Del coraggio e della paura

Palestina/Israele

Chi parte con la Colomba sa bene quante di quelle volte ti arrivano come freccette frasi del tipo "ma non hai paura?... bè sei coraggiosa...".
E tu vorresti rispondergli solo "certo che ho paura! E che c'entra il coraggio?".
Mi piacerebbe pian piano riuscire a spiegare quanto qui c'entra il coraggio, e quanto c'entra anche la paura.
Questa paura che è talmente terribile quanto in fondo semplice da raccontare.

A volte è la paura nuda e cruda per la propria incolumità, di essere arrestato, di essere picchiato o colpito da un sasso di fionda.
Altre volte è la paura del disarmo totale, che la telecamera non ti basti o ti venga tolta, che le tue parole o i tuoi gesti non riescano ad abbassare la tensione come vorresti.
Spesso è la paura di prendere la decisione sbagliata, di perdere il controllo della situazione.
Ancora più spesso è la paura per i Palestinesi, per la violenza che li vediamo subire a gesti e a parole; e questa è una paura che toglie il fiato, che rischia di farti perdere il senso del tuo esserci, del nostro esserci.
Coraggio è scegliere di esserci e di esserci insieme.
Qui coraggio è convincerti che il NOI supera sempre l'IO.
"Due non è il doppio ma il contrario di uno" direbbe Erri De Luca.
Il noi supera l'io negli sguardi d'intesa e nella cieca fiducia quando siamo in azione sul campo.
Lo supera quando dagli errori traiamo forza e non senso di sconfitta.
Il noi supera l'io quando il ragazzino impaurito ti si aggrappa alla camicia o quando il giovane ha la forza di tirare fuori anche lui la telecamera ed è come se ti dicessero che anche loro hanno scelto di fare parte della propria storia.
E' un coraggio di insieme, di chi sa che per seminare speranza non pretende di eliminare la paura, ma non le lascia mai avere l'ultima parola.

S.