A testa alta

Caro A.,
ti guardo questi giorni.
Vorrei poterti dire tante cose, vorrei riuscire a esprimere a parole quel miscuglio di sentimenti provati in questi giorni dopo il tuo arresto.
Ma le parole diventano superflue quando tu sorridi.
Mi sembra quasi di non aver mai visto nulla di più meraviglioso.
Ti hanno portato via con violenza, mentre te ne stavi semplicemente seduto con tuo padre e tuo zio sulla tua terra.
Ci racconti di essere stato schiaffeggiato e picchiato più volte.
Hanno cercato di accusarti di aggressione contro un soldato.
Tu, che hai la delicatezza e la tenerezza di un bambino in un corpo che sta diventando sempre più adulto.
Hai passato una notte in una cella minuscola senza poter dormire a causa di una luce intermittente, volutamente posta per fiaccare il tuo spirito.
Ti hanno poi liberato dopo ore, gettandoti nel bel mezzo del nulla, mentre tuo padre e tuo fratello ti aspettavano invano alla stazione di polizia dove avresti dovuto essere rilasciato.
Ora, dopo un viaggio infernale che sembra essere durato settimane, sei finalmente a casa.

Abbracci tuo fratello di pochi mesi.
Penso a quando un giorno gli racconterai quel che hai subito, quando gli verrà detto quanto tutta la tua famiglia ha patito negli anni.
Gli insegnerai a resistere ai continui soprusi di uno Stato senz'anima.
Gli trasmetterai tutto il fuoco e il coraggio che vedo ardere in te.
Un fuoco che si fa sempre più possente e luminoso ogni qualvolta questa macchina d'odio e violenza cerca di spegnerlo.
Un fuoco buono, un fuoco d'amore e resistenza.
Insegnerai al piccolo S. tutta la passione per questa terra, per la tua terra e per la lotta nonviolenta,
come tuo padre e tuo fratello più grande hanno insegnato a te.
Una passione che trasmetti con lo sguardo.
Il giorno prima del tuo arresto, ci parlavi del viaggio in Italia e della fierezza di raccontare la tua esperienza di vita a ragazzini della tua età.
E i tuoi occhi entusiasti sono stati il mio primo pensiero quando i soldati ti hanno portato via a forza, prendendoti per il collo.
Avrei voluto versare tante lacrime quel giorno.
Sento che ne sto trattenendo tante.
Ma perché cedere al dolore quando tu sei il primo che torna con il sorriso.
Quando tua madre dopo il tuo arresto ci ha raggiunte con tutte le donne del villaggio a parlare e bere il tè per farsi forza.
Quando tuo padre ci racconta di averti preparato al peggio e ridendo ci rivela che quel che hai subito è stato addirittura peggio di quanto lui stesso potesse immaginare.
Caro A., ti vorrei augurare di non dover mai più subire tutto questo.
Ma sarebbe un augurio irrealizzabile qui, dove vige solo la legge del più forte, dove chi tiene un mitra in mano si arroga il diritto di stabilire ciò che è giusto e sbagliato.
Non c'è giustizia qui, quando un ragazzino di quindici anni, inerme, viene brutalmente arrestato e picchiato.
So che continuerai a camminare a testa alta su questo sentiero tortuoso con il coraggio che distingue la tua gente.
Buona fortuna a te, piccolo cucciolo della resistenza.

M.