Un bambino palestinese

La temperatura è cocente, ma il luogo molto bello.
Siamo nelle valli di Al-Ouja con un pastore, il figlio e il gregge.
Il paesaggio è semi desertico, colline di terra arida, sassi, conchiglie e ciuffi di paglia dorati.
L’army fa irruzione in questa collina, perché il pastore, lì, non ci può stare.
Cinque soldati, i pastori, noi con le telecamere e due israeliani, ci spostiamo.
Filmo e osservo la scena con distacco.
Non provo rabbia o paura.
Ma seguo con lo sguardo il bambino, cercando di cogliere le sue emozioni.
Un ometto sei.
Serio, responsabile del gregge, mentre il papà discute con i soldati.
Ti guardi in giro, attento.

Chissà come ti senti.
Piccolo palestinese cresciuto in mezzo a leggi illegali, disumane.
Forse è normale per te.
Perché non hai conosciuto un’altra vita.
Ma sappi che non è normale quello che vivi.
Non è normale che un bambino debba vedere suo padre cedere alle insulse regole di alcuni soldati, solo perché sono soldati e hanno il potere di dirti cosa fare, con un mitra e una legge folle dalla loro parte.
Sappi che tu hai il potere.
Hai il potere di resistere a tanta violenza e noi il dovere di sostenerti in questo compito.
Hai il potere della tua umanità.
E sappi che sei giusto.
Non c’è niente di sbagliato nell’essere palestinese, pastore e bambino.
Hai il diritto di essere bambino, hai il diritto di giocare, hai il diritto di aiutare tuo padre senza dover stare in allerta costante per gli attacchi dei coloni o dell’esercito.
Hai il diritto di essere spensierato.
Dopo l’harassment, ci sediamo tutti, in una valle più sicura; i soldati ci guardano poco più in là.
Raccogli dei legnetti, metti l’acqua nella teiera.
Accendi il fuoco per preparare il tè per tutti.
Lo distribuisci e ti siedi.
I grandi parlano dei confini, delle terre, di cosa sia giusto o sbagliato.
Io provo ad avvicinarmi al bambino che sei, per ricordarti che più dei confini, delle terre e dell’occupazione, tu sei importante.
Esisti.
Sei un bambino.
E con il mio arabo ci provo.
Hai dieci anni, tra poco inizierà la scuola e non ti piace.
Preferisci accompagnare tuo padre con le pecore, cinquantaquattro, e i due asini.
Il più piccolo ha un mese.
Studi anche inglese…  che è un po’ come il mio arabo!
E sorridi.
E io di quel sorriso sono così felice.
I soldati da lontano ci osservano, protetti dalle uniformi e dai loro fucili.
Per la sicurezza di Israele lavorano.
Io sono qui, perché un pastore e suo figlio possano pascolare il loro gregge nella loro terra.