Ho un problema, non provo rabbia

Palestina/Israele

Sono partita la prima volta con una buona dose di inconsapevolezza mista ad incoscienza.
Sono partita forse non cogliendo appieno la potenza delle emozioni che avrei provato una volta arrivata ad At-Tuwani. Non avevo capito che non potevano essere semplicemente 3 mesi, un capitolo molto breve della mia vita.

Non sapevo che quella partenza inconsapevole ed ingenua mi avrebbe portato ad oggi.
Nulla è più stato fatto in maniera ingenua e nulla è più stato facile.
Non è stato facile vedere la reazione dei miei genitori al “mamma e papà io riparto e per due anni”, consapevole di averli feriti e di recargli dolore. Ricorderò sempre quel momento in cui ho sentito chiaramente che ero spaccata in due: da una parte loro e dall’altra semplicemente l’immagine offuscata di Aboud e Mariam che avevo negli occhi, i piccolini vicini di casa in questo villaggio.
Hanno vinto loro, sono qui a Tuwani.
La scelta è stata molto semplice, non posso rimanere cieca di fronte a questa ingiustizia sebbene con tutte le mie contraddizioni di cittadina italiana e parte di un sistema che crea l’oppressione di altre persone.
Ho capito solo qui nel profondo il valore di parole come amore, nonviolenza, pace, giustizia, condivisione e anche rabbia.
La conosco la rabbia. Ho imparato a guardarla ad osservarla nel corso dei mesi trascorsi qui. Quante volte l’ho provata vedendo un checkpoint, case e fatiche di una vita distrutte in due minuti, bambini costretti ad aspettare per ore una scorta militare.
Ma oggi ho un problema, non riesco a provare rabbia. Oggi dei coloni ci hanno attaccato, ci hanno insultato, ci hanno lanciato pietre e mi hanno buttato a terra; ma io non ho provato né rabbia né odio.
All’inizio ho pensato fosse solamente questione di adrenalina e che poi in realtà col passare del tempo la rabbia sarebbe venuta fuori, la paura avrebbe preso il sopravvento e mi sarei bloccata.
Ma non è stato così, mi sono stupita di me stessa e di quanto con un po’ di amore tutto possa cambiare.
Non riesco a provare odio e rabbia nei vostri confronti. Ne ho vista talmente tanta nei vostri occhi e nelle vostre grida che non voglio appartengano anche a me.
Non mi è mai capitato di vedere così tanto odio in un momento solo. Un odio così potente e così profondo che riesco a sentire solo dispiacere per voi e dolore.
Mi fa male vedervi così in catene, costretti in un sistema che non è umano, che punta solo alla violenza.
Vi vorrei vedere liberi dall’odio come vorrei vedere le persone con cui vivo libere dall’oppressione e dall’ingiustizia.
Sono tornata a casa da quella strada in cui ci avete attaccato sicuramente scossa ma allo stesso tempo molto più forte e consapevole.
Non so come io riesca a dire questa cosa ma vi devo dire grazie.
Mi avete fatto capire che non sono debole come pensavo e che la scelta di essere qui oggi è stata la miglior decisione che potessi prendere... e ora ne sono consapevole e convinta fino in fondo.
Mi avete permesso di sentire che cosa significhi essere parte di una grande famiglia, di vedere l’affetto di un intero villaggio e di una rete di persone che supportano la resistenza nonviolenta e che sono mie amiche.
Non posso che dirvi grazie perché fin dal primo momento in cui avete iniziato ad attaccarci per me è stato chiaro che potevate picchiarci e ferirci ma in fondo non avreste potuto farci niente.
Non ci potete fare niente.

 

C.