Ramadan kareem

Il sole è ormai calato da un po', le pance sono piene, nell'aria si sente un dolce profumo di narghilè e così inizia la notte.
Fuori picconi e pale, si lavora a mente più lucida a ritmo di una canzone che ripete "I won't give up".
"Yalla Kali scava anche tu!”.
Allora prendo il piccone e do una mano, la forza mi arriva da questi ragazzi che spostando terra e massi costruiscono il loro futuro e quello del loro villaggio.
È un momento magico, le stelle in cielo sono tantissime e si mischiano alle nostre risate.
Questo Ramadan porterà un nuovo pezzetto di resistenza, nuova forza a chi lotta per la propria terra.
Questa sera ho visto l’anima di Sarura, quell’anima che l’esercito e l’amministrazione israeliana hanno minacciato più volte, ma la vita che portano i ragazzi in queste grotte è più forte della paura dell’oppressione.
Sumud, questa parola sentita molte volte, che piano piano si è fatta un po' di spazio anche dentro di me e mi rende maledettamente difficile lasciare questa terra.
Tuwani ha un tramonto bellissimo a maggio.

Il rosso, l’arancione e il rosa si mischiano nel cielo e i canti dei Muezzin riempiono il silenzio delle colline durante questo mese sacro.
Il momento più bello della giornata.
Ricordo un tramonto di aprile: F. si siede su un sasso dopo una lunga giornata di pastorizia e guarda la collina avanti a se, ricoperta di cespugli e pietre.
Apparentemente sembra un posto dove poter salire tranquillamente, per godersi l'ultimo sole della giornata, ma dietro di essa si erge il boschetto.
Il boschetto nasconde l'occupazione.
È lì, non vedi cosa succede al suo interno e questo è ciò che tiene in allerta tutti.
Salire su quella collina potrebbe voler dire essere attaccati.
Salire su quella collina potrebbe voler dire essere arrestati.
Salire su quella collina potrebbe voler dire subire l'ennesima ingiustizia.
Il pastore guarda quella collina dal basso.
Nel suo lungo abito a quadri, con il capo coperto da una kefia, la barba rossa di henné e la pipa accesa.
Resta lì per un po' e mi chiedo cosa stia pensando mentre guarda la sua terra occupata.
Mi piace pensare che voglia ricordare all'occupazione che lui c'è e che non se ne andrà tanto presto.
Vuole ricordargli che su quella terra continuerà a pascolare e a piantare semi di resistenza per chi verrà dopo di lui.

Nei territori occupati palestinesi ho trovato accoglienza, in una tazza di tè.
Ho trovato il mio talismano, al quale penserò ogni volta che avrò un dubbio.
Ho trovato libertà correndo a scuola con la giovane G. e gli altri bambini del villaggio.
Ho trovato la risata di un bambino in un uomo di cinquant'anni.
Ho trovato la resistenza in F., seduto al tramonto a guardare la sua collina mentre fuma la pipa.
Ho trovato un uomo che mette in mano il futuro di questa terra ai giovani che un giorno la abiteranno.
Ho trovato abbracci materni e sguardi d'intesa dalle donne di Tuwani.
Ho trovato la determinazione a proteggere i propri cari in J., che riesce a correre anche se ha bisogno di un bastone.
E ho allenato la mia immaginazione giocando con i piccoli M., D. e J..
E mi sono sentita accogliente quando il piccolo A., sempre imbronciato, si è addormentato su di me in macchina.

Ramadan Kareem, questo Ramadan è stato generoso.
Mi vivo questa resistenza fino alla fine, finché non mi sarò stancata di raccontare di questo posto meraviglioso.
M.