Checkpoint

Palestina

Ormai una routine, una triste attività quotidiana che vede la popolazione costretta ad un controllo che lascia in bocca il sapore amaro dello zatar.
Perchè vedere un uomo legato, bendato e messo in ginocchio di fronte alla sua famiglia ha il gusto di una dignità calpestata.

Questa volta accade qualcosa di diverso, questa volta non basta la presenza degli internazionali.
Sta per essere arrestato Nasser, uno dei punti di riferimento per la comunità di Tuwani. Ed è proprio la gente della comunità a fare la differenza, che scende di corsa verso il posto di blocco, determinata a liberare il proprio compagno. Superano i militari che inutilmente cercano di fermarli, prendono Nasser gli tolgono la benda dagli occhi, tagliano con un sasso appuntito i lacci di plastica che legavano quelle mani innocue costrette dietro la schiena: finalmente sono libere. 

La sensazione iniziale è confusa, preoccupata. Vedere in prima linea i “soggetti più vulnerabili”, definiti sempre e comunque deboli ci destabilizza facendo temere il peggio: ci sono soldati e armi. 
Ma a loro non importa perché c’è un uomo che sta per essere arrestato. Le donne, consapevoli della loro forza, si interpongono tra la giustizia e il suo abuso. I soldati, giganti armati, stupiti di tanta solidarietà ma soprattutto determinazione, vengono spogliati della autorevolezza attribuitagli in modo innato.

L’autorità viene conferita dai potenti per intimorire, ma gli uomini liberi che resistono non vedono una divisa, non si fermano davanti ad un sopruso, gli uomini liberi sono liberi dalla paura. Finalmente siamo tutte persone, si respira un’aria di eguaglianza che permette di scorgere la giustizia. Si esce dall’impari gioco di forze che fa sì che l’uomo sottometta se stesso.

Stupisce la solidarietà che tutta la comunità mostra verso il singolo, così normale per la gente di Tuwani, così rara ed inconsueta per noi. Stupisce la forza dell’uomo umiliato che nonostante la drammaticità della situazione riesce a sorridere prendendosi gioco dell’abuso, sicuro del sostegno della “sua” gente.
Stupisce la conspevolezza del possesso di un potere, quello delle donne, che senza indugiare prendono in mano la situazione senza violenza, senza vendetta: semplicemente determinate, quindi forti.

Checkpoint.

Una triste attività quotidiana trasformata, suo malgrado, in elevato strumento di partecipazione verso la strada della resistenza nonviolenta.