Quanto dista Gaza dal nostro dolore?

Palestina/Israele

Chiudo gli occhi e sento il rumore.
Rumore di morte.
E allora realizzo che la guerra non è poi così lontana. E inizio a contorcermi nel letto, stremata dai dolori allo stomaco. Il mio Zenith piange, come non riesco a fare io. Il dolore mi avvicina alla guerra e vomito il mio disgusto per il mondo. Gli aerei volano sulla mia testa, mentre provo a chiudere gli occhi sul mondo. Un mondo che non chiude gli occhi su niente. Neanche di notte. Una notte che non ferma la guerra. E mi chiedo come sia possibile. Come sia possibile dormire, ridere, mangiare mentre qualcuno muore sotto le bombe della nostra irresponsabilità.
E allora tutto si ferma mentre il massacro prosegue.
Qui tutti aspettano notizie, azzardano previsioni, organizzano veglie, pregano. E di nuovo sono un unico popolo. Hamas li ha uniti, sotto la sua egida, contro un mostruoso Golia.
Quanto dista Gaza da qui?
Una striscia di terra israeliana, circa 40 km.
Quanto dista dai nostri cuori? Dalle nostre menti? Quanto dalla nostra storia?
Non possiamo tirarci indietro, puntando il dito contro identificabili responsabili. Siamo tutti responsabili. Noi siamo i responsabili del massacro.
Gli aerei italiani che volano sulla mia testa in direzione Gaza sono parte ingiustificabile di questo massacro insensato, sono il risultato di accordi economici profittevoli che portano morte, giocando con il dolore delle persone, degli esseri umani.
Dolore. Esseri Umani.
Parole dimenticate, quasi in disuso.
Si parla di case, edifici, numeri.
Quante case colpite, quanti razzi sparati, quanti intercettati. E ci si dimentica che quelle case sono abitate da vite, sentimenti, emozioni... esseri umani.
E' facile quantificare, ridurre tutto in numeri, a-emozionali e freddi, dimenticarsi del dolore, evitare di parlarne. Perdere le parole di fronte alla sua disarmante potenza. E allora scegli: o ti lasci coinvolgere, soffrendo, condividendo e ritornando a essere profondamente umano; oppure diventi un automa, che non sente, non vede e non parla, ma calcola.
Ma come calcolare il dolore?
Impossibile.
Come raccontarlo?
Difficile, ma possibile.
E allora mi sento coinvolta, perché sono vicina, perché sono tra palestinesi, perché sono italiana, europea e occidentale.
Perché sono responsabile degli orrori della mia storia.
Perché sono responsabile degli errori dei miei rappresentanti politici.
Perché sono responsabile dell'indifferenza del mondo su cui ho vomitato il mio disgusto.
Perché sono umana, profondamente umana.

Angela