgiordania e l'impossibilità di utilizzarla ha conseguenze immani. I palestinesi di Tuba, per potersi recare ad At-Tuwani o a Yatta, di solito percorrono un sentiero scosceso a piedi o al massimo a dorso d'asino e per tutte le attività che richiedono l'utilizzo di un mezzo (trasporto di mangime per gli animali, rifornimento di acqua, ecc.) sono costretti ad utilizzare una strada più lunga di almeno quattro volte con il conseguente aumento dei costi.

Una delle conseguenze più drammatiche di questa situazione è la difficoltà, per i bambini di Tuba e di Maghayir al-Abeed, di frequentare l'unica scuola di tutta l'area che si trova appunto ad At-Tuwani. Per anni i coloni hanno impedito ai bambini di utilizzare la strada, minacciandoli e picchiandoli. Alcune famiglie si sono arrese a questa situazione ritirando i bambini dalla scuola e altre si sono viste costrette a mandare a scuola i bambini attraverso un sentiero molto più lungo che richiede circa un'ora di cammino (contro i venti minuti della strada diretta). I bambini hanno però subito attacchi anche lungo questa strada più lungo e soprattutto anche dopo che gli internazionali di Operazione Colomba e Christian Peacemaker Teams hanno iniziato a scortarli alla fine del 2004. E' stato soltanto dopo uno di questi attacchi, in cui un internazionale ha riportato ferite piuttosto gravi, che la Commissione per i diritti dei bambini del Parlamento israelian, mossa dall'indignazione di gran parte dell'opinione pubblica e della stampa, ha iniziato a valutare il problema concludendo che da quel momento i bambini sarebbero andati a scuola utilizzando la strada diretta ma scortati da una pattuglia dell'esercito israeliano che avrebbe avuto il compito di proteggerli in caso di minacce o attacchi. Questo genere di scorta non è però in grado di garantire ai bambini la totale sicurezza, dal momento che i coloni spesso attaccano comunque i bambini e che di frequente i soldati israeliani arrivano in ritardo per la scorta o addirittura non si presentano esponendo i bambini ad un rischio elevatissimo durante l'attesa. 

Per una panoramica dettagliata delle violazioni che la popolazione palestinese delle South Hebron Hills subisce da parte sia dei coloni sia di esercito e polizia, si consiglia di consultare il report di B'Tselem: "Means of Expulsion: Violence, Harassment and Lawlessness Toward Palestinians in the Southern Hebron Hills".

I palestinesi delle South Hebron Hills: la scelta nonviolenta di uomini, donne e bambini


La popolazione delle South Hebron Hills è rimasta profondamente legata alle antiche tradizioni locali. Si tratta di una società patriarcale, in cui gli uomini hanno generalmente più possibilità di spostamento e di accedere ad un'istruzione elevata rispetto alle donne, e fondata sulla famiglia, per cui sposarsi è fondamentale e lo si fa quando si è molto giovani, soprattutto per quanto riguarda le donne. Le famiglie sono molto numerose, di solito mai con meno di sei o sette figli. Il padre pensa al sostentamento economico della famiglia occupandosi di allevare gli animali e di coltivare la terra o, più recentemente, viste le difficoltà ad accedere alle proprie terre e l'aridità del territorio, trovando lavoretti saltuari a Yatta o in Israele. La madre pensa alla casa e all'educazione dei figli, si occupa del raccolto quando è maturo, munge gli animali. I bambini vanno a scuola la mattina e, dall'età di sei/sette anni, aiutano con gli animali se sono maschi o in casa se sono femmine.

Il Comitato Popolare delle South Hebron Hills

Alla fine degli anni '90 gli uomini di At-Tuwani e dei villaggi limitrofi decidono di rispondere ai continui soprusi organizzandosi in una vera e propria forma di resistenza popolare. Danno così vita al Comitato Popolare delle South Hebron Hills, gruppo informale che riunisce rappresentanti di tutti i villaggi dell'area, con l'obiettivo di rispondere all'occupazione militare e civile israeliana con forme di resistenza nonviolenta e di denunciare i soprusi di coloni ed esercito israeliani che minano i diritti fondamentali delle comunità palestinesi.

Raccogliendo le richieste provenienti da tutti i villaggi dell'area, il Comitato ha negli anni coordinato dimostrazioni nonviolente, manifestazioni di protesta, azioni collettive e dimostrative di pascolo e di lavoro nei campi o azioni nonviolente per far fronte ad emergenze, nelle quali donne uomini e bambini svolgono un ruolo attivo.

Con il coinvolgimento e il supporto dei media locali e di Operazione Colomba e Christian Peacemaker Teams, il Comitato svolge lavoro di advocacy, nel tentativo di portare all'attenzione dell'opinione pubblica le condizioni di vita delle comunità palestinesi dell'area. Tra il 2009 e i primi mesi del 2011 hanno visitato At-Tuwani: Tony Blair, rappresentante del Quartetto per il Medioriente, il console statunitense e Salam Fayyad, primo ministro palestinese.

Il Comitato si occupa anche di organizzare, insieme ad associazioni e gruppi israeliani, attività per i bambini volte alla riconciliazione con l'altra parte. In quest'ottica i bambini si sono recati più volte in Israele per giocare a calcio con bambini di alcuni kibbutz e, nel mese di febbraio 2011, alcuni ragazzi residenti nella cittadina di Sderot (la città israeliana più vicina al confine con la Striscia di Gaza e frequentemente colpita da razzi kassam) con le loro famiglie si sono recati in visita ad At-Tuwani trascorrendo tutto il giorno con le famiglie palestinesi del villaggio.

La Cooperativa delle donne

Grazie all'iniziativa di una delle donne di At-Tuwani, nata e cresciuta nella città di Yatta ma trasferitasi all'età di sedici anni dopo essersi sposata con un uomo del villaggio, anche le donne si sono organizzate per costituire una cooperativa. L'idea iniziale era che anche le donne potessero riunirsi per discutere dei propri problemi ed emanciparsi dalla propria condizione di inferiorità economica e culturale. Trovando forti resistenze da parte di alcuni uomini del villaggio, le donne hanno quindi iniziato a riunirsi con il pretesto di realizzare alcuni manufatti tessili da poter rivendere. Grazie ai numerosi gruppi di internazionali che ogni anno visitano At-Tuwani, i manufatti sono stati e vengono tuttora effettivamente venduti. Il ricavato viene utilizzato per pagare gli studi universitari a due ragazze del villaggio e per sopperire ad altre necessità della comunità. Oggi la Cooperativa è unanimemente accettata ed è formata da più di trenta donne che si incontrano regolarmente per organizzare la proprie attività. Una particolare iniziativa promossa nel 2010 ha permesso alle donne di recarsi in gita in Israele per un giorno, visitando Tel Aviv e andando al mare.