Vite sotto ordine di demolizione

Palestina/Israele

"Il deserto era la loro casa, aperta, illimitata". (M.Mazzantini, Mare al mattino)

"Firing Zone" sembrava qualcosa di talmente lontano, di talmente altro dalla nostra vita a Tuwani quando d'improvviso è diventato un argomento preponderante, tema di incontri, motivo di studio e di rete con altre organizzazioni, motivo di preoccupazione dopo i primi avvenimenti spiacevoli a inizio novembre. Come ogni volta, le Colombe spaziano per questi cieli ma sanno tenere i piedi per terra, si rimettono ai palestinesi, e partono per conoscere chi sono questi sette villaggi. Si parte a piedi da Tuwani, e si scopre presto che le distanze non sono poi così esagerate, poco meno di un' ora più in là finiscono le strade ormai di casa, e d'improvviso, scavalcata una collina, un deserto ti si apre davanti. Riconosci villaggetti sparpagliati qua e là, nuove colline polverose, colonie e avamposti dai nomi noti in lontananza e davanti a noi, laggiù in fondo, il confine. Quel confine che non si vede, qui non c'è nessun muro a contrassegnarlo, solo impronte di ruote sulla terra che quotidianamente vogliono varcarlo con macchine piene di lavoratori che spesso vanno incontro a nuovi abusi. E la città israeliana di Arad così nitida all'orizzonte. Da nessun altro posto a noi quotidiano si vede effettivamente Israele.
La strada continua e porta finalmente in mezzo alla vita, quella vita piena che ci ricorda costantemente il senso del nostro andare quotidiano. Ci porta ad Al Fakheit dove una nonna e le sue tre nipotine ci danno subito un benvenuto che porta un clima casalingo; ci porta a Mirkez e Jinba che vivono sotto gli occhi di una base militare e non si trattengono dal raccontare le loro storie; ci porta ad Halaweh dove il numero di pecore supera probabilmente quello degli abitanti; a Tabban dove fanno a gara per trattenerci per pranzo o per cena; ad Al Majaz sul cucuzzolo di una collina che brulica di una banda di marmocchi che sembrano padroni del mondo da lassù; ed infine ci porta a Isfey che con la sua turbina eolica ci ricorda che stiamo già rientrando in territori familiari.
Un agglomerato di vite fra le colline di un deserto terroso. Pienezza per noi che abbiamo il privilegio di condividerle, miseria insignificante per chi vuole demolirle.
Perchè come al solito parliamo di demolire vite non case; case in effetti non sono, al massimo tende e qualche grotta.
Per ora questo è quello che possiamo e sappiamo fare, vivere con queste persone in questi villaggi; con una colonna sonora di fuochi nemici, perchè i fuochi di guerra son sempre nemici, e chiedendoci se riusciremo a portare alla luce queste vite invisibili al mondo.