Davanti a me

Oggi ho sentito caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
Un rumore secco e assordante, così riconoscibile per un qualche motivo che non sai spiegare, anche se è la prima volta che lo senti.

Oggi ho visto un soldato caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
In quel momento ho realizzato che avrebbero potuto sparare. Sparare a degli abitanti di un villaggio che disarmati erano nelle loro terre a passare un soleggiato e ventoso sabato pomeriggio di metà agosto.

Oggi ho sentito caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
Ho rivisto il video che stavo girando in quel momento e il suono non è lo stesso, le immagini non sono le stesse, le emozioni non sono le stesse. Chi ha girato quel video? Non mi riconosco, non riconosco la scena, la sento distante. Forse siamo così abituati a vedere certe immagini che un mitra caricato e pronto a sparare non sembra nulla di che da uno schermo. Quando però lo vedi succedere davanti a te è diverso, fa paura.

Oggi ho visto un soldato caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
Cosa rappresenta? Dietro quel gesto vi sono racchiusi mille significati. Primo tra tutti, quello che l’occupazione militare c’è e i palestinesi devono temerla. Ma ho imparato presto che in questa terra nelle colline a sud di Hebron i palestinesi non la temono, la sfidano quotidianamente, e le sfide che propongono all’occupazione vengono articolate in un linguaggio che a lei è estraneo e spesso la spiazza. Tali sfide consistono nell’andare a coltivare e a pascolare in una terra palestinese che giorno dopo giorno un pezzo alla volta gli viene sottratta. Consistono nel continuare ad andare a scuola dopo che, solo il giorno precedente, i bambini sono stati attaccati nel tragitto. Consistono nel cucinare il Magqluba, mentre aspetti un attacco o temi un raid in casa o un arresto. Consistono nel preparare il tè, mentre aspetti che l’esercito rompa quello schieramento che ti impedisce di passare.

Oggi ho sentito caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
Mi ripeto questa frase da giorni per non dimenticarmi che non è normale. Mi sto abituando alla sensazione di paura e di impotenza e la rabbia che da esse origina. Sto imparando a usare questa rabbia come una motivazione in più, una spinta in più per aiutare come posso. Tuttavia mi accorgo che la forza che mi spinge ogni giorno la prendo dai veri protagonisti della resistenza: i palestinesi. Sono loro che ti insegnano il vero significato della resistenza. Sono i bambini, le donne e gli uomini che vivono le loro vite nell’occupazione, nonostante l’occupazione.

Oggi ho visto un soldato caricare un mitra davanti a me per la prima volta.
Ogni volta che vedo una scena di violenza o di estrema ingiustizia che avvelena il sangue nella mia testa, parte un bellissimo ricordo che porterò per sempre con me: un gruppo di bambini che cantano “one two three four! Occupation no more!” dietro un corteo improvvisato di palestinesi che seguono l’uscita dell’esercito israeliano dal loro villaggio.
Come la scena del mitra caricato, anche in questa vi sono racchiusi mille significati. E in questo caso voglio fare tesoro degli insegnamenti che sprigiona.

Oggi ho sentito caricare un mitra davanti a me per la prima volta, ma tutti i giorni vedo la forza della resistenza palestinese.

C.